Stay Alive For Me

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Tyler P.O.V.

" Fuori faceva freddo, molto freddo.
Oserei dire che si congelava. Era quel freddo umido che ti entra nelle ossa e non ti molla finché non ti fai una doccia bollente, ma non avevo tempo per farmi una doccia calda, non avevo tempo per niente, dovevo andare in ospedale, ero in terribilmente in ritardo.
Salii in macchina velocemente, posai il mazzo di fiori sul sedile accanto al mio, accesi il riscaldamento e feci per allungare la mano verso l'autoradio ma trovai solo un buco vuoto.
Mi ricordai del giorno in cui l'avevano rubata, lo stesso giorno in cui..
No, non era quello il momento per ricordare, misi in moto e partii velocemente.
Mentre vagavo per le strade vuote tutto quello a cui riuscivo a pensare era la mia meta, e il silenzio che c'era in macchina non faceva altro che ricordarmi il silenzio che persisteva anche nella mia vita da mesi ormai.
Senza di lui non sapevo davvero cosa fare, non avevo nessuno con cui parlare, con cui condividere i mille pensieri che come sempre mi affollavano la mente e mi intasavano i neuroni non facendomi capire più niente.
Ero così preso dai miei pensieri che non mi accorsi neanche della buca presente sull'asfalto finché non ci passai sopra e quasi tirai una testata contro al finestrino.
"Merda..."
Cosa le pagavo a fare le bollette, se poi tanto
lo Stato non si degnava neanche di sistemare le strade?
Almeno la botta mi aveva fatto ritornare nel mondo reale, giusto in tempo per prendere la svolta giusta per l'ospedale.
Arrivai al parcheggio e, dopo aver girato per qualche minuto riuscii finalmente a parcheggiare.
Presi il mazzo di rose rosse ed entrai nell'ospedale di soppiatto, il maglione largo mi copriva la mano libera e mi arrivava ben sotto al sedere, camminai in fretta, conoscevo la strada a memoria; bussai due volte alla stanza 126, mi fermai e attesi una risposta che, come al solito, non arrivò. Aprii e entrai in silenzio, come sempre, presi il vaso bianco, che stava sul comodino, anch'esso bianco, buttai i fiori del giorno prima nel cestino.
Il pavimento bianco, il cestino bianco, le pareti bianche, il soffitto, la sedia, il letto, la sua pelle, le coperte, i cuscini, la porta, il cielo fuori.
Era tutto così opprimente.
Mi sentivo schiacciato dal peso dell'unione di tutti i colori che formava quell'unico, orribile, luminoso, perfetto e tremendo bianco.
Misi le rose nel vaso e ci svuotai dentro una bottiglietta d'acqua, lo appoggiai sul comodino e solo allora andai a sedermi e guardai il mio amico steso nel letto, tra le coperte e i cuscini candidi, i suoi capelli rossi, sbiaditi e fragili erano l'unico tocco di colore della stanza, insieme ai miei fiori.
Gli sfiorai la mano, appoggiata mollemente sulle coperte.
La mano si spostò velocemente, a raggiungere il cuore, il mio sguardo scattò sul suo viso.
"Cazzo Tyler, che infarto." disse Josh, guardandomi, con un leggero sorriso, le borse sempre più evidenti sotto gli occhi, ormai non gli serviva neanche più fingere di averle mettendosi l'ombretto rosso sotto gli occhi.
"Scusa" sussurrai. "ormai è così strano trovarti sveglio.." gli passai una mano tra i capelli e alcuni mi restarono tra le mani, sospirai.
"Allora? Che ci fai qui?" sorrise appena lui.
"Vengo qui tutti i giorni Josh" sentii gli occhi farsi lucidi, più passava il tempo, più il cancro al cervello di Josh si espandeva, eliminando alcuni ricordi, facendolo stancare in fretta.
"Sai cosa Josh?" gli dissi passandomi le mani sotto gli occhi per asciugare le lacrime prima che scivolassero più giù lungo le mie guance.
"oggi ti porto fuori." sorrisi.
Lo sguardo di Josh si illuminò e mi sorrise.
Oh, il suo sorriso in quel momento, era più bello del solito, non lo dimenticherò mai.
