Aliena

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Cominciò tutto quella banale sera.
Quella stupida sfigata sera.
Che speravano di trovare? Oro? Non ne vedevamo da un sacco.
Il mio quartiere era tra i più poveri, ma forse era più povera la loro mente,povera di capacità di comprensione.
Suonarono il campanello che, non si sa come, funzionava ancora dopo tanti anni.
Ero in soggiorno,leggevo e rileggevo un vecchio libro della mia adolescenza, saranno stati anni che non toccavo internet dato che ai poveri non era concesso, ci permettevano si e no l'acqua una volta a settimana, perciò i libri mivtenevano compagnia.
Tutto era rimasto uguale a prima del crollo della società, nuovi ricchi da tutto il mondo si erano presi il nostro paese,le nostre risorse e lo avevano trasformato in una sede di esperimenti per nuove tecnologie, dio solo sa quanti incidenti ci siano capitati.
E in tutto ciò proprio a me doveva capitare una cosa del genere.
Costretta a nascondermi, a scappare, un difetto nella costruzione.
Dove ero rimasta? Al campanello.
Ovviamente non aprii, mia madre era in cucina e stava lasciando freddare l'ultima pagnotta appena uscita dal forno, la nostra scorta.
Sentimmo il portone del condominio emettere un tonfo sordo come se fosse stato sfondato, passi veloci su per le scale e bussarono alla nostra porta d'ingresso che presto fu sfondata.
Mi madre si parò davanti a me ma con un colpo secco il ragazzo alto vestito di nero,con il viso coperto fin sotto gli occhi da una bandana, che occupava l'intero spazio della porta, sparò dritto in mezzo ai suoi occhi e la vidi cadere ai miei piedi.
-Ho del pane, prendilo, non c'è altro qui posso giurartelo su Dio-
-Cazzate, voi ci avete derubati piccoli stronzi, questo vostro schifo di quartiere-
Sputò a terra e la mia mente fece un passo indietro a pochi giorni prima, quando una notte un gruppo di ragazzi della via parallela era tornato vittorioso da un furto nel quartiere confinante, che sciocchezza lo sapevo che ci avremmo rimesso tutti.
-No senti io so chi è stato ma qui non ho nulla e...-
Un colpo sulla mia coscia destra e urlai dal dolore, sulla sinistra e caddi in ginocchio, strisciai tornando verso il soggiorno e il ragazzo mi seguì.
Si avvicinò a me e con un calcio che mi costò uno sforzo immane gli tolsi la pistola dalla mano mentre stava premendo il grilletto, così sparò al soffitto verso l'appartamento vuoto sopra di noi.
Allungai una mano verso la katana da collezione che avevo comprato alla fiera del fumetto di Lucca quando avevo 14 anni, non era affilata ma poteva fare il suo lavoro.
Lui fu più svelto di me, mi sollevò per il collo e mi sferrò un pugno nello stomaco.
-Dammi quello che cerco e la finirò qui stronzetta, non cercare di coprire i tuoi amici.- mi sputò in faccia con furia.
-Lo giuro io...-
-Non me ne faccio un cazzo dei tuoi giuramenti!- mi scaraventò a terra con un pugno che mi ruppe il labbro, fortunatamente ero molto piu vicina alla spada, la afferrai facendo cadere qualche vaso e riuscii a colpirlo con il fodero, poi la sfilai mentre vacillava verso di me e lo colpii più volte alla testa finché non cadde a terra privo di sensi.
Iniziai a tossire e a sputare sangue e con un ultimo sforzo raggiunsi il telefono e digitai quei numeri pregando il Signore che rispondesse qualcuno.

