IL RITORNO

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Quella notte di quattro anni fa credevo che sarebbe stata l'ultima volta che avrei attraversato la Grand Central Station, correndo verso il treno della mia dipartita, il capo coperto e alcuni vestiti nella mia sacca. Dovevo fuggire da ciò di che avevo causato, e quando mia madre aveva chiamato il nonno non mi era stata lasciata altra scelta. Il mio trasferimento in Kentucky era stato deciso con effetto immediato.
Nei quattro anni successivi non avevo creduto una sola volta che sarei tornata, fino all'arrivo della lettera di ammissione alla Columbia University. I nonni decretarono che mi ero impegnata troppo per rinunciare ad un'occasione come questa e scegliere un'università scadente.

Ecco perché, dopo oltre quattro lunghi anni, attraverso di nuovo a passo deciso quel luogo immutato. Ai miei occhi non sembra essere trascorso un solo giorno.





CAPITOLO 1




«Grazie per essere venuta a prendermi, sei stata molto gentile. Il mio nome è Amelia River.» Continuo a sorridere gentilmente trascinando le mie due piccole valigie per i corridoi della Columbia. Grazie all'intervento di mia nonna sono riuscita ad ottenere l'ammissione ad una delle più facoltose case di tutto il campus, la Eaton House, e la mia futura coinquilina ha cortesemente deciso di accompagnarmi al mio alloggio. Seguo la ragazza esaminandola dalla testa ai piedi, non è molto alta, tolte le vertiginose scarpe con tacco raggiungerà a stento il metro e cinquantacinque, ma è molto magra e decisamente prosperosa, i capelli lisci e biondi tagliati in un caschetto leggermente più lungo delle orecchie contrastano con la pelle abbronzata e gli occhi verde scuro.

«Oh, nessun problema. È stato un piacere. Sono contenta di dividere finalmente la stanza con qualcuno. Iniziavo a sentirmi sola. Io sono Spencer, e sarò la tua sorella maggiore essendo del secondo anno!» Parla molto velocemente, forse troppo, e con tono decisamente troppo entusiasta per i miei gusti.

«Sorella?» Le domando sorpresa da quella parola, ravvivando con la mano destra la folta chioma castana.

Lei in risposta scoppia in una fragorosa risata. «Certo. La Eaton House è una vera e propria confraternita. E ad ogni sorella del secondo viene assegnata una matricola con il compito di accompagnarla per tutto il primo anno di iniziazione.» Mi spiega come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo. Io credevo che la Eaton fosse un semplice dormitorio.

Uscite dall'edificio principale attraversiamo il cortile alberato, dirigendoci verso la nostra futura casa. La villa è una delle case più antiche e imponenti del campus, fatta eccezione per le numerose biblioteche, e l'interno, se possibile, è anche più elegante dell'esterno e curato nel dettaglio. Pareti color perla decorate con meravigliosi quadri antichi, divani rossi dal taglio d'epoca e costosissimi tappeti persiani. Ecco dove finiscono gran parte delle generose donazioni delle famiglie delle ammesse, comprese quelle di mia nonna.
Saliamo le ampie gradinate in marmo che portano al piano superiore e svoltiamo nel lungo corridoio di destra, oltrepassando decine di porte; su ognuna di esse una lavagnetta con i nomi delle occupanti. Ci fermiamo di fronte a quella con scritto il solo nome di Spencer.

«Dopo Amelia aggiungeremo anche il tuo nome.» Mi dice sorridente indicando la lavagnetta con il lungo dito perfettamente smaltato di color fucsia e aprendo la porta.

La camera è carina. Due letti poco più piccoli di una piazza e mezzo ai lati opposti della stanza. Spencer mi mostra l'ampia cabina armadio indicando la parte destra come quella a me spettante. Sotto le finestre due scrivanie in legno antico totalmente identiche.

