Stessa roba

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«Domani c'è la finale, oh, mi raccomando vieni a fa' il tifo»

Il pub era permeato da un brusio di sottofondo. Per stare tranquilli Simone e Manuel avevano scelto di sedersi vicino al bancone su quegli sgabelli tanto alti quanto scomodi, ma sempre ambiti dai bambini.

«Se perdi vieni a cena con me»

Simone sorrise, nascondendo il viso dietro alla bottiglia di birra che teneva in mano.

«dai» insistè Manuel

«ma non ha senso»
Non riusciva a smettere di sorridere per quella proposta priva di logica, le guance arrossate dall'alcol.

«Sta' sentì. So stato ospite a casa tua già troppe volte, me sembra de fà lo scroccone. Almeno na cena lasciatela offrì»

Simone storse il naso fissando la sua birra, bevuta per metà.

«Ma lo dici per tirarmi su il morale, perché me so lasciato co Mirko»

«Va beh»
Manuel si girò dall'altra parte come se ormai si fosse arreso, sapeva che quello era l'unico modo per far cedere l'altro.

E come volevasi dimostrare, con le iridi che ruotavano da una parte all'altra delle orbite, Simone borbottò «E va bene. Se perdiamo mi porti a cena»

«Scelgo io il posto»

«affare fatto»
Gli porse una mano, quella che non era impegata a stringere la birra.

Manuel la indicò con un cenno della testa «che è?»

«Per il patto, non sai come si stringe una mano?»

«mazza oh, come sei all'antica»
Ma gli stava già ricambiando la stretta, con un sorriso sulle labbra.

***

Il giorno della finale arrivò. Simone non era riuscito a chiudere occhio per tutta la notte.

Lui e la sua squadra provavano tutti gli anni a vincere il torneo di bocce più famoso di Roma. Peccato che ogni volta qualcosa andava storto e finivano sul podio senza mai aggiucarsi il primo posto.

Ma questa volta era diverso, se lo sentiva nelle vene.
Dopotutto aveva passato ore ed ore ad allanarsi, ogni momento libero dopo la scuola era una buona occasione per giocare a bocce. Persino in casa, con bocce fatte di scotch e carta di giornale.
E sapeva che anche per Giulio e Luna, i suoi compagni di squadra, era lo stesso.

Simone si presentò sulla pista con le braccia alzate, ad incitare gli applausi della folla, le labbra strette, ed indosso la maglia viola e nera con il nome della squadra: "I Sofisti"

Gli spettatori, sistemati in modo scomposto sulle tribune, si alzarono in piedi e iniziarono a fischiare ed applaudire.

Dante era in prima fila, a battere le mani.
E anche se Simone non l'avrebbe mai ammesso, era contento di vederlo lì.
In alcuni momenti aveva pensato che non si sarebbe fatto vivo.
Glui fece un cenno impercettibile, unito a un mezzo sorriso; rispetto a ciò che gli risevava di solito, Dante lo prese come una tregua.

Più in alto incontrò con lo sguardo i suoi compagni di classe, erano venuti tutti, Chicca, Matteo, Aureliano, Pin, Laura, Monica mancava solo...
Ed eccolo, posizionato nella tribuna più alta, Manuel, che reggeva uno striscione, aiutato da Anita, che lo stava salutando con la mano libera.
Simone ricambiò il saluto, mentre provava a leggere cosa c'era scritto sullo striscione, con le sopracciglia corrucciate.
"Mandateci nell'iperuranio" riuscì a decifrare, alla fine.
E dovette distogliere lo sguardo per non sorridere come uno scemo. O meglio, per sorridere senza che nessuno se ne accorgesse.

La banda dei sofisti || Manuel e Simone Where stories live. Discover now