Tentai più volte di svegliarmi.
Sentivo voci confuse attorno a me,la luce era troppo forte, non potevo aprire gli occhi, così cadevo nuovamente addormentata.
"Esperimento", "andata bene", "quartiere povero", "non ce l'avrebbe fatta", "l'abbiamo salvata".
Ogni giorno si aggiungevano parole, non avevo la piu pallida idea di cosa stesse succedendo, l'aria era pesante quando ripresi a respirare autonomamente, rarefatta e pungente come centinaia di spilli sulla mia pelle.
Aprii di scatto le palpebre e la luce fu soltanto dolore, solo bianco attorno a me,ancora voci confuse.
La mia vista si schiarì poca per volta, c'erano dei medici davanti a me,li riconoscevo dagli occhiali e dal camice azzurro chiaro, non distinguevo i loro lineamenti.
-Si è svegliata, è andato tutto secondo i calcoli, appena si sarà ripresa capirà non preoccupatevi-
Calcoli? Capirà? Troppe parole che facevano soltanto paura, iniziai a piangere,ancora non capivo proprio niente.
Abbassai lo sguardo verso le mie mani, ero attaccata ad una flebo dentro la quale scorreva un liquido azzurro che penetrava nelle mie vene, la mia pelle era ancora piu chiara del normale e mano a mano che riacquistavo la vista notavo dettagli che un occhio umano non avrebbe mai potuto vedere, era come una specie di zoom.
Respirai più velocemente, cominciavo ad agitarmi.
Un medico mi mise una mano sulla spalla e con voce melliflua mi disse -Ehi, devi stare tranquilla, stavi molto male e noi siamo riusciti ad aggiustarti. In cambio tu hai svolto un importante compito per noi lo sai? Non ce niente di cui preoccuparsi-
Quelle parole non fecero altro che aumentare la mia agitazione già alle stelle,mi strappai la flebo dal braccio e mi alzai di scatto dal letto.
Con una velocità e una forza sovrumana sbattei al muro il dottore e gli urlai contro furiosa.
-CHE COSA MI AVETE FATTO?-
Non ottenni risposta poiché fui subito sedata da una grossa siringa piantata nel mio collo da qualcuno alle mie spalle.
Mi ritrovai ancora una volta nel mio letto, il sedativo era più potente, per mantenermi sveglia ma incapace di agire.
Il dottore tornò da me giorno dopo giorno, io ero come muta mentre lui mi raccontava tutto, pezzo per pezzo ed io mi mantenevo fredda, lucida, fingevo di stare calma così che diminuissero le dosi ogni giorno e quando erano via, strappavo via la flebo e testavo l'esperimento compiuto su di me.
Ero forte, troppo forte, troppo veloce, la mia vista ampliata, i sensi amplificati, guarivo molto in fretta, mi avevano trasformata in una specie di Wolverine, mi mancavano soltanto gli artigli ed ero perfetta.
Giunse il giorno in cui fu l'ultima volta che strappai la flebo dal mio braccio.
Mi lasciai completamente andare, un mostro, qualcosa di indomabile che non avrebbero mai dovuto creare.
Un errore forse? Mi erano stati impiantati congegni e tessuti ritrovati in una delle spedizioni compiute su Marte negli ultimi anni, avevano riparato il mio corpo, mi avevano resa invincibile.
Uccidevo ogni infermiera che mi capitava a tiro, con i pugni o con il vetro delle finestre che rompevo, sapevo benissimo che li erano tutti ricchi, sporchi stronzi che non meritavano altro,non avevo paura e non provavo alcun senso di colpa.
Arrivai all'uscita coperta di sangue altrui, la scia di corpi che mi portavo dietro, il mio passaggio, la mia lotta per la libertà.
In quel momento fu come se l'adrenalina nel mio corpo fosse finita, come l'effetto di una droga che finiva, come una batteria scarica, ogni cellula del mio corpo si rifiutava di continuare ma non la mia mente.
Cominciai a correre lasciandomi alle spalle quell'ospedale macchiato di orrendi crimini, pieno di criminali anche se più della metà morti grazie a me.
Corsi tra i vicoli più bui della città, dove non mi avrebbero vista, con solo il mio camice bianco, cominciava la mia vita da fuggitiva eterna, ed ero felice anche se stremata, stanca, sentivo di stare per cedere, mi rifugiai nello scantinato deserto di una casa abbandonata e dormii, dormii molti giorni.
Non sapevo dove mi trovassi ma avrei imparato presto a conoscere quella città, a mappare ogni angolo, dormivo spesso all'inizio, dovevo poter recuperare forze senza quegli schifosi sedativi che mi davano per dormire.
Li smaltii presto, rubai dei vestiti e cominciai a vivere di nuovo.
Una volta capito come orientarmi seppi cosa fare, raggiunsi la mia città, dove la mia bestia chiamava vendetta.
Il ragazzo era solo, vestito di nero come quella volta, stavolta potevo vedere il suo volto e a quanto pare non si erano preoccupati che rimanesse dentro per molto tempo.
Era biondo, lineamenti affilati e occhi azzurri che potevano incantare chiunque, ma non me.
Lo aspettai dietro l'angolo e quando svoltò mi parai davanti a lui e abbassai il cappuccio.
Ricordo l'espressione del suo volto con particolare piacere, feci quello che andava fatto, almeno secondo la mia opinione.

Non so se sono immortale come il mio grande idolo dei fumetti, non so cosa sia questo corpo, che è mio ma non mi appartiene del tutto, sono costretta a scappare in eterno, perché eterno sarà il ricordo del loro sbaglio in laboratorio e rimpiangeranno di aver avuto i soldi per farlo e la disumanità per usarmi, una semplice ragazza povera, ferita, aggredita.
Ma non sono piu la stessa, sono libera in questo mondo ormai a pezzi, sono una ladra esperta, una cacciatrice di stronzi, una criminale giusta, l'erede del Corvo forse, magari, quello che so è che ormai tutto questo fa parte di me.
Questa sono io.
Sono
Aliena.

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⏰ Last updated: Mar 18, 2017 ⏰

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