CAPITOLO UNO: Cielo senza stelle.

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Marjorie si trovava in casa quella notte. La casa che non dava il calore di una casa. 

Tornata circa quindici minuti prima grazie all'autobus locale, in quel momento era sdraiata sul letto di camera sua, ancora con le scarpe da ginnastica bianche rovinate ed il maglione largo giallo che profumava di vaniglia. Guardava il tetto bianco senza pensare ad altro se non a mantenere il respiro regolare. Davanti a lei la televisione continuava a trasmettere le notizie dell'ultima ora su Rouen, la città dove abitava e che adorava, ricca di arte e tradizioni che non poteva fare a meno di amare.
Marjorie prese il suo cellulare, che pullulava di messaggi, da sopra il comodino bianco perla, guardò l'ora, erano le ventidue e trentatré minuti dell'undici novembre. Molti dei messaggi erano dei suoi "amici" che chiedevano che fine avesse fatto. Era sabato, e il sabato significava festa e alcol. Visualizzò tutti i messaggi ricevuti ma non rispose. Era stanca quella notte, voleva solo dormire... da tempo ormai la sua vita era un susseguirsi di dolori che nessuno notava o sapeva, o che sapeva ma faceva finta di non conoscere.
Accese la abat jour a forma di margherita e si alzò dal letto buttando senza cura il piumone blu a terra, non le era mai piaciuto il colore blu.
Non sapeva cosa fare.
Si mise a sedere sulla scrivania ed accese il computer, sul desktop comparve subito il volto della persona che la stava distruggendo, lo spense subito, chiudendolo con forza. Era stata una giornata dura, non la più dura di sempre, ma non scherzava comunque.
La carta da parati che ricopriva la camera da letto di Marjorie era ricca di piccoli uccelli in volo, con qualche fotografia appesa qua e là. Due ritraevano lei da piccola all'età di due anni, con i suoi capelli biondissimi e gli occhi azzurri pieni di vita, un'altra era con la sua classe delle medie e l'ultima disegnava i suoi genitori il giorno delle loro nozze...
Era stanca, molto stanca.
Si mise davanti lo specchio e si osservò, in quel momento non indossava il suo solito sorriso finto, era dimagrita e si vedeva, era sfinita e glielo si leggeva in volto. I suoi occhi a distanza di quindici anni non erano più come quelli nella foto con la cornice verde pallido, erano grandi come un tempo sì, ma qualcosa era cambiato.
Stava per andare al bagno quando il telefono cominciò a suonare, corse a vedere chi fosse, magari suo padre, che in quel momento non era in casa, si sbagliava... era Castiel. Rispose anche se non voleva.
« Pronto? » Disse, cercando di sembrare il più normale possibile.
« Ehy bel culo, ti sei dimenticata che tra un'ora dobbiamo essere al "la nuit" ? »
Castiel, il rosso più famoso del liceo "Dolce Amoris" era il suo ragazzo. Non aveva mai amato Castiel e lei era certa che neanche lui provasse qualcosa che vada oltre l'attrazione fisica per lei, ma da un po' non lo sopportava nemmeno più, odiava la sua voce, il suo aspetto e soprattutto averlo intorno. Prima erano due semplici "amici" che i sabato sera, e non solo, si ritrovavano nello stesso letto. Per molto tempo andò così. Marjorie non ricordava nemmeno bene il perché la loro relazione fosse diventata di dominio pubblico, forse si fecero scappare qualche bacio a scuola o al parco. Non lo sapeva. Ma non erano una vera coppia, o almeno lei non lo considerava un vero fidanzato, come lei non era una vera fidanzata, ma non voleva neppure un vero fidanzato. In quel momento ciò che contava nella sua vita era altro.
« Castiel non me la sento stasera » disse semplicemente. Marjorie non sapeva se Castiel sapesse ciò che lei stava passando, ciò che stava demolendo la sua vita già vuota.
« Mar, sono tre settimane che mi dai buca! » Esclamò dall'altro lato della cornetta Castiel.
« Ti ho detto che non me la sento! » Rispose lei altrettanto scorbutica.
« Senti fai come vuoi » disse Castiel prima di chiudere la chiamata.
Marjorie tirò il telefono sul letto.
Andò verso la libreria che teneva sulla parete opposta all'armadio e cominciò a gettare a terra tutto ciò che trovava e che le capitavano tra le mani: libri, CD, palle di neve e fotografie.
Annebbiata da un sentimento misto a rabbia, tristezza e stanchezza con un foglio finito a terra e una penna trovata nell'astuccio dentro lo zaino di scuola, scrisse velocemente un "addio" pasticciato e corse via.
Scese velocemente le scale rischiando di cadere più volte, uscì dalla porta di ingresso senza neanche prendere il suo parka verde lasciato sull'appendiabiti o chiudere la porta chiave. Non piangeva, sentiva che qualcosa dentro di lei voleva uscire, ma trattenne le lacrime. Lei non piangeva.
Non sapeva dove andare. Il cielo gridava pioggia e la nebbia ricopriva le strade, ma non sentiva freddo, non sentiva neanche i suoni attorno a lei, era come se stesse correndo dentro una bolla. Proseguiva a passo veloce, non si rendeva conto di dove stava andando, finché non arrivò sul ponte Rouge, lo riconobbe dal rumore che le scarpe fecero sulla roccia, la nebbia non permetteva di vedere nulla.
Marjorie ricordava il ponte Rouje come il luogo dove provò la sua prima sigaretta. Una sensazione per molti inebriante, ma Marjorie provò disgusto in ciò in cui molti trovavano la pace. I piaceri ricavati dalle sigarette vennero dopo.
In quel momento il suo corpo si mosse per lei. A tentoni raggiunse la spessa ringhiera rocciosa che divideva il ponte da vuoto.
Non vedeva assolutamente nulla, ma sapeva che sotto di lei il fiume Senna scorreva veloce, lo sentiva.
I suoi occhi cambiarono luminosità, adesso erano felici, con un briciolo di follia che sembrava crescere senza che lei se ne accorgesse.
Si arrampicò sulla ringhiera, stava per farlo, stava per buttarsi veramente, poteva farla finita, chiudere per sempre con la sua vita e sentirsi libera, poteva gettarsi e far si che il suo corpo senza vita non venisse mai ritrovato. Un pensiero veloce e fuggitivo andò ai suoi genitori.
Marjorie si sporse in avanti, pronta... ma si bloccò un secondo dopo, quando sentì un rumore provenire a poca distanza da lei, qualcun'altro si trovava sulla ringhiera. Strizzò gli occhi per vedere meglio, ma non aiutò, la nebbia fitta lasciava solo grigio.
« C'è... c'è qualcuno? » Sussurrò piano.
« Chi sei? » Rispose una voce maschile. Marjorie giurò di aver sentito il suo respiro sulla sua guancia.

Sembra quasi la felicità (Dolce Flirt)Where stories live. Discover now