«Frammenti»

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Si dice che l'amore guarisca, ti renda libero e ti aiuti a diventare più forte; si dice che l'amore sia l'arma più potente per combattere ogni guerra, l'unica armatura in grado di proteggerti dal resto del mondo.
Ma non per loro.
Il loro era un amore che faceva male, fatto di nocche rotte e labbra gonfie, di lenzuola attorcigliate alle caviglie e sigarette mal spente, di parole mai dette e discorsi silenziosi.
La loro storia non era destinata a spegnersi lentamente, ma a bruciare subito e fare male, molto male.

«Voglio sapere cosa siamo, Hyung, voglio sapere se questa cosa che abbiamo esiste davvero o è solo una creazione della mia testa. Voglio sapere a che punto stiamo.»

Crash

La bottiglia si infranse contro il muro, un suono sordo che riempì la stanza del motel più di quanto i loro respiri pesanti e carichi di rabbia non fossero riusciti a fare negli ultimi dieci minuti.
I cocci verdi della bottiglia di soju, sulla moquette rossa, riflettevano la luce della lampada al neon che penzolava pigramente dal soffitto, rendendo l'atmosfera asettica e surreale, e riempivano lo spazio che li separava mentre si studiavano guardinghi come due leoni nell'arena, pronti ad azzannarsi al collo per determinare chi fosse al comando.

Non era la prima volta che Yoongi e Junkook litigavano in modo pesante: generalmente c'era sempre un occhio nero o una costola incrinata a ricordare ad entrambi che il loro rapporto non era come tutti gli altri.

Min Yoongi, dall'alto dei suoi 25 anni, una dipendenza da fumo e un istinto irrefrenabile per le scelte sbagliate, non riusciva ad accettare che il suo... qualsiasi cosa fosse Junkook per lui, continuasse ad intromettersi nella sua vita, ad infilarsi sotto pelle come un virus e espandersi in ogni fibra del suo corpo, prendendo il controllo della sua mente, dei suoi gesti, dei suoi pensieri.
Jeon Junkook, d'altro canto, 21 anni di testardaggine mal riversata e un animo indomabile come le fiamme che, in quel momento, animavano il suo sguardo, non avrebbe mai lasciato che Yoongi la passasse liscia anche stavolta, solo per lo stupido desiderio di fingere che, la mattina seguente, tutto sarebbe tornato al suo posto.

In realtà, nulla era mai stato al posto giusto.
Nulla, a partire da loro due.

Crack

Il più grande fece un passo in avanti, il respiro affannoso e veloce di chi ha corso una gara ma non è riuscito a vincerla, e gli occhi socchiusi ma determinati, come un cecchino pronto a sparare al cuore.

«Vuoi sapere cosa siamo io e te? Vuoi davvero tornare ancora su questo discorso? Io e te scopiamo, Junkook. Nulla di più. Riempiamo la noia l'uno dell'altro e ammazziamo il tempo. Io e te non parliamo, non indaghiamo le nostre vite mentre guardiamo il cielo, non progettiamo un futuro in cui tutto va bene e niente è fuori posto. Tu.. Tu non sai niente di me, della mia vita o di cosa ho fatto per arrivare al punto in cui sono ora.
Non sai chi sono e non devi nemmeno volerlo sapere. Noi non siamo, Junkook, semplicemente non siamo. Perché nemmeno io so cosa sono in questo momento e non voglio nemmeno pormi il problema. Tu... Tu non hai idea di cosa voglia dire svegliarsi un giorno e non avere più niente, solo te stesso e il tuo fottuto orgoglio, dover mettere da parte passioni, sogni, persino gli amici più cari, per tenerti in piedi e cercare di sopravvivere! Non sai quanto sia difficile vivere nella mia testa e non m'interessa nemmeno che tu lo capisca. Non ho bisogno di qualcuno con cui condividere tutto questo, non sono un fottuto cane abbandonato sul ciglio della strada che aspetta un padrone che lo porti a casa.»

I capelli verdi, ormai sbiaditi in un tiepido color menta, gli aderivano alla fronte, imperlati di sudore, e risplendevano nella luce del neon dandogli un'aria quasi angelica, nettamente in contrasto con i pugni chiusi e le nocche rosse.
Le spalle strette, ma definite, si muovevano in maniera ritmica e veloce, a tempo con i suoi respiri, mentre la bocca, contorta in una smorfia, lasciava intravedere i denti, che il ragazzo digrignava, pronto a difendersi.
Yoongi era stanco di lottare, stanco di combattere una battaglia contro un mostro più grande di lui, stanco di sentirsi sconfitto da quel gigante che era la sua vita da quando i suoi genitori lo avevano cacciato di casa, urlandogli dietro di portare via con se tutte le sue cose e la vergogna che aveva provocato alla sua famiglia.

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