Hot Ice

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Volevo fare l'amore con lei. Volevo poterla baciare. Volevo abbracciarla. Volevo toccarla. Volevo che tornasse ad essere mia.

Ma qualche stronzo me l'aveva rovinata . Le aveva tolto quell'ingenuità che aveva promesso a me. Quella purezza che avrei dovuto portarle via io, dolcemente e per amore.
Come le avevo promesso.

Invece aveva perso quel luccichio negli occhi brutalmente e per soddisfare un povero bastardo ubriaco.

Non ero riuscito a proteggerla.
Mio padre me lo diceva sempre che non sapevo tenermi le cose per bene.
Non l'avevo protetta, avevo permesso a qualcuno di portarmela via e di marchiarmela, a vita.

Diventava sempre più difficile resisterle. Anche se lei non faceva niente di provocante, io ero talmente innamorato di lei che anche solo guardarla era diventata una tortura.

Se guardavo i suoi capelli, mi veniva voglia di tirarglieli, di infilarci le dita in mezzo e giocarci.
Se guardavo i suoi occhi, me li immaginavo chiusi per il piacere che le avrei potuto provocare io.
Se guardavo le sue labbra, cominciavo a bramarle su di me, sulla mia bocca, sul mio collo e sul mio petto.
Se guardavo le sue mani, mi veniva voglia di baciarle, di morderle, di afferrarle con le mie e di stringerle.
Se guardavo il suo corpo, mi veniva voglia di spogliarlo e di stringerlo a me.

E se guardavo lei, mi veniva voglia di amarla.

Per me era dura resistere, ma per lei, lo sapevo, era molto più difficile sopportare.
Ogni sera la sentivo piangere nella doccia, ogni notte la sentivo piangere per gli incubi e ogni mattina la sentivo piangere silenziosamente tra le mie braccia mentre cercavo di non scoppiare a piangere pure io.

Odiavo pensare a come doveva essere spaventata quella sera, a come doveva aver sofferto, ma soprattutto piangevo ogni volta che pensavo che aveva urlato centinaia di volte il mio nome ma io non ero andato a salvarla.
Io non l'avevo salvata.

Quella sera era corsa da me in lacrime, si era fiondata nella mia camera e aveva cominciato a piangere tra le mie braccia.
Aveva continuato a piangere fino a quando non ero riuscito a farla addormentare.
Non avevo idea di cosa le fosse successo. Lo imparai solo due giorni dopo, quando era stata finalmente in grado di parlare.
Avevo pianto insieme a lei per ore, ricordo che i miei singhiozzi erano più forti dei suoi.
Perché pensare a quanto avesse sofferto mi distruggeva.

Le mie braccia erano sempre state in grado di alleviarti il dolore, ma in quel momento volevo che fossero in grado di farti sorridere.

Mi alzai dal divano respirando pesantemente e a passo lento mi diressi verso il bagno, dal quale proveniva il rumore dell'acqua scrosciante nella doccia.
Senza far rumore, aprii la porta e sgattaiolai dentro. Velocemente mi spogliai dei miei vestiti e cercai di raccogliere tutto il mio coraggio. Scostai la tenda color latte ed entrai dentro la doccia.
Lei si voltò di scatto e fece per urlare dallo spavento ma le misi una mano sulla bocca. Appena i suoi occhi incontrarono i miei, si rilassarono appena. Deglutii e abbassai lo sguardo, ammirando per la prima volta il suo corpo. Risollevai l'attenzione sui suoi occhi. Il suo petto si alzava e si abbassava freneticamente.

Aveva paura.
Aveva paura di me.

Lentamente spostai la mano dalla sua bocca alla sua guancia e mi avvicinai alle sue labbra.
-Basta avere paura. Fidati di me, piccola- sussurrai prima di baciarla.
Lei era come congelata.
-Ti prego...non respingermi...non voglio farti male...- biascicai tra le sue labbra rigide.
Lei deglutì e scosse la testa, mi spinse mettendo le mani sul mio petto. Presi tra le mani le sue e le appiattii sul mio cuore.
-Lo senti? Lo senti, amore mio? Il mio cuore batte per te. Io ti amo, non ti farei mai del male- le presi la testa e la avvicinai al mio collo -Piccola mia...ti prego, fidati di me-.
Sospirò sul mio collo e ci lasciò sopra un paio di baci a stampo che mi fecero sorridere.
-Io voglio fare l'amore con te... me lo permetti?- chiesi lentamente.
Restò in silenzio per un po', ma poi la sua voce mi scaldò il cuore.
-O-Ok... però... piano- sussurrò diventando rossa.
Io sorrisi e la baciai lentamente, facendo aderire i nostri corpi. Le percorsi la schiena con un dito fino a raggiungere le scapole. Le accarezzai il seno continuando a baciarla e sussultò sentendo la mia erezione farsi più vivida.
Ridacchiai e lei mi diede un leggero schiaffetto sulla spalla. Le presi il viso tra le mani e attaccai le sue labbra senza darle tregua. Portai le mani sulle sue cosce e la sollevai, facendo sì che i nostri bacini fossero allineati. Vidi i suoi occhi accendersi di timore.
-Hey, dimenticati per un attimo di quello che è successo. Immagina che questa sia la tua prima volta. Questa è la tua prima vera volta, mh? Sei pronta?- chiesi guardandola negli occhi.
Annuì timidamente e chiuse gli occhi, appoggiando la fronte alla mia.
Cominciai ad entrare in lei, lentamente. Sapevo che sarebbe stato doloroso per lei, infatti, alcune lacrime le colarono dagli occhi, andando a mischiarsi con l'acqua calda scrosciante della doccia. Quando fui completamente in lei, la sentii ansimare quasi impercettibilmente.
-Stai bene?- chiesi prima di continuare.
Lei mi fissò, con gli occhi luccicanti e mi baciò senza dire una parola.
Si staccò di poco e sussurrò dolcemente:-Grazie... ti amo, Jungkook-.

Mi sentivo bene, mi sentivo finalmente libero e rilassato. L'avevo liberata dalla paura, ora era veramente mia.
Forse non la dimenticherà mai, quella orribile notte, ma sono più che certo che non dimenticherà mai neanche quella doccia.

Sapevo per certo qual era la mia strada, allora. Quella in cui camminavo accanto a lei. Io e lei.

Noi, che ci siamo amati e onorati finché morte non ci ha separati.

«Hot Ice» Jeon Jungkook [One Shot]Where stories live. Discover now