In Madrid ; Luglio 2016.
MELIEN POV
un'altra giornata frenetica, un altro autobus perso, un'altra occhiataccia da parte del mio capo, un altro sorriso falso per guadagnarmi 10 minuti di gloria su un palco sporco in un umile pub di periferia. A questo ambivo, negli ultimi mesi a Madrid, consapevole che stavo ricevendo più di quanto avessi immaginato prima di partire all'avventura, sola e sconsolata. I miei ventidue anni spaventavano la maggior parte delle persone che incontravo: "chissà che genitori avrà avuto per andarsene cosí lontana dal suo paese, tutta sola."
E invece no, io amavo la mia famiglia e la mia famiglia amava me, con l'unica differenza che non accettavo la loro voglia di mantenermi pur di lasciarmi il tempo di trovare un percorso di studi che mi emozionasse. A loro proprio non andava giú il fatto che io volessi vivere di musica, nonostante fossi la prima a considerarlo difficile. Ma mi sentivo già fiera di me stessa nel mio bilocale e con un pianoforte a disposizione la sera."Melien, invece di fantasticare ad occhi aperti, hai un tavolo che ti aspetta proprio lí."- la voce ruvida del mio capo mi riportò alla realtà, sfiorandomi con il suo indice puntato su un tavolo occupato da poco.
"Si, scusami."- borbottai, sospirando per soffocare la frustrazione. Strinsi tra le dita il blocchetto e la penna e mi diressi sorridente verso il tavolo. Presi l'ordinazione senza dimenticare nulla e scomparii dietro la porta in legno che dava alla piccola cucina.
"Allora sei viva."- mi accolse Vicky, la mia migliore amica, mentre si asciugava le mani con un panno. Lavorava qui da anni, mi aveva aiutata ad inserirmi e da quel momento non ci separammo più. Era la cosa più vicina ad una famiglia che avessi.
Mi sorrise dolcemente e mi strappó la comanda dalle mani, leggendola con velocità."Viva e vegeta, sono solo un po' stanca; ho dormito poco questa notte."- spiegai, passandomi le dita tra i lunghi capelli neri. "Ma in compenso ho finito di scrivere la canzone."- conclusi, abbozzando un sorriso. Mi dondolai sugli anfibi, infilando le mani nelle tasche del grembiule nero.
Vicky mi rivolse uno sguardo fugace, seguito da un sospiro. "Canzone che finirà dove, questa volta?"- alzò la testa per guardarmi ancora. "Melien, sono due anni che accumuli testi e sono due anni che li fai ascoltare solo alla gentaglia che frequenta questo posto. E francamente non credo valga la pena sprecare le proprie energie per questa gente."- lo disse troppo duramente ma non riuscí a toccarmi, anzi, non mi scomposi affatto. Mi limitai a stringermi nelle spalle e fare quello sguardo di chi non si è fatta niente.
—
"Hai preso tutto?"- chiese Vicky mentre raccoglievo la mia borsa dalla panchina in sala personale, avevo finito il mio turno, avevo esattamente tre ore per riposare e farmi una doccia prima di tornare in quel posto e godermi i miei dieci minuti di relazione con il pianoforte.
"Si, si. Ci vediamo più tardi."- dissi sbrigativa, accennando un sorriso mentre indietreggiavo verso la porta d'ingresso.
Uscii da quell'inferno, decisa a tornare a guardare davanti a me; mi voltai velocemente verso la strada, sbattendo contro qualcosa - o meglio, qualcuno.
"Ma che cazzo."- sbottai, raccogliendo il cellulare dal marciapiede, velocemente lo controllai e sospirai di sollievo quando appurai che era ancora intatto.
"Devi scusarmi, è stata colpa mia."- una voce maschile attirò la mia attenzione. Alzai la testa e mi ritrovai davanti un ragazzo fin troppo coperto rispetto al caldo insopportabile che faceva ultimamente. Una felpa copriva il suo corpo, il cappuccio la sua testa e gli occhiali da sole nascondevano i suoi occhi.
Corrugai la fronte, sbuffando una risata sarcastica. Scossi la testa e feci un gesto veloce con la mano, incitandolo a lasciar perdere. Infilai il cellulare nella borsa e sospirai, tornando a guardarlo. Lui mi fissava quasi stranito, la sua espressione sembrava corrucciata.
"Mi lasci passare o..?"- sbottai, indicando la strada dietro di lui.
Lui accennó una risata in tutta risposta, incrociando la braccia al petto. Feci lo stesso, quasi in segno di sfida. In realtà non avevo tempo da perdere ma la curiosità mi teneva salda lí.
"Sei seria o è un modo strano per attirare la mia attenzione?"- chiese, e suonó quasi presuntuoso. Fu in quel momento che liberò il suo volto dagli occhiali, liberando i suoi occhi scuri e dal taglio latino.
Solo in quel momento si accese la lampadina dentro di me; assottigliai lo sguardo, osservandolo con piú attenzione e, si, era proprio lui. Le sue canzoni andavano in voga, le ragazze impazzivano per lui, la sua faccia era ovunque anche se io me ne curavo poco. Rauw Alejandro si trovava proprio di fronte a me e mi fissava quasi deluso dalla mia non-reazione.
"Cristo, rimettiteli prima che qualcuno ti riconosca."- lo incitai, fulminandolo con lo sguardo. Mi guardai intorno, già terrorizzata dalle ragazzine con gli ormoni in subbuglio.
RAUW POV.
Era seria o mi stava prendendo per il culo? ammetto di non essere abituato a situazioni del genere, ma quella ragazza mi stava quasi facendo dubitare del mio successo. Al tempo stesso, però, quella neutralità mi stava facendo sentire più libero dalle costrizioni alle quali ero abituato. Curvai le labbra in un mezzo sorriso e mi inumidii le labbra, guardandomi intorno.
"Come ti chiami?"- azzardai, osservandola meglio; aveva un aspetto stanco, i lunghi capelli neri le ricadevano sui fianchi, gli occhi struccati e fin troppo grandi, i piccoli tatuaggi che tingevano le sua pelle chiara. Non sembrava affatto del posto, aveva l'aspetto americano, e sembrava anche molto più piccola di me.
"Melien."- mormorò un po' titubante, stranita quanto me da quella situazione. Sospirò, sistemandosi la borsa sulla spalla. "Devo andare ora."- mi liquidò, provando a sorpassarmi.
La fermai prontamente, afferrandola dal braccio; si voltó di scatto, rimproverandomi con quegli occhi grandi, ma poco mi importò; non potevo lasciarla andare senza qualche informazione in più."Lavori qui?"- la guardai intensamente, facendo un cenno con la testa verso il locale dal quale era uscita. Fu in quel momento che lasciai la presa, lei si ritrasse quasi impaurita, tanto da farmi sentire un perfetto idiota.
"Si, lavoro qui. Devo andare, davvero."- indietreggiò, senza interrompere quel contatto visivo, ma durò poco, perché si voltò e scomparí tra la folla dalla quale mi dovevo nascondere.
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OPUESTOS
Fanfiction"Non volevo entrare nel suo mondo, ma gli avevo permesso di entrare nel mio; umile e tranquillo a discapito del suo." Melien non avrebbe mai immaginato di doversi adattare ad una seconda vita per vivere un amore diverso da quello che aveva sempre i...