Il riflesso di una vita

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Non so spiegare quale sia la vera ragione per cui il mio quotidiano viaggiare in treno, sia per me un momento di riflessione, di analisi introspettiva e del mondo. Forse è per il movimento ritmico della locomotiva oppure perché penso che basta davvero poco per cambiare binario e direzione, come può accadere nella vita: basta volerlo, basta non fare da spettatori, basta non restare fermi a guardare i treni che partono e arrivano senza prendere una decisione. Oggi però il vagare dei miei pensieri, viene improvvisamente interrotto.Un ragazzino, avrà quindici anni o forse più, sale con un balzo sulla locomotiva. Sembra spaventato, il respiro è affannoso. Guarda ripetutamente dal finestrino alla ricerca di qualcosa. Improvvisamente si accorge della mia presenza che sembra infastidirlo:«Che hai da guardare?» grida in tono minaccioso nella mia direzione.«Mi stavo solo chiedendo cosa ti è successo. Sembri spaventato»«Ma quale spaventato? Non è successo nulla.»«Ok tranquillo, se non vuoi parlarne non insisto.»Spiazzato dalle mie parole di comprensione, rimane ancora alcuni istanti a osservarmi, poi prima di sedersi precisa:«Forse non hai capito: non è successo proprio nulla.»Decido di non insistere oltre e di lasciarlo in pace, anche se devo ammettere che questo breve episodio ha smosso in me qualcosa che pensavo si fosse per sempre sopito.Mi rivedo alla sua età, ma la mia immagine riflessa fra le luci e le gocce di pioggia, dice che da quei giorni è passato tanto tempo e lentamente si confonde con quella di un ragazzino che corre verso la carrozza che sta quasi per muoversi. Le porte stanno per chiudersi, ma lui sa che basta ancora uno sforzo e anche oggi può dire di averla scampata. Il battito del suo cuore spaventato, si può quasi udire scandito dai colpi dei passi che sbattono con violenza contro l'asfalto e contro un mondo che lo vuole diverso. Alle sue spalle si odono le grida e gli insulti di chi si diverte nel vederlo scappare terrorizzato.Finalmente è sul treno, le porte si chiudono dietro le sue spalle.«Ti è andata bene, ma domani stai sicuro che te la facciamo pagare!»«Ma che avrò fatto di male? Perché proprio io?» pensa mentre le mani agitate e gli insulti dei suoi carnefici, lo spaventano ancora anche se sa che ormai è al sicuro. I segni sul suo volto bruciano, ma non quanto le ferite che porta dentro, che lo lacerano e gli fanno odiare sé stesso e il mondo.«Quanto vorrei essere diverso, quanto vorrei potermi svegliare domani e scoprire che è stato solo un brutto sogno»Purtroppo sa bene che non è così. Sa che domani dovrà combattere una nuova battaglia completamente da solo. Sa che a scuola lo aspetteranno di nuovo per insultarlo, per deriderlo e per farlo sentire diverso.«Non sarò mai come loro»A casa non ne parla con nessuno perché si vergogna e perché probabilmente i suoi genitori non capirebbero.«Non ho tempo per questi screzi fra adolescenti, impara a difenderti da solo» direbbe suo padre che vedendo il suo volto segnato da tanta cattiveria, non perderebbe l'occasione per sottolineare che gli servirà di lezione, ma non può neanche immaginare cosa significhi dover ogni giorno morire dentro, fatto a pezzi dai colpi inferti senza la minima pietà da quelli che invece dovrebbero essere compagni di scuola e di vita.«Vorrei sparire per sempre, senza lasciar traccia. Non ne posso più di quelle risa, dei commenti bisbigliati, di pugni e sgambetti. Sono solo e senza via d'uscita da un mondo che non mi appartiene»Ha trovato rifugio nel suo diario che come un amico gli permette di sfogarsi, di mettere nero su bianco le paure senza essere giudicato o deriso. Quelle pagine sembrano lì ad aspettarlo, ad accogliere le domande e le angosce che ogni giorno si fanno più grandi e che paiono soffocarlo.La mia immagine ormai diversa e distante da quei giorni, lentamente riappare sul vetro del finestrino del treno e se fra le gocce di pioggia e il riflesso delle luci di un treno in transito, scorgo ancora i segni della cattiveria, dentro di me ho la consapevolezza di aver vinto una grande battaglia il giorno in cui ho capito che là fuori era pieno di persone che come me cercavano un posto in questo mondo. Non ero solo e questa consapevolezza mi aiutò a riguadagnare un po'di quella stima che avevo seppellito sotto i colpi dei prepotenti. Quello fu il punto di non ritorno.E se ripensandoci devo ammettere che ancora ne soffro, ora però riesco a guardare avanti e a vedere un futuro per la persona che sono e che non ho più provato a cambiare, ma che al contrario ho imparato ad accettare per quella che è.Faccio scorrere velocemente le pagine di quel diario che porto sempre con me e penso che sia arrivato il momento di separarmi da lui, di mettere questa mia esperienza al servizio di chi come me, ha bisogno di sentirsi parte di questo mondo.Il treno lentamente si ferma, è arrivato il momento di scendere. Mi alzo e passo accanto a quel ragazzino che col suo carico di angosce, ha riaperto i cassetti della mia memoria. Ha gli occhi chiusi e la testa piegata da un lato, con le auricolari nelle orecchie. Non si accorge della mia presenza, quindi ne approfitto per lasciare il diario accanto a lui, non prima di averlo accarezzato e sfogliato ancora una volta, l'ultima.Spero possa essergli utile scoprire che non è solo e che come me anche lui può vincere questa battaglia. Non so se furono i ragazzi che mi perseguitavano a iniziare a rispettarmi o se fui io a vederli in modo diverso, quello di cui sono certo però, è che da quei giorni lontani, non sono più rimasto immobile a guardare i treni passare, ma ne ho preso uno dal quale ho anche avuto il coraggio di scendere, per cambiare direzione.

Il riflesso di una vitaWhere stories live. Discover now