♡︎ capitolo uno

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Il sole mi svegliò come ogni mattina estiva, mi scaldò lievemente, donando un senso di benessere, mentre il lenzuolo bianco, che copriva per metà le gambe, trasmetteva freschezza. La mia mente era attiva da diversi minuti ma, come ogni volta, amavo godermi quei momenti a occhi chiusi, piegando le labbra in un mezzo sorriso. 

Nicole, la mia migliore amica d'infanzia, prima di assumere una delle sue posizioni strane, si lasciò sfuggire dalle labbra dei lamenti incomprensibili. Aprii leggermente gli occhi, cambiai anch'io posizione e fissai il soffitto: non era la mia stanza. Più di una volta a settimana, Nicole mi obbligava a dormire da lei; ci impegnavamo a organizzare la serata, ma non avrei mai potuto definirlo un vero pigiama party, perché si addormenta quasi subito dopo le ventidue. Io, per la maggior parte delle volte, restavo qualche ora in più sveglia. Il motivo era semplice: avrei dovuto dormire in un letto che non era il mio. 

Mi stiracchiai muovendomi il meno possibile; l'orologio rosa appeso alla parete segnava le nove e sapevo quanto lei odiasse essere svegliata così presto. Mi alzai accompagnata da un leggero scricchiolio del letto e, in un paio di minuti, afferrai il necessario per poi uscire dalla camera. Scalza, attraversai il corridoio, scesi un paio di gradini in marmo e raggiunsi il bagno il più in fretta possibile, chiudendolo a chiave alle mie spalle. 

Respirai profondamente, poggiando una mano sul petto come se avessi superato vari ostacoli. La mia più grande paura? Essere vista in quelle condizioni da Jett, il fratello maggiore della mia migliore amica. Ormai tranquilla, decisi di farmi una doccia calda e, quando finii, poggiai i piedi sul tappetino e rimasi immobile non appena mi resi conto di avere un gran bel problema: avevo dimenticato il mio asciugamano in camera! Dopo aver trascorso una decina di secondi a guardarmi attorno, cercando qualcosa per coprirmi, notai un accappatoio nero accanto a un mobile, mi accorsi che era di Nicole, notando un teschio disegnato sul cappuccio e ricordando i suoi gusti. 

Con il sorriso stampato in viso, attraversai il bagno abbastanza ampio e lo afferrai, iniziando a tamponare il corpo, cercando di eliminare ogni parte umida. Non appena sentii la maniglia abbassarsi, scattai sul posto fissandola, urlando a chiunque vi fosse dietro che era occupato. 

«Kristen, che ci fai a casa nostra?» quella voce attraversò la porta. Jett non mi diede il tempo di rispondere e bussò nuovamente, cercando di aprire forzando la maniglia. 

«Smettila! Questa notte ho dor-» nuovamente non riuscii a finire la frase, notando che la maniglia continuava ad abbassarsi. 

«Sbrigati cazzo, devo rischiare» si lamentò, sbuffando ripetutamente per farmi innervosire.

«Sto finendo, Jett, smettila! E poi, ti ricordo che c'è un altro bagno» pronunciai irritata, intrecciando le braccia al petto, fissando la porta come se avessi davanti lui. 

«Mi secca scendere, apri» continuò a bussare. 

Avrei fatto qualsiasi cosa per far sì che quella mano non colpisse più la porta, così, afferrato il pigiama e l'intimo, aprii. 

I miei piedi nudi non riuscirono neanche a superare la soglia del bagno perché lui si trovava a un metro da me. I suoi occhi erano posati sull'accappatoio. 

«Che hai da guardare?» domandai, aggrottando le sopracciglia. 

«E tu che ci fai con quello addosso?» rispose turbato. 

«Il mio asciugamano è in camera, ho preso l'accappatoio di Nicole» mi giustificai, tenendo lo sguardo serio. 

«Piccola, questo è il mio». 

Ringraziai mentalmente il buio in corridoio, così non avrebbe potuto vedere il mio rossore sulle guance, perché ero sicura che avessero cambiato colore in un attimo. Ma, al contrario, la luce che proveniva dal bagno alle mie spalle illuminava il suo. 

«Mi dispiace, credevo fosse di Nicole» pronunciai, imbarazzata, con quel poco di dignità che mi era rimasta. 

