Dall'altra parte

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Nessuno vede quello che vedo io. Sono certo che sia tutto vero, non è un sogno; mi sono riempito le braccia di pizzichi e ho gli occhi aperti. Non c'è niente che colleghi i due mondi. So solo che io sto in mezzo, vengo sballottato avanti e indietro di continuo e non ne conosco il motivo. Mamma non sa nulla, se glielo raccontassi mi manderebbe da un dottore, uno di quelli che strizzano il cervello. E io non voglio. La maestra dice che il mio cervello funziona bene, crede che io sia avanti rispetto ai bambini della mia età. Mia madre ne va molto fiera, io no. Stare avanti non serve a niente, si rimane da soli. Io e mamma siamo rimasti soli perché papà se n'è andato. Da quando lui è uscito dalla porta di casa, qui c'è più silenzio; c'è talmente tanto silenzio che mi capita di cominciare a parlare col muro, quasi gridando, per fare un po' di rumore. I miei monologhi a voce alta, però, non sono niente in confronto al chiasso che faceva papà. Alla fine ha fatto bene ad andarsene, era giusto così. Mamma non era felice con lui, chissà se ora è felice con me.

Nessuno è triste dall'altra parte. Quando incontrai per la prima volta una creatura dell'altro mondo, stava ridendo a crepapelle al punto da lacrimare. Quell'essere si contorceva in maniera convulsa e io esitavo ad avvicinarmi, ma la curiosità mi spinse ad osservarlo con più attenzione. Si trattava di una creatura coperta per intero da un pelo folto e arruffato fatta eccezione per la testa; il suo capo, infatti, era calvo, tempestato di croste. La creatura aveva due crateri lunari, scuri e profondi, al posto degli occhi. Era in ginocchio e si dimenava a causa del riso. Tutto sommato stavo assistendo ad una scena alquanto comica, io, però, ero lontano dal cogliere quell'ironia, al contrario provai ribrezzo. Feci per andar via, chissà dove, perché allora non sapevo neanche di essere nell'altro mondo. La creatura mi braccò e mi esaminò con i suoi occhi inumani, sentivo il suo fiato pesante sul collo. Poi iniziò a parlare, parlava la mia lingua e mi sembrò curioso; in ogni caso non riuscii a capire ciò che diceva e gli chiesi che motivo ci fosse di ridere così tanto. "Non c'è." Rispose lui, continuando a sbellicarsi. "Non c'è affatto." La sua risata diventò isterica. Dissi che dovevo andarmene, non volevo passare in sua compagnia neanche un minuto di più. Lui volle venire con me e da allora mi sta vicino ogni volta che entro nell'altro mondo. Mi ha fatto vedere tutto quello che c'è da vedere: le foreste di funghi, le scale di cristallo, il ponte di marmo sospeso nel vuoto, le cascate ghiacciate e gli uccelli che vivono sulle sequoie. Al castello della regina, invece, non ci siamo mai avvicinati. Non ci si avvicina mai nessuno. Il castello di rame non fa altro che brillare tutto il giorno, trafitto dai raggi del sole. È un palazzo colossale, peccato che ci abiti unicamente la regina. La creatura pelosa non sa che vengo da un altro mondo. Ce ne sono molti di esseri come lui, calvi e con il corpo ricoperto di pelo, ma non sono gli unici. Da quando sono qui ho visto un'infinità di esseri differenti. Sono tutti strani, alcuni hanno tratti mostruosi. Non lavorano, non vanno a scuola, mangiano solo radici e stanno tutto il tempo per strada a bighellonare fino a notte fonda. Si conoscono tra loro e si amano come fossero una grande famiglia. Considerano anche me della famiglia e quando mi vedono mi salutano, mi invitano ad entrare in casa, a giocare a giochi bizzarri, a cantare canzoni o a suonare la cetra. All'inizio provavo disagio, ora non mi imbarazzo più, tuttavia a volte sento qualcosa di anomalo tra me e loro, come uno strattone, un muro contro cui vado a sbattere, forse lo sentono anche loro perché mi fissano con diffidenza come se stessero sul punto di aggredirmi o urlare qualcosa contro di me. Un momento dopo torno nel mio mondo, non so bene come, scompaio da lì e mi ritrovo seduto in classe o steso sul divano. A casa non ho mai niente da fare, non studio niente e mamma non se ne rende conto. Mi lascia da solo in camera per ore mentre lei lavora, quando torna per la cena mi chiede come ho passato la giornata. Io le dico un sacco di bugie e un po' mi dispiace. Non dovrebbe avere così tanta fiducia in me. Ogni sera mamma legge le storie, a me piace tanto perché ascolto le sfumature della sua voce; quando legge si dimentica delle cose brutte, di papà, dell'affitto, delle bollette da pagare e tutto il resto. Vorrei stare ad ascoltarla per sempre, così non torno dall'altra parte, rimango con lei e non devo più raccontarle bugie.

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