Illusione e Purificazione

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Era il giorno più bello della sua vita. Un bambino, un candido, immacolato bambino si trovava in un campo di fiori. Solo, lontano dal mondo e da tante cose che gli toglievano il sorriso. Invece ora sorrideva eccome, il suo cervello era alimentato da pura felicità. Ammirava estasiato il cielo azzurro, che quel giorno era della più bella tonalità d'azzurro immaginabile. E il suo cuore godeva, ricominciava a battere come non faceva da tempo, da tanto tempo; forse da troppo tempo. E così passavano le ore. E l'azzurro diventò indaco. E l'indaco cangiò in violetto. E il violetto passò al blu, il blu più puro, il magnifico e terribile blu della notte, che congiunge l'animo umano con l'immensità dello spazio. Ma il bambino non aveva paura della maestosa notte. Per lui la notte era come un lupo, che aveva imparato, col tempo, ad addomesticare. Ed ora era la sua migliore amica. E anche l'unica. Al suo arrivo il bambino fu permeato interamente da un fremito estatico di rara capacità rivelatrice. In quel momento di beatitudine sarebbe stato persino capace di spiegare cos'è la felicità ad un adulto. Decise di passeggiare con la luna. Mano nella mano, come i migliori degli innamorati: quelli che non sanno ancora di esserlo. E la passeggiata divenne presto danza, la più soave di tutte le danze, al suono delle fronde che, su invito del vento, frusciavano e diffondevano il loro odore di ricordi e di vita innocente. La luna era una danzatrice eccezionale. Alla fine di questo ballo di libertà, la luna emanò un sottile raggio di luce propria, che andò ad illuminare un punto del prato, posto sopra una collinetta. Il bambino, incuriosito, volle vedere a cosa puntava il raggio, e cominciò a scalare il piccolo rilievo. Una volta arrivato alla cima, ebbe una vista che ripagò enormemente la fatica compiuta per arrivare sin lì. Ciò che vide non è descrivibile con la semplice parola "fiore", perché andava ben oltre il nostro concetto di quella parola. Era semplicemente la più bella rosa mai vista da occhio umano. In sé portava il miracolo della sincrasi di tutto ciò che supera la bellezza umana visiva: la bellezza divina, la bellezza trascendente. Il bambino si commosse, e pianse. E piangendo pregò la luna, e il cielo, e l'universo, perché potesse godere per sempre di tale visione. Pianse innocenza, perché si sa che i bambini non piangono lacrime come gli adulti. La sua innocenza percorse tutto il suo volto, lo lavò e assorbì la polvere di stella che la danza con la luna aveva lasciato sul suo candido viso, e cadde vicino al fiore. Come accade nelle fiabe, quella lacrima d'innocenza stellata diede una nuova energia al fiore, che conobbe così il significato di tante cose. E conobbe la felicità, e conobbe la poesia, e conobbe la disperazione, e conobbe l'angoscia, e conobbe la morte. In una sola parola, conobbe la vita. Era un dono troppo grande, e decise di renderlo a chi gliel'aveva dato. E la rosa evaporò alla luce della luna, salendo teatralmente a lei. Il bambino, privato della beata visione, era pronto a seguire il fiore e ad ascendere verso la luna, quando vide che qualcosa del suo breve amore era restato. Un petalo di quella paradisiaca rosa ora planava davanti ai suoi occhi gonfi di qualcosa che non era più innocenza. L'innocenza si era trasformata in lacrime. Il bambino era diventato un adulto. Congiungere le sue labbra con quel petalo, dono del cielo, furto del cielo, divenne il suo nuovo scopo di vita. Con mano tremante provò ad afferrarlo. Invano. Il petalo svolazzò fuori dalla sua portata, spinto da un vento che odorava di sogni e di ricordi. L'adulto fece un passo verso di esso, e il vento lo spinse ancora più lontano. Solo allora comprese ogni cosa, la sua mente era trasparente e cristallina. Sapeva che doveva seguire il petalo, senza nessuna esitazione o timore. E in effetti, è proprio quando si insegue un sogno che non c'è motivo di avere paura. Cominciò a correre, i suoi capelli furono riempiti dal vento, una raffica violenta ed improvvisa saturò il cielo di dense nubi piovose. Tutto questo lui non lo vedeva, il suo campo visivo si limitava a quel petalo che in quel momento custodiva la sua anima. E correva, e correva, e anche le nuvole cominciarono a piangere per lui. Anche il mondo aveva capito tutto, e l'universo intero piangeva per lui. Era guidato dal petalo come un neonato è guidato al mondo esterno. Il vento sospinse il petalo sopra un'altura, e l'adulto prese a scalarla, senza provare la minima fatica. Le acide lacrime d'adulto gli corrodevano il volto, ma lui non aveva tempo per queste sciocchezze. Era ormai oltre la metà della scalata quando scorse la cima dell'altura, e poté osservare che lì non pioveva, e il cielo era blu come quando lui era bambino. E la cima si avvicinava sempre più, e con essa il baratro infinito su cui si affacciava l'altura. Ora il petalo era lì, sospeso sopra l'abisso, al confine tra la realtà e tante cose come i sogni, i ricordi, la follia. L'adulto non ebbe alcuna esitazione, non pensò neanche di interrompere la corsa. Poggiò il piede sul ciglio e si diede lo slancio. Volò, a braccia protese verso il suo amore, non sentiva più la pioggia che lo frustava e le lacrime che gli corrodevano il viso. E dispiegò le ali, delle imperiose ali di demone angelico, pronto a volare oltre i confini dell'universo col suo petalo. Ma il vento spinse le lacrime sulle ali, che subito bruciarono in una vampata che avvolse l'adulto. Con le membra marce dentro e ustionate fuori, accettò docilmente la sua fine e guardò l'abisso che lo attendeva. Prima di precipitare però doveva prendere il petalo. Distese il braccio senza guardare, con gli occhi ormai presi dalle fiamme, ma sapeva dov'era la vestigia del suo amore infranto. E lo afferrò. Insieme furono mangiati e purificati dal fuoco. La sua anima divenne polvere con lui nell'infinità dello spazio e del tempo. E l'universo pianse la morte dell'amore nel mondo.

Illusione e PurificazioneWhere stories live. Discover now