Parte prima

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Ognuno di noi accese una torcia. Il passaggio di fronte a noi era stretto e buio, a stento ci passavamo. Klarissa ci precedette, lo faceva sempre. E nessuno osava obiettare, la sua scaltrezza e il suo piede leggero ci fecero uscire dai guai più di una volta. Ma il dubbio e la paura mi assalivano, mi si stringevano attorno al collo come quel passaggio asfissiante. Mi ricordò di quella volta quando fui costretto a uccidere quel maledetto cane rabbioso. Per colpa di quel bastardo quasi ci persi una mano. La sensazione opprimente era stranamente simile. «Quanto manca?» chiesi.

«È qui. Il capitano ce lo ha assicurato e sai che non si sbaglia mai.»

I tre dietro di me borbottarono ma non capii cosa dissero. Mi accigliai. «E se si sbagliasse? La Caverna di Morthus non era stata descritta così stretta dai sacerdoti.»

«I suoi versi provenivano da qua, Askiel. » Klarissa fuoriuscì dal passaggio. « E credo proprio che non ci stiamo sbagliando affatto. Guarda qua, come nelle leggende.»

«Per la santa mano di Alyana! » esclamai. Sentii lo sguardo della dea su di me quando vidi quella caverna. Era veramente quella la tana di Morthus il Traditore?

Uno dopo l'altro fummo fuori da quel maledetto tunnel. Tutti rimasero a bocca aperta come me e lei. «Come nelle leggende... » ripeté Feriendel, l'elfo del nostro gruppo.

Davanti a noi si ergeva l'altare della Roccia Caduta, un grosso masso che pulsava di energia divina, chiara come i cieli e brillante come il sole. Sul soffitto della caverna vi era un enorme apertura, da cui la luce diurna si dispiegava nella caverna come un lungo e ampio manto luminoso. Se le leggende fossero state vere il buio sarebbe calato. Tanto buio. «Non abbassate la guardia», suggerii io. « Morthus non è così onesto nei confronti di noi mortali: le trappole sono dietro l'angolo.»

«Abbiamo Krekennat», mi ricordò Klarissa. Sguainò dal fodero che teneva legato alla coscia la lunga katana dalla lama ruvida e irregolare,  di colore blu notte. «Puro acciaio di onertil. Possiamo solo sperare che il dio della guerra Orgmot veramente l'abbia infusa con il suo tocco divino.» La lama sembrava grondare acqua cristallina, di un colore azzurro stupendo, il tocco della guerra, capace di penetrare nella carne pure di esseri divini. E Morthus l'avrebbe temuta, in quanto figlio di Alyana, la dea della luce. La nostra leader rinfoderò la temibile spada.

Sopprimetti un urlo quando vidi qualcosa muoversi nell'ombra. E la caverna venne chiusa. Una gigante lastra di pietra adesso copriva l'apertura sovrastante l'affascinante altare. Serrai la mano attorno l'elsa della mia sciabola. «Preparatevi...» Le nostre torce, accese come erano, non emisero più alcuna luce né scintilla. Il buio era calato, ma non saremmo stati colti impreparati.

Jericho, specialista cacciatore di taglie, lanciò un incantesimo. Dal suo palmo venne emessa una luce verde. «State vicini, o col cazzo che ci vedremo qualcosa», raccomandò lui. In quel momento i nostri occhi avvamparono di un fuoco verde. E aveva ragione, dovevamo rimanere uniti o l'incantesimo non avrebbe avuto alcun effetto. «Klarissa, vai avanti», ordinò lui.

«Non ero io quella al comando?» disse lei con un sorriso beffardo. Alzò il sopracciglio. «O vuoi che finisca come quella volta che per poco non ci hai fatto cadere giù quella voragine?»

«Ci hanno teso una trappola», ringhiò Jericho a denti stretti. «Potevo sapere che uno scorpione gigante sarebbe spuntato dal nulla e ci avrebbe spinto giù? O quasi.»

«Se non fosse stato per me non saremmo sopravvissuti. Meno male che avevo quella pergamena, per gli dei...»

«Adesso basta, per favore, non litighiamo. Se finiamo ad azzuffarci Morthus ci strapperà la testa uno a uno senza alcuna fatica», li esortai io.

Nella tana di Morthus il TraditoreWhere stories live. Discover now