Senza dire una parola staccammo le flebo e i macchinari, presi alcuni antidolorifici dai cassetti mentre gli passavo i pantaloni che avevo sempre nello zaino -si, ero una di quelle persone che si portava sempre il cambio in giro, per qualsiasi evenienza, o forse nella speranza che Josh sarebbe guarito e gli avrei potuto dare i miei vestiti per accompagnarlo fuori dall'ospedale, chi lo sa-.
Gli passai velocemente la felpa che avevo nello zaino, gli tirai su il cappuccio e gli passai le mie scarpe.
Camminammo velocemente fino all'uscita, io scalzo, lui a testa bassa si faceva guidare da me.
Una volta fuori cercai con lo sguardo la macchina, appena la vidi cominciai a trascinarlo dolcemente verso quest'ultima. Una volta saliti sulla vettura la accesi e posai i piedi congelati sul riscaldamento, guardai Josh, che mi stava guardando e scoppiammo a ridere, sembravamo quasi tornati quelli di prima, con qualche capello in meno e qualche problema in più ma che importanza aveva?
Quando ripresi la sensibilità delle dita dei piedi mi ripresi le scarpe e partii verso casa mia, entrammo e mi affrettai a passargli un paio di calze e un paio di scarpe prima di uscire di nuovo.
Tornammo in macchina e guidai per un'ora, parlammo per tutto il viaggio e improvvisamente non mi sentivo più male a stare in quel veicolo, non la sentivo più come una gabbia opprimente e silenziosa che non faceva altro che ricordarmi tutti i miei errori.
No, ora mi piaceva, l'avevamo riempita di nuovo di noi, solo noi, Josh e Tyler, Tyler e Josh.
Quando arrivammo al Luna Park il sole splendeva, salimmo su diverse giostre, entrammo nel labirinto degli specchi, nella casa degli orrori, saltammo sui trampolini.
Tutto quello che facevamo prima, ma avevo la costante preoccupazione che Josh potesse stare male, lo vedevo, si stancava in fretta, ogni tanto mi chiedeva "Ti dispiace se ci sediamo un attimo?", e allora mi fermavo e lo facevo sedere accanto a me sulla panchina.
Ormai al tramonto lo portai sulla spiaggia, ci sedemmo sulla sabbia tiepida a guardare le onde infrangersi sugli scogli e allungarsi sul bagnasciuga.
Si tolse le scarpe e i calzini, voleva sentire ancora una volta la sabbia tra le dita.
Si appoggiò con la testa alla mia spalla mentre guardavamo il sole calare lentamente verso l'acqua.
"Tyler?"
"Dimmi, Josh"
Mi girai verso di lui, lentamente.
"È l'ultima volta?"
"Che intendi, Joshua?"
Non rispose, mi passò una busta bianca, sopra c'era scritto solo 'Tyler', niente di più.
"Non leggerla. Non ora, fallo tra una settimana, tra un mese, tra un anno.. quando vuoi.. ma non oggi, non ora."
Annuii in silenzio e lo strinsi a me, posando un braccio attorno alle sue spalle, gli baciai la tempia e tornammo a guardare il mare.
Il sole scendeva e io volevo solo fermare il tempo e rimanere così per sempre.
"Forse dovremmo tornare.. i dottori si staranno chiedendo dove sei finito, saranno tutti preoccupati.."
"Tyler io morirò, lo sai vero? A loro non importa.. tanto muoio comunque.."
Le lacrime non volevano saperne di rimanere all'interno dei miei condotti lacrimali, cercai di ricacciarle indietro mentre annuivo ma peggiorai solo le cose, lasciando che la prima mi rigasse il volto, seguita velocemente da un'altra e un'altra e un'altra ancora, pian piano i singhiozzi cominciarono a scuotere il mio corpo.
Josh si girò verso di me.
"No.. non piangere Ty, ti prego.." sussurrò mentre mi passava le mani sulle guance.
Io mi mordevo le labbra per non singhiozzare ancora più forte, cercavo di smettere di piangere ma più ci provavo più le lacrime scendevano e i singhiozzi si facevano più forti.
Josh mi strinse con la poca forza che aveva.
"Non ho detto che morirò adesso Tyler.." sussurrò ancora, dondolando appena.
