Dalla pelle al cuore

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Vuoto.

Solo un incredibile ed enorme vuoto.

Un buco al petto in pieno centro, che spazza via tutto quanto.
Un cerchio nero che delinea ogni singola fase della mia vita.

Chi sono io?

Perché sono qui?

Perché qualsiasi cosa faccia, sembro essere sempre sul lastrico di uno scenario che gestisce tutto quanto?

Le frasi sono mille, le domande sono tante, ma restò sempre un ragazzo che questa vita la ama.
Che questa vita un po' la amava.
E allora perché ogni mattina, quando apro la finestra della mia stanza, mentre guardo le nuvole fare da contorno ad un cielo limpido ed azzurro, sembra sempre che le cose siano al posto giusto nonostante lo siano?

Questa vita è così bella quanto odiabile, a tal punto da far scappare chiunque.
Tutti se ne vanno, nessuno resta.

La famiglia.

Un fratello.

Il primo amore.

Sono Simone, ed ho paura di urlare al mondo tutto il dolore che sento attraverso le ossa e tutto il gelido sangue che attraversa le mie vene.

Ed io lo sento, quando arriva.

L'esatto momento in cui ti senti solo.
L'esatto momento in cui tutto sembra essere perso, il momento in cui tutto ormai è vano.
Se ne vanno tutti, e resta soltanto un ragazzo al crepuscolo all'ombra di un piccolo prato, che spera soltanto che un giorno tutto ciò che lo circonda non faccia più male.

È forse questo il significato di malattia?

Sono malato?

Se lo sono, perché nessuno se ne accorge?
Perché nessuno è in grado di amarmi come meglio crede?

La mia vita non determina da questo e mi hanno sempre insegnato che dalle situazioni esiste sempre una via d'uscita.
Ma non oggi, non domani.
Perché una via d'uscita non esiste.
Esistono i colori, i profumi, gli odori.
Esiste un ragazzo come me che cammina a piedi nudi su un prato, per poi sdraiarsi e guardare un cielo a pecorelle.
E questo ragazzo le guarda, quelle nuvole, pensando quanto soffici possano essere se si mischiano con l'incastro delle dita.
Questo ragazzo si immagina quanto può essere bella la vita, vista da lassù.
Ma questo ragazzo, lassù, non è.
Lo trovo assurdo, quasi complicato ed imbarazzante, che spesso arriva quasi a farmi male.
Sento qualsiasi tipo di dolore oltrepassarmi il corpo, arrivando alle ossa e finendo al cervello.
Può il dolore mentale schiacciarci così tanto?
Può, un solo ragazzo di diciassette anni, pensare che tutto il male viene per nuocere.
Ho paura, ho così tanta paura e se solo qualcuno potesse ascoltare i battiti accelerati del mio cuore, si accorgerebbe che non andrebbero a tempo con i suoi.
Nel cuore è racchiuso tutto quanto; ogni emozione, ogni sensazione, ogni frammento donato alle persone che amo.
Ed io, di quei frammenti, ne sono privo.
Resto fermo alla finestra, un nodo in gola che sembra non scendere più e guardo le foglie farsi spazio sugli alberi.
La primavera sta tornando e con essa anche il sole.
Con essa la brezza nel vento ed i frutti di stagione.
Sapessi disegnare una stagione, forse sarebbe l'estate.
Quando Roma diventa invivibile, scappo in Salento.
Scappo nel posto che reputo senza frontiere, in un piccolo paese affacciato su un borgo.
Scappo e vedo delle piccole stradine, mi interfaccio con la gente del posto e, sorseggiando una limonata seduto su un gradino con una penna in mano ed un piccolo diario, scrivo di me in mezzo alla via.
Scrivo sempre di me, scrivo qualsiasi cosa mi passa per la testa.

Scrivo di paure, mai di cose belle.

Le cose belle vanno apprezzate, le paure vanno vissute ed i mostri vanno affrontati.
Di cose belle si vive, di paure si combatte e riportando nero su bianco ciò che il mio cervello pensa costantemente, forse queste paure, un giorno, potrò smettere di considerarle mie.
Potrò smettere di fare in modo che mi appartengono.
E allora alzo la testa, in dirittura del sole, schiaccio un occhio perché alla vista di tale splendore, vorrei solo avere lo stesso valore.

Lo guardo, lui guarda me e pensa che questa vita non potrà mai farmi male.
E tutte le ansie, per un secondo solo, svaniscono.
Devo dire grazie al sole, anche oggi ha capito da che parte stare.

Sono Simone, ed ho paura.

Ma ancor di più, ho paura ad ammetterlo.

Forse un giorno non sarà più così.

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