2057

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[Note autore:

Le facciamo all'inizio che male non fa.
Cose che dovete sapere su questa storia:
- è lunga (tanto lunga);
- il prologo è ambientato nel 2057, il resto della storia è narrato in tanti flashback che si sommano per capire come arrivare al punto di partenza (si parte dal 2021);
- l'universo è quello della serie stessa, ma adattato alle esigenze di trama, una mezza AU I guess, ma non troppo);
- per la maggior parte è pov Manuel, di pov Simone c'è solo il presente e poco altro;
- ad un certo punto c'è un uso spropositato della parola bisessuale, che se alla gente fa così paura, allora dobbiamo urlarla più forte;
- si ride e si soffre, dipende dal periodo, però l'angst c'è, insieme a tanto fluff - ad un certo punto pure troppo per mia modesta opinione - ed un sacco di hurt/comfort ambi i lati.

Buona lettura.

Un bacio.
Lilith.]





Vola una farfalla:
sono anch'io
come polvere.

(Issa)



Quelle tende vanno cambiate.

Sono su da troppo tempo e si sono ingiallite.

Simone si è messo in testa di dirlo alla signora Anna già quell'estate, dato che a causa dell'età proprio non se la sente di salire su una scala - avrebbe di sicuro le vertigini - ma tra una cosa e l'altra, gli è sempre passato di mente.

In quel momento le sta fissando, con gli occhiali da vista abbassati sul naso e una tazza di ceramica blu contenente del tè fumante in mano, in piedi, in pantofole nel salotto durante quel pigro pomeriggio di ottobre.

Deve sul serio dirlo ad Anna, altrimenti impazzisce: quel giallo pallido è orrendo e stona con tutto il resto.

L'arredamento della casa è moderno, sebbene la ristrutturazione ultima appartenga a dieci anni prima. Ha seguito con minuziosità i lavori, passo per passo, un po' per deformazione personale ed è anche quella la causa del suo malcontento per quelle dannate tende ingiallite.

Odia il giallo.

Butta giù un sorso di tè che gli brucia un po' in fondo alla gola.

Quella mattina è solo in casa, una di quelle rare occasioni in cui gli capita e cerca di farne tesoro ogni volta. Non fa nulla di particolare: di solito si sistema in quel salotto, sulla poltrona di finta pelle marrone, una coperta color carta zucchero sulle gambe e l'ennesimo romanzo della libreria che fatica a portare a termine a causa della vista che sfoca.

Forse dovrebbe cambiare anche gli occhiali.

Immerso nella contemplazione del suo cruccio quotidiano, il suono del campanello lo coglie alla sprovvista, tanto da farlo sussultare.

Per sua fortuna, il té non cade a terra. Posa la tazza sul tavolino ovale di legno accanto al divano e striscia i piedi verso la porta d'ingresso, la stessa che poco dopo apre.

«Buongiorno, signor Balestra!»

Si trova davanti un ragazzo giovane, dai capelli scuri e ricci e gli occhi grandi. Un po' gli ricorda sé stesso da giovane, anche se adesso è canuto e con la vista che non funziona tanto bene.

Lo vede con in mano una grossa scatola dalla forma rettangolare, lilla con un grande coperchio.

«Buongiorno, Raffaele» replica, fingendo un colpo di tosse per schiarirsi la voce.

Raffaele è il figlio della portinaia del palazzo, ha sedici anni e lo ha, in pratica, visto crescere da quando abita in quel luogo.

«È arrivato questo pacco per lei stamattina presto, mi sono permesso di portaglielo su, è piuttosto pesante.»

POLVEREWhere stories live. Discover now