"M-ma i-io non v-voglio perderti Josh.." mi servì tutta la mia forza d'animo per pronunciare quella frase senza crollare in un pianto ancora più forte.
"Tutti muoiono Tyler.. solo che alcuni lo fanno prima di altri.."
"Ma non è giusto.. t-tu ed i-io dovevamo s-stare insieme.. per sempre.. l'avevi p-promesso. N-Non puoi promettermi le cose e-e-e poi morire! Non è giusto! Non voglio!" la mia voce si alzava sempre di più ad ogni parola, mi sentivo un bambino capriccioso, ma io lo amavo e non volevo che mi lasciasse.
Mi strinse a se e restammo in silenzio, al buio.
Il mare cominciava ad agitarsi, il che mi terrorizzava, ma non volevo portare via Josh dalla spiaggia contro il suo volere.
"Torniamo a casa?" mi disse Josh, dopo qualche altro minuto, con la voce stanca di chi non ce la fa più.
Annuii e mi alzai, lo presi in braccio, mi accorsi di quanto era dimagrito in quei mesi solo in quel momento, sentivo le sue costole attraverso la felpa che gli avevo dato.
Tornai in macchina e la avviai, mentre guidavo mi giravo a guardarlo, e lui mi guardava e sorrideva, stanco, dopo qualche minuto mi accorsi che si era addormentato, allora rallentai e guidai con calma fino all'ospedale per non svegliarlo, lo riportai in camera, nonostante tutte le sgridate che mi beccai quella sera da decine di infermieri e medici preoccupati ero felice, avevo regalato una giornata felice al mio migliore amico, poteva anche essere l'ultima, ma almeno l'avevamo vissuta insieme, lo guardai un'ultima volta prima di andarmene. Aveva aperto gli occhi e mi stava sorridendo appena, mi avvicinai al suo letto e mi chinai, lasciai un leggero bacio sulle sue labbra pallide.
Mi sorrise ancora "Ti amo, Tyler." disse mentre una lacrima gli solcava il viso.
"Ti amo anche io, Josh." sussurrai, gli accarezzai i capelli e, di nuovo, alcuni mi rimasero tra le dita.
"A domani, Josh."
"Ciao, Tyler."
Un ultimo sorriso, mi girai ed uscii.
Tornai a casa e piansi tutta la notte, dopo essermi messo addosso la felpa che ancora profumava di Josh.
Il mattino dopo mi chiamarono dall'ospedale, Josh era morto quella notte, il cervello non aveva retto, il tumore era così esteso che non sapevano come avesse fatto a reggere tutto il giorno precedente senza collassare.
Riattaccai senza rispondere, mi chiamarono un altro paio di volte ma non risposi, mi chiusi nel mio silenzio e così rimasi per i due giorni seguenti, mi ero completamente dimenticato della lettera.
Il giorno del funerale guardai il mio armadio pensando di mettere le prime due cose nere che trovavo, ma poi pensai ai suoi capelli, a come arrossiva quando gli facevo un complimento, alle rose.
Mi infilai i pantaloni rossi, la maglietta rossa, le sue vans preferite ed uscii di casa.
Quando arrivai in chiesa tutti mi guardavano strano, come se avessi mancato di rispetto a qualcuno, ma ero e sono più che sicuro che Josh avrebbe apprezzato la mia scelta stilistica.
Mi avvicinai alla bara ancora aperta, gli accarezzai il viso.
"Hey, Joshy.." le prime parole che pronunciavo da due giorni uscirono roche e graffiate, le lacrime minacciavano già di fuoriuscire. "Spero che tu stia bene, ovunque si vada dopo la morte, perché qui, senza di te, fa un po' tutto schifo. Mi manchi già e, niente, ti amo." sussurrai al suo corpo freddo.
Sembrava quasi addormentato in quel bel vestito, sorrisi, notando che l'interno della bara era rosso, posai una rosa sul suo petto, gli accarezzai ancora la guancia e andai a sedermi lasciando che il prete cominciasse a parlare di chissà quale boiata su dio e tutte quelle cazzate.
A metà funzione crollai, mi piegai su me stesso e scoppiai a piangere, ero in prima fila, vedevo ancora il suo cadavere in quella bara, imploravo a chiunque di chiuderla, non ce la facevo più.
Quando finalmente la chiusero e la portarono nel carro funebre mi alzai e corsi fuori, camminai fino al cimitero.
