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Collaborazione con la mia mityboh

che ringrazio profondamente.






Simone è consapevole di come il sonno, in giorni simili, faccia più difficoltà a fargli visita.

Gli sta alla larga, gli gira intorno, gli soffia sugli occhi a debita distanza per poi scappare via subito, quasi a prendersi gioco di lui, quasi a dire non mi prendi e io non prendo te. Non ha neanche il tempo o la forza di arrabbiarsi, tanto ormai ha ben compreso il modo in cui il suo corpo reagisce a quelle giornate pesanti.

Le sedute con la dottoressa Moretti sono un'affaticante scalata fino alla cima dell'Everest.

Arriva alla cima, si gode il panorama grigio e ingarbugliato che è la sua testa, piena di nebbia e nuvoloni. Si sorprende quando vede piccoli spicchi di sole che provano a riscaldarlo un po' e se li gode prima che spariscano di nuovo.

Poi, senza neanche avere il tempo di rendersene conto, è costretto a scendere per tornare sulla terra pianeggiante.

E se la salita è difficile, la discesa dalla cima della sua mente lo è ancora di più. È scoscesa, scivolosa, per questo prende tutte le precauzioni possibili affinché diventi il più lenta possibile.

Alla fine dell'avventura, quando le coperte diventano il suo scudo e il suo calore, quando finalmente il suo corpo e la sua mente sembrano aver trovato sollievo, inizia ad avvertire dolore ai muscoli, alle ossa, alla testa, che più passa il tempo più peggiora.

Inizia a ripensare ad ogni passo verso la cima, ad ogni sasso a cui s'è aggrappato che invece di tenerlo su l'ha fatto cadere, ad ogni volta in cui ha rischiato di sbandare, ad ogni crepa che il suo passo troppo pesante ha provocato, ad ogni piccola e forse invisibile vita che si sente in colpa di aver calpestato.

È come se riguardasse un recap della sua impresa del giorno, tenendo conto delle sue conquiste e dei suoi errori, e il sonno non si permetterebbe mai di disturbare quell'attenta visione, quel dibattito in cui Simone si immerge con sé stesso, col fervore che a volte lo caratterizza.

Simone, comunque, i dibattiti preferisce farli in compagnia.

È per questo che, quando sente il solito solletico ai piedi, non si attarda a spalancare gli occhi, che è già sicuro di trovare quella figura così apparentemente simile a lui seduta sul bordo del letto.

Il solletico continua anche quando, finalmente, si guardano.

Anche lui ha le sue stesse fossette, forse meno profonde, ma a quella vista è naturale per lui unirsi alla risata gemella che, non può negarlo, gli solletica il petto.

Ride, quindi, perché crede proprio sia bello aver costruito un'abitudine con Jacopo. Infastidirsi, disturbarsi il sonno, chiacchierare fino all'alba, anche se ogni parola ha un sottotono d'amarezza, anche se ognuna di esse pesa come un macigno.

Jacopo è lì perché corre in suo aiuto, gli presta un paio di spalle, lo aiuta a condividere quel peso che - per quanto Simone sia grande e grosso - da solo non riesce a sostenere, non senza ferirsi.

«Ciao.» la voce di Jacopo è roca, ma forse è solo perché entrambi hanno lo stesso mal di gola - colpa del tempo umido e degli sbalzi di temperatura tra l'esterno e lo studio della Moretti.

«Ciao.» sussurra Simone, mentre sfugge alle grinfie delle mani dell'altro che continuano a giocherellare con le sue dita dei piedi. «La smetti?»

Jacopo incrocia le braccia, mettendo fine a quella scherzosa tortura. «Lo so che non vuoi che smetta, è inutile che ti lamenti.»

Heart ticking, time stopping | OS SimuelWhere stories live. Discover now