Restiamo così

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Successe tutto lentamente e all'improvviso, un connubio tra assurdo e realtà, e accadde nella maniera più tenera e primitiva nello stesso momento. Se avessero potuto prevedere i fatti di quella notte, sarebbe durata per sempre – e c'era da temere potesse avvenire per davvero, perché ai protagonisti di questa storia sarebbe bastato uno schiocco di dita per fermare il tempo e farlo durare un'eternità.

Come ogni sera, quando le luci delle strade si accendevano e il cielo sfumava in un colore più scuro, Aziraphale chiudeva le tende della sua libreria e osservava Crowley scivolare al suo interno come una biscia e mettersi comodo alla poltrona accanto alla scrivania. Lui prendeva una sedia, trascinandola sul tappeto e posizionandola proprio accanto al demone.

Il loro rituale serale prevedeva raccontarsi varie vicende davanti ad un bicchiere di vino o due. Ogni occasione era perfetta per brindare a qualcosa, che fosse semplicemente per una malefatta o per aver sparlato di qualcuno nel quartiere, come c'erano dei momenti in cui bastava loro guardarsi negli occhi senza dire altro.

Quella sera esagerarono col bere senza nessun motivo in particolare, ma solo per il gusto di farlo e per la compagnia reciproca. Stavano insieme da così tanto tempo che non avevano bisogno di trovare motivi precisi per ubriacarsi e godere anche di attimi più spensierati.

C'erano diverse bottiglie di vino aperte sulla scrivania di Aziraphale, ancora fermo sulla sua seduta da quando avevano iniziato, mentre Crowley si era appollaiato alla finestra, poi aveva scelto uno degli scaffali come non proprio solido appoggio e, infine, era crollato sul tappeto, inciampando nei suoi stessi passi. Ridacchiando, Aziraphale aveva provato a tirarlo su, ma il risultato fu disastroso. Non appena tese la mano in direzione di Crowley, anche l'angelo si ribaltò a terra accanto al demone. Risero assieme fino a che i loro occhi non si incrociarono in uno sguardo che ripercorreva secoli e millenni trascorsi in compagnia l'uno dell'altro. Aziraphale pensò che era un bene che Crowley non avesse gli occhiali, così da poter ammirare il suo viso nella sua interezza.

"Dove sta il tuo... il tuo...?"

Aziraphale allungò l'indice verso la tempia di Crowley, poco sotto la basetta. Il marchio a forma di serpente era sparito.

"C-cosa?"

"Il... marchio" disse a fatica, non riuscendo a mettere in fila le parole per l'ebbrezza.

"Oh! Non ne ho idea!"

Durante tutto quel tempo, Aziraphale aveva visto il marchio di Crowley scivolare qua e là sul suo corpo e non aveva mai compreso se fosse una cosa che il demone riuscisse a controllare sempre. Non gli sembrò il momento di sanare quella sua curiosità e si allungò per premere le proprie labbra contro quelle di Crowley. Quel bacio, chiesto con gentilezza, divenne presto più intenso e passionale.

La lingua di Crowley accarezzò le labbra di Aziraphale prima di insinuarsi nella sua bocca e l'angelo sentì le dita dell'altro tra i propri capelli. Anche lui poggiò le mani sulla nuca del demone e accolse quella lingua schiudendo le labbra dolcemente. Continuarono a baciarsi, rotolando sul tappeto della libreria e poi, certi di non aver bisogno di riprendere fiato, si staccarono improvvisamente quasi nello stesso momento.

"Aziraphale."

Crowley non disse altro e si allontanò appena, gettando le braccia sopra la testa per stiracchiarsi.

"Che c'è?"

"Niente."

Aziraphale abbozzò un sorriso incerto, mentre Crowley socchiudeva gli occhi e girava la testa dall'altro lato con una delle espressioni più beate che gli avesse mai visto addosso. Erano entrambi a loro agio, stesi su quel pavimento scomodo, il freddo allontanato solo da uno strato di tappeto impolverato.

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