Quando la bara fu deposta nella fossa buttai due rose sul legno scuro e lucido della cassa e aspettai, quando tutti se ne andarono mi sedetti a gambe incrociate davanti alla lapide, sulla terra umida e ancora abbastanza morbida, guardai a lungo la sua foto e parlai, parlai di tutto quello che mi veniva in mente, come se stessi parlando ancora con Josh.
Quando, dopo ore e ore passate a parlare con la pietra fredda della lapide, calò la sera, mi sdraiai e guardai il cielo,
"Sai Josh, penso che mi toccherà vivere per tutti e due.. e ci ho provato in questi mesi in cui eri in ospedale, ma è così difficile. La calma è così violenta a volte."
Chiusi gli occhi e mi addormentai... "

"e poi?"
"E poi cosa, Josh? La storia è finita.."
"no, papà, poi che hai fatto? Che è successo dopo che ti sei addormentato?" chiese il piccolo Joshua, stretto tra le braccia di Tyler, mentre guardava una vecchia polaroid che raffigurava suo padre e questo 'Josh' di cui gli stava parlando.
"Poi.. poi, beh, mi sono svegliato, sono tornato a casa, ho messo tutte le nostre cose in questa scatola, sono andato avanti e non sono più tornato sulla tomba di Josh.. ho conosciuto la mamma, ci siamo sposati e abbiamo avuto te.." Tyler sorrise guardando alcune delle foto mentre accarezzava la schiena del bambino.
"Beh, ora andiamo a dormire, okay?"
"Mi racconterai ancora di Josh?"
"Si, piccolo, ma ora è tardi." Tyler portò suo figlio a letto prima di tornare in salotto e rimettere le foto nella vecchia scatola che aveva dissotterrato quel pomeriggio.
Quando la stava per chiudere, però, si accorse di una lettera un po' ingiallita dal tempo e dall'umidità, come tutto il resto dopotutto.
La prese, lesse 'Tyler' sul retro, si affrettò ad aprirla, non c'era scritto poi molto, ma se lo aspettava, Josh non era mai stato il tipo da perdersi in discorsi sdolcinati.

"Caro Tyler,
suppongo che tu sappia perché sto scrivendo questa lettera, sto per morire, e quando la leggerai probabilmente questo schifoso cancro mi avrà già fottuto il cervello, ma per ora non importa, voglio dirti qualcosa che non credo avrò mai il tempo o il coraggio di dirti.
Vorrei davvero dirti che ti amo, e che tutti questi anni sono stati davvero fantastici, perché nonostante tutti i brutti momenti che abbiamo passato tu c'eri sempre per me e io per te.
Mi dispiace davvero abbandonarti a questo mondo, so che non ti piace, ma ci farai l'abitudine, infondo so che hai tutte le capacità di farcela da solo. Non essere triste per me, probabilmente starò meglio nell'aldilà che qui dove sono ora.
Comincio a dimenticarmi le cose, ad esempio non mi ricordo il colore dei tuoi occhi ora.
È tutto così offuscato nella mia mente e mi fa male la testa, vorrei davvero passare con te il mio ultimo giorno, ma so che sarò costretto su questo schifoso letto, in mezzo a tutto questo bianco opprimente.
Grazie per le rose, comunque, non so se te l'ho mai detto.
Sii felice, anche senza di me.
Con amore,
Joshua Dun."
In fondo al foglio c'erano disegnati due omini stilizzati che si tenevano la mano, uno disegnato con la biro nera, uno con la rossa, sotto quello rosso c'era scritto in piccolo Jishwa, sotto l'altro TyJo.
Un paio di lacrime bagnarono il foglio.
Jenna posò una mano sulla schiena di Tyler.
"Hey, tutto bene?" chiese sedendosi accanto a lui.
Il ragazzo scosse lentamente la testa, riponendo il foglio nella busta sorridendo, nonostante le lacrime. Posò la testa sul petto di sua moglie, mentre lei lo stringeva.
"È ancora per Joshua?"
Tyler annuì.
"Lui mi amava." sussurrò.
"E tu? Lo amavi?"
"Io lo amo."


Graz Dolphee ti amo perché hai letto sto schifo alle quattro del mattino

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