Capitolo I - L'alba

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"Il  tempo passa. Anche quando sembra impossibile. Anche quando il rintocco di ogni secondo fa male come il sangue che pulsa nelle ferite. Passa in maniera disuguale, tra strani scarti e bonacce prolungate, ma passa. Persino per me."
(New Moon, S. Meyer)


Questa storia comincia con un'alba. E, pensandoci, non potrebbe iniziare altrimenti. Personalmente lo trovo noioso, le albe per me non sono mai una festa.

Draco se ne stava affacciato alla finestra della sua camera a Malfoy Manor, tanto per cambiare. Si era, come al solito, alzato di prima mattina. Abbastanza presto da poter ammirare l'alba di quella che, come le precedenti e quelle a venire, si preannunciava una giornata tremenda. In realtà a lui neanche piaceva l'alba, lo stesso sole in generale non lo aveva mai ammaliato: così egocentrico, esibizionista e luminoso, gli sembrava quasi volesse continuamente mettersi in mostra.

Draco preferiva di gran lunga la Luna. Una silenziosa compagna d'avventura, mano destra dei sogni... testimone di centinaia e più stelle cadenti.

Odiava veder sorgere il sole, tanto lo stava guardando e lo guardava tutte le mattine per sfuggire agli incubi.

Incubi.

Certo, quello era il nome con cui gli avevano insegnato a chiamarli.

Ma a lui sembravano così reali, riusciva a sentire il dolore, a respirarne la paura. Come se le sue occulte visioni si trovassero esattamente sul confine che separa l'invenzione dalla realtà, ricordi lontani che tornavano a tormentarlo tutte le volte che credeva di essersene liberato.

Aveva vissuto i suoi incubi, quello che vedeva durante la notte era il ricordo di una guerra persa, o forse combattuta con troppa poca convinzione.

Storie di sangue, puro e non, e di un Signore Oscuro che non conosceva l'amore. Storie di marchi indelebili ed azioni ricche di conseguenze, storie dove anche gli eroi diventano assassini. E Draco ne era uscito frastornato, come se effettivamente non avesse mai programmato di uscirne ed ora, essendo ancora vivo, non sapesse cosa fare della sua vita. A furia di chiedersi da che parte stesse realmente, aveva finito per reputarsi nemico di entrambe le fazioni. Suo padre era ad Azkaban; sua madre, non avendo il marchio, era riuscita a salvarsi. Ma era in quella casa solo per commiserarsi e per impazzire nella solitudine, per sbattere continuamente contro quelle mura di cemento armato che Draco si era costruito attorno. Ora toccava a lui prendersi cura di Narcissa, ma dentro di sé il serpeverde continuava a chiedersi chi mai si sarebbe preso cura di lui.

Passata l'alba, decise di dirigersi in cucina. Come al solito, trovò sua madre seduta a sorseggiare thè, la gazzetta del profeta posata accanto a lei, le pagine perfettamente piegate.
Non aveva letto il giornale neanche quella mattina. Il mondo sembrava non essere più affare di Narcissa, il tempo era ormai divenuto solo una costante. Una costante da ignorare.

Draco buttò distrattamente un'occhiata alla gazzetta, a fondo pagina intravide maschere di mangiamorte. Mentre il primo articolo era riservato al fantastico "Golden Trio" ed a tutte le imprese che aveva compiuto. Fece una smorfia, pensando che probabilmente ora le loro vite erano perfette; mentre la sua, lentamente, si stava distruggendo.

-Quanto hanno portato via?- chiese a Narcissa, vedendola distogliere lo sguardo dal vuoto che, poco prima, stava fissando e portandolo su di lui.

-Oh, buongiorno Draco! Non ti avevo visto...- gli rispose, il tono dispiaciuto sebbene freddo e distante.

Il giovane le rivolse uno sguardo eloquente, come a ricordarle di star ancora aspettando una risposta. Quella domanda gliela rivolgeva tutte le mattine, ma allo stesso tempo si scopriva a ringraziare Merlino perché, qualsiasi tesoro il Ministero potesse avergli sottratto, sua madre era ancora lì con lui.

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