Kimberlite

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Si dice che gli occhi siano il riflesso dell'anima; un'invenzione da santone, circa, ma non del tutto infondata.
Gli occhi castani, caldi nella tonalità e freddi nella loro durezza, di Dazai trasmettono la sua meschinità, i tanti travestimenti che all'occorrenza indossa, e celano un fondo di buia amarezza, forse solitudine; Chuuya e i suoi occhi restituiscono rabbia ed ostilità e soltanto un cenno di delusione nel blu dell'oceano che si accumula intorno alla pupilla, lì dove il nero incontra il ciano e i contorni si fanno confusi; e Hirotsu, Hirotsu ne ha vissute e viste tante e, tra una screziatura di viola e l'altra, i suoi occhi silenziosamente raccontano tutte le vicissitudini.
Tachihara osserva di tanto in tanto il suo riflesso nello schermo del cellulare ed anche nei suoi occhi di oro colato ritrova il brillio da fanfarone e la curiosità del bambino che lo caratterizzano – un eterno, narcisista fanciullino.
C'è un fondo di verità, anche se messo in discussione delle classiche, inevitabili eccezioni incarnate da Ryūnosuke e da Gin, che le emozioni le mostrano molto raramente, accuratamente centellinate e chiuse dentro una ferrea corazza di finta indifferenza, non difficile da sfondare se ben toccati i tasti – in Ryū, l'unica debolezza ha le forme di un uomo dall'animo nero e dalle bende candide.
È altrettanto difficile emozionare la dolce sorellina, misteriosa e sibillina come le donne sanno essere, che si ammantano di arcano e che non dicono mai e nascondono tanto.
Le notti insonni trascorse sui sedili anteriori dell'automobile a fumare con una mano sulla fondina, a controllare in lontananza i movimenti dei rivali, Hirotsu le trascorre venerando e detestando le sue amanti, con occhi di ametista che brillano e si rabbuiano e le labbra sottili che articolano assoli drammatici: Tachihara ascolta malvolentieri i discorsi deliranti di Ryūrou che sono sì strani, ma cosa sono in fondo le donne se non esseri bislacchi?
Lo sono Kouyou, Ichiyou e Gin, che fra le donne ai servizi di Mori è sicuramente la meno incline a sbandierare i suoi sentimenti ed a farsi distrarre da essi, ad un livello tale da rasentare il coronamento dell'idea di un automa, razionale ed insensibile – e bellissimo, ma è soltanto una rifinitura trascurabile che Tachihara ricaccia ostinatamente indietro.
Perciò Tachihara si sente morire, colto in fallo, nel momento in cui Gin schiude le labbra in un timido sorriso e i suoi occhi cinerei, contornati da deliziosi solchi che il sorriso le ricuce sotto la rima, si illuminano di una luce sconosciuta e fantastica che fa mozzare il fiato ; e mozza il fiato anche la sua voce – così strana da sentire, ma non meno melodiosa – che mormora un veloce ringraziamento, mentre le mani accettano la tazza di tè che Tachihara le ha scaldato e dato in infermeria, dove Ryūnosuke combatte contro il coma e le ferite – e Tachihara farebbe volentieri scambio con lui, se ciò volesse dire liberarsi all'istante del rossore che lo macchia sul viso e che fa ridacchiare Gin in una mano.
Hirotsu dice il vero, le donne sono ermetiche, indecifrabili, ma Michizou crede finalmente di essere riuscito a frantumare l'armatura di kimberlite ed a trovare al suo interno il diamante più prezioso.




La kimberlite è una roccia grigia dove di solito si formano i diamanti e la TachiGin è la mia OTP Het di BSD, bless them - e bless anche coloro che sono arrivati fin quaggiù: grazie.  

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