«Questo è il bagno, ma ci sono solo i servizi.» Dice indicando una porta in fondo alla stanza «Le docce invece sono in comune. Ce ne sono due in ogni corridoio quindi non dovrai dividerlo con troppe ragazze.» ammette scrollando le spalle. Ecco il lato negativo, niente doccia in camera.
La ringrazio distendendomi sul mio nuovo letto. In fondo non mi è andata così male, Spencer sembra una ragazza apposto e simpatica, superato il suo tono di voce troppo entusiasta e la sua parlantina eccessivamente veloce.

«Ah Amelia, la cena è alle diciannove in punto. Per questa sera dobbiamo mangiare tutte allo stesso tavolo della mensa, per la presentazione delle matricole.» Mi avvisa sedendosi alla sua scrivania davanti ad un piccolo specchio e sistemandosi il trucco già perfetto.

Istintivamente guardo l'orologio. Manca un quarto alle sei, non riuscirò a riposare e prepararmi in tempo per la cena. Decido dunque di farmi una doccia.
«Ok. Se ti va possiamo andare insieme.» La vedo annuire mentre con precisione ripassa la linea nera intorno ai suoi splendidi occhi verdi. «E comunque io sono Mia!» Preciso stanca di sentirmi chiamare con il mio nome completo.

«Mia? Mi piace!» Afferra dalla scrivania il pennarello blu e corre alla porta per scrivere le tre lettere del mio soprannome sulla lavagnetta. Ora sono ufficialmente la sua compagna di stanza.

Prendo dalla valigia il beauty-case e un telo da bagno ed esco dalla stanza dirigendomi verso le docce.
Il bagno comune è invero una sala molto grande con ben dieci box.
Conto velocemente, una decina di stanze nel corridoio e due sale: in totale venti docce. Praticamente non dovrò mai condividerla con nessuno, tanto vale assegnare anche una doccia personale.

«Pronta all'incontro con le nuove matricole?» Una ragazza entra nella sala docce parlando con tono troppo annoiato. «Odio dover passare un'intera serata con le nuove arrivate, che ne dici di scappare al Victrola?»

Istintivamente rimango immobile all'interno del box in cui mi sono infilata pochi secondi prima, l'acqua della doccia ancora chiusa. Se già odia le nuove arrivate non è il caso di farmi beccare ad origliare proprio il mio primo giorno.

«Sai che non posso. Sono la coordinatrice e devo essere presente» le risponde la sua accompagnatrice. La sua voce mi giunge molto familiare ma non riesco a collegarla. «Rilassati Tina, quest'anno sono meno di venti. L'anno scorso eravamo più del doppio, sarà molto facile!»

«Perché hai accettato quel ruolo? Sei solo al secondo anno. Ci saremmo potute divertire molto di più, te ne rendi conto?» sbuffa la ragazza che deve chiamarsi Tina, la sua voce ovattata dall'acqua della doccia che ormai scorre scaldando l'intera stanza. Se solo anche lei chiamasse l'altra per nome potrei ricordare.

«A me diverte. E poi devo verificare una cosa...» Le risponde lasciando la frase in sospeso.

«Cosa?» Le domanda curiosa l'amica.

«Niente, tranquilla. Un nome familiare, ma credo sia solo un caso di omonimia.» Termina iniziando a canticchiare una canzone di Katy Perry, segno che non vuole continuare quella conversazione.

Aspetto con pazienza che finiscano di lavarsi e che escano dalla sala prima di muovere un solo muscolo e riprendere a respirare normalmente. Quella voce troppo familiare mi sta tormentando.





Angolo Autrice.


MIA è tornata a NEW YORK dopo anni di assenza.

Cosa sarà successo?

A chi appartiene la voce che la incuriosisce tanto sotto la doccia...

La storia lo ribadisco non è mia. è un'originale di una mia amica e dopo averla torturata ha acconsentito per farmi scrivere la versione sugli One direction. Ci saranno alcune modifiche cmq :)

Spero vi piaccia.

THE RACERWhere stories live. Discover now