«Scherzo, tranquilla, anzi sei carina con questo addosso» disse sfiorando la manica abbastanza larga per il mio polso. Quasi non respirai per la vergogna. Non riuscivo più a guardarlo, così posai gli occhi sui miei piedi. Sotto il suo sguardo mi sentivo in imbarazzo, di solito, ma in quel momento la mia mente non riusciva a pensare, a concentrarsi, insomma, o era vuota oppure troppi pensieri la attraversavano e non riusciva a controllarli. Avevo davanti Jett, il ragazzo più carino della scuola, capitano della squadra di Basket, rispettato da tutti. I suoi capelli neri, gli occhi verdi e gli addominali scolpiti attiravano l'attenzione di tutte le ragazze e lui le accontentava tutte, una a una, tanto per passare il tempo; così dicevano. 

E io ero di fronte a lui, con addosso il suo accappatoio. 

«Spostati Kris, devo pisciare» insinuò, poggiando la mano sul mio fianco, spostandomi di lato. Entrò e si chiuse dentro.

Rimasi lì, con la schiena poggiata al muro, alzai lo sguardo e fissai la parete di fronte come se ci fosse davvero qualcosa di interessante da osservare; ritornai in me e, analizzando quello che era appena accaduto, conclusi che alla fine si trattava di quel deficiente di Jett senza un briciolo di cervello. Così tornai in camera e, dopo aver visto Nicole ancora con il viso sprofondato nel cuscino, raggiunsi lo specchio al muro e iniziai a darmi una sistemata. 

«Giorno» una voce impastata dal sonno attirò la mia attenzione e mi voltai trovando Nicole seduta sul letto, continuava a sbadigliare e con un dito si strofinava un occhio. 

«Buon giorno, dormigliona» sorrisi, afferrando il pettine e passandolo sui capelli, cercando di togliere via alcuni nodi. 

«Cosa ci fa questo qua?» la vidi indicare l'accappatoio ai suoi piedi. 

«Lascia stare» dissi, cercando di sviare l'argomento; abbassai lo sguardo, come avevo fatto quella stessa mattina, e accesi il phon. 

La mia amica si trascinò fuori dalle coperte e iniziò a guardarsi attorno, ancora sbadigliando. La vidi impegnata ad aprire l'armadio e frugare dentro come una disperata. Mi sedetti sulla sua sedia girevole e, mentre asciugavo i capelli, iniziai a fissarla. Potevo vedere quanto stesse sbraitando contro tutti quello che c'era dentro il guardaroba, ripeteva sempre che non aveva niente da indossare, ma era strapiena di magliette, felpe e jeans di vari colori. Poi si diresse verso il bagno. 

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Poggiai il phon sulla scrivania e, dopo aver sistemato i capelli ormai asciutti, iniziai a girare su me stessa. 

«Nico, sbrigati, sono le dieci e mezza. Che ne sarà della colazione?» mi lamentai, cercando di farmi sentire. 

«Sì, arrivo» era dentro quel bagno da molto tempo, erano passati una decina di minuti e io stavo morendo dalla fame. Sbuffai rassegnata. Dopo un paio di minuti mi raggiunse e presi il suo posto al lavandino. 

Indossava la sua solita maglietta blu notte e i jeans neri strappati alle ginocchia. 

«Scendiamo» disse, infilando le converse nere. 

Dopo aver afferrato la mia felpa e la borsa, uscimmo da quella stanza. Scendemmo le scale velocemente e, arrivate in cucina, notammo subito Jett seduto a capo tavola, i gomiti sul tavolo e fra le mani il suo migliore amico: il telefono. Ai fornelli, Annabel stava cucinando qualcosa di buono. Era una donna alta, capelli neri, occhi azzurri e un fisico perfetto per la sua età. 

«Buon giorno, ragazze» ci salutò, mostrando uno dei suoi migliori sorrisi. 

«Buon giorno, signora» dissi, sedendomi accanto a Jett, ancora concentrato sul telefono. 

«Kris, quante volte devo ripeterlo: devi chiamarmi Anna, signora sa di vecchio» scherzò, sorridendo, e io ricambiai. Nicole afferrò una confezione di brioche e si sedette di fronte a me. Sapeva che quelle erano le mie preferite. Ne presi una, iniziando a distruggere la carta. 


You and I - L'inizio di un amore accattivante Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt