Sono pronta

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1 Gennaio 2018
Mi guardo allo specchio e sorrido. Non ho mai amato guardarmi allo specchio, ma ora non smetterei più. Resterei qui per sempre, se non fosse che lui mi sta aspettando. Sento la porta aprirsi, ma non mi volto. Continuo a guardare il mio riflesso sorridente. Non mi sono mai vista così. Sono bella.. anzi no, mi sento bella. Non sono una ragazza vanitosa, e so di non esserlo, in realtà, ma oggi è un'eccezione. Insomma, sapere che lui è a pochi metri da me, ad aspettarmi, mi fa sentire così felice. «Grace» mi sento chiamare. «Dimmi» rispondo, senza però voltarmi.
«Pronta?» mi domanda mia madre. Se sono pronta? Ho atteso questo giorno per tre anni, ma, nonostante ciò, ho paura di non esserlo. Mi piace paragonare la nostra storia ad un albero. Un albero che si trova nella Savana. Uno di quegli alberi che sembrano forti, ma sono fragili, che sembrano fragili, ma sono forti. Il nostro albero è così bello, ma non è stato facile farlo arrivare a ciò che è ora. La Savana è complicata, ed esso ha dovuto lottare contro i temporali troppo forti, ma anche contro i giorni di siccità. Noi abbiamo dovuto lottare contro una tempesta di problemi, che a volte sembravano avere la meglio, e contro i giorni in cui sembrava tutto perfetto, ma era bel lontano dall'esserlo
Inizo a pensare a lui. Ricordo perfettamente il giorno che l'ho visto per la prima volta. *17 Novembre 2015
Era un sabato come tanti altri, ed io ero uscita con le mie amiche. In realtà uscire era l'ultima cosa che avrei voluto fare. Ma la mia migliore amica, Lauren, mi aveva costretta. Voleva distrarmi, sapava che quello era un giorno orribile per me. Erano sei mesi da quando Jordan mi aveva lasciata, ed anche se dicevo a tutti che non me ne importava, ci stavo malissimo. Così accettai. Mentre passeggiavamo ci fermammo in piazza, dove un sigonore panciuto, con i capelli tinti mezzi biondi e mezzi neri ballava la Macarena. Noi ridevamo, e in quel momento avevo voglia di ballare. Non so come mai, era da tanto tempo che non avevo voglia di fare niente. Ovviamente non mi mossi. Accanto a noi c'era una comitiva, e ad un certo punto un ragazzo esclamò «Oh, io voglio andare». Lasciò la giacca e si mise a ballare. Era alto e magro, aveva i capelli castano chiaro e gli occhi nocciola. Non so com'e, ma quelle parole smossero qualcosa in me. Mi tolsi il giubbotto e la borsa, e li lasciai a Lauren, che mi guardava sconcertata, ed andai anche io. Mentre ballavamo ci guardammo, e mi sorrise. Ero ipnotizzata. Continuammo a ballare per un bel po', finché le ragazze non richiamarono me, ed i suoi amici lui. Si allonatanò con loro, li vedevo parlare. «Grace andiamo via» disse Caroline. Mi girai e lo vidi tornare a ballare. Decisi che non volevo smettere, così mi girai senza badare alle mie amiche che mi urlavano di tornare indietro e che se ne sarebbero andate. Facemmo altri due balli, poi ci stancammo. Mi girai e fui sorpresa di non vedere più le ragazza ad aspettarmi, non pensavo dicessero sul serio. «Ti hanno lasciata sola?» mi girai e me lo ritrovai d'avanti. «Giá, ed ora non so come fare, hanno la mia borsa, con il mio telefono dentro. Mi presteresti il tuo per una telefonata?» «Lo farei volentieri, ma anche i miei amici mi hanno lasciato qui, se ne sono andati con la mia giacca ed il telefono» «Ora come facciamo?» domandai in preda al panico «Camminiamo» disse. Mi prese la mano e mi trascinò in giro per la città. Mi portò al chocostore, da Target, in libreria. Continuava a trascinarmi a destra e a manca, e fermava i ragazzi della nostra età, dicendo «Ehi ciao, la mia amica ti vuole conoscere» poi senza aspettare risposta correva via, con me al seguito. Una volta fermo una coppia e disse anche che noi eravamo una coppia aperta, in cerca di altre esperienze. Io lottavo per non scoppiare a ridere vedendo le loro facce sconvolte. Ridemmmo tutto il tempo, e non mi ero mai sentita meglio. Alla fine mentre passeggiavamo vedemmo i nostri amici, che si erano uniti per trovarci. Lauren mi buttò le braccia al collo, si scusò e mi disse che suo padre era venuto a prenderci. La mia faccia cambiò espressione quando me lo disse, si rabbuiò. Sapevo che non l'avrei più rivisto. Ci salutammo, e prendemmo direzioni opposte. Quando ormai eravamo lontane qualche metro, mi sentì tirare una spalla, mi girai ed era li. Mi prese la mano, e ci scrisse il suo numero, firmandosi 'il pazzo della macarena', mi sorrise e andò via.*
Ricordo il suo sorriso, la sua spensieratezza. La luce che aveva negli occhi. Ci sono stati giorni nei quali quella luce si spegneva, ed ho sempre creduto di essere io la causa. Tante volte ho pensato di mollare, di lasciarlo, di dargli l'opportunità di vivere felice e spensierato, ma lui non me l'ha permesso. Mi diceva sempre che se pensavo di essere la causa del suo male, ero una completa idiota. Si, ma ha detto proprio così, che ero un'idiota, perché ero l'unico motivo per il quale era ancora in piedi, e che se me fossi andata non avrebbe avuto più un motivo per vivere. Ed ora eccoci qua. «Grace, dobbiamo andare» dice mia madre. Guardo un'ultima volta il mio riflesso, ammiro per l'ultima volta i dettagli del mio enorme abito bianco, e finalmente mi volto, capendo qual é la risposta alla domanda di mia madre. «Sono pronta» dico. E lo sono davvero, lo sono sempre stata.

«Ed ora eccoci qua.»Onde histórias criam vida. Descubra agora