Perfetta: ecco l'unico aggettivo giusto per descriverla

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Continuo a fissare il cofano aperto della mia vecchia Mustang sperando che mi arrivi l'illuminazione divina da un momento all'altro. Kris, ieri pomeriggio, mi ha spiegato che «basterà pulire il carburatore per far sparire quel rumore infernale» che mi perseguita da giorni. Piccolo e inutile dettaglio: si è dimenticato di dirmi come diavolo è fatto un carburatore e dove lo trovo.

Ho anche cercato online le istruzioni... un manuale di fisica quantistica è molto più semplice da interpretare. Afferro una chiave inglese e faccio finta di allentare un paio di bulloni a caso quando vengo distratto dal rumore di un'auto che si ferma nel vialetto di casa delle mie vicine. Mi viene subito in mente che stanno aspettando la loro nuova coinquilina, una ragazza italiana – credo abbiano detto italiana – che verrà a studiare a Orlando per un anno, ma non ricordo cosa.

Mio fratello Mark, che quando ci si mette è più pettegolo di una squadra di cheerleader quindicenni al raduno annuale delle ragazze pompon, con la scusa che odia essere colto impreparato, ha ritenuto fosse opportuno cercarla sui vari social «per farsi un'idea» e il suo responso è stato: «è una gran bella figa!». Ricordo di aver alzato gli occhi al cielo ed essermi rifugiato nella stanza libera di casa nostra che usiamo per le prove del gruppo, troppo euforico all'idea di trovare finalmente l'accordo giusto per una nuova canzone che sto scrivendo insieme a Ryan per preoccuparmi di verificare se, una volta tanto, aveva ragione. Ultimamente è meno selettivo e vede belle ragazze arrapanti ovunque.

Mi giro appena, osservo un uomo di mezza età scendere dal taxi e poi, con la coda dell'occhio la intravedo. Ha dei lunghi capelli biondi e due gambe slanciate. Il suo profilo rivela un nasino delicato e due labbra piene che tiene all'infuori. Fissa la porta di casa davanti a sé mentre quel signore aiuta l'autista a tirare giù le valigie. Sospira così forte che la sento a dieci metri di distanza, il suo bellissimo seno si alza e si abbassa in un secondo e io rimango imbambolato a fissarla. Definirla una "figa" non le rende giustizia, lei è... molto di più!

È mentre sto pensando che devo essermi rincoglionito del tutto a pensare una cosa del genere che mi cade di mano la chiave inglese e si schianta sul mio piede scalzo facendomi balzare all'indietro dal dolore. Emetto uno strillo acuto degno di una femminuccia e il suo sguardo saetta su di me; li sento addosso i suoi occhi, ma non ho il coraggio di girarmi. Mi tengo le dita del piede fra le mani e impreco sottovoce, a questo punto più per la figura da scemo che non per il dolore.

E poi mi giro del tutto verso di lei, un secondo, un brevissimo secondo che mi fa mancare il fiato e mi scombussola dalla testa ai piedi: i nostri sguardi si incrociano e il mio cuore perde un battito. Per la prima volta, dopo tanto tempo, il mio cuore fa una capriola e mi si ferma il respiro in gola.

Perfetta.

Ecco l'unico aggettivo giusto per descriverla.

Le mie vicine di casa spalancano la porta e, per fortuna, attirano la sua attenzione. Così me ne rimango lì impalato a fissarla, con il piede dolorante ancora stretto fra le mani, il respiro corto e la consapevolezza che lei, fra tutte, sarà quella che riuscirà a distruggere tutti i miei muri, spazzandoli via con la forza di un uragano, senza nemmeno sforzarsi più di tanto.

***

Mark non fa altro che entrare e uscire dalla mia camera da letto per chiedermi se sono pronto, finché, ormai esasperato, lo oltrepasso e mi dirigo in cucina.

«Se hai così tanta fretta di andare a conoscerla, vai e basta! Perché diavolo dobbiamo andare insieme?», domando per la terza volta intanto che mi verso del succo di frutta nel bicchiere – l'unica cosa commestibile che abbiamo in casa.

«Lo sai che ho bisogno di te per fare il mio ingresso trionfale!».

«Cioè?», domando curioso, ma non credo di voler sapere quale cretinata uscirà stavolta dalla sua bocca.

«Entri tu, tutto scontroso e intrattabile; poi entro io, bello, affascinante, sorridente e cadrà ai mie piedi come una pera cotta in meno di due secondi. È così evidente che fra i due non c'è partita».

Lo guardo senza proferire parola, perché, una volta tanto, non ho nemmeno un insulto decente da sbraitargli addosso. Il suo discorso... è da veri deficienti!

«Io...», comincio a dire ma niente, mi ha lasciato così perplesso che ci metto un minuto abbondante per farmi uscire qualcosa dalla bocca. «Io credo che tu sia proprio un idiota. Perché, ti giuro, non c'è altra spiegazione per giustificare le cazzate che dici! Andiamo e basta», rimetto il succo d'arancia nel frigorifero e tracanno il liquido arancione in un unico sorso.

Speravo di dover rimandare il momento in cui me la sarei trovata davanti. Non c'è un vero motivo, a parte il fatto che mi è bastato incrociare il suo sguardo per avere un mancamento.

Mark si passa per la millesima volta le dita fra i capelli e io scuoto la testa. «Vuoi che ti presti il mio cappello così la smetti di allisciarti il ciuffo neanche fossi una fighetta?».

«Naaa, è bene che mi veda in tutto il mio splendore non appena varcherò la soglia. Tu, piuttosto, infilati la maglietta. Non ti vorrai mica presentare a petto nudo?».

«Che c'è, paura di un po' di competizione?», lo sfotto io, seguendolo oltre il giardino, ormai a pochi metri dalla porta che da sul patio delle ragazze.

«Ma ti prego, le italiane sono il mio forte», si gira verso di me e alza entrambe le sopracciglia. Poi mi guarda il petto nudo con una smorfia e decido che non mi infilerò la maglia, non ancora. Mark sarà anche un latin lover incallito che stende le donne a suon di sguardi languidi e frasi fatte, ma, al diavolo, io sono più grosso di lui e questa cosa proprio non gli va giù.

Mi pento della mia decisione non appena quel pagliaccio spalanca la porta a vetri. La biondina si gira di scatto verso di noi, presa alla sprovvista, e da vicino è ridicolamente bella. Ha due grandi occhi scintillanti e un viso di porcellana. Mi schiaccio la visiera del cappellino sulla fronte e cerco di regolarizzare il respiro. Sposto lo sguardo su Jess pur di non guardare nella sua direzione e sento mio fratello farfugliare qualcosa alla nuova arrivata. Il suo nome, credo, perché lei, con un filo di voce e un accento che me lo fa venire duro, risponde «Ciao. Piacere, Caterina».

«Scriverò una canzone su di te, Ca-te-ri-na». Mio fratello scandisce le sillabe del suo nome una a una con un tono di voce così melenso che mi fa saltare i nervi.

Proprio non mi trattengo. «Che coglione che sei», dico a bassa voce, ma sono certo che mi abbiano sentiti entrambi perché lo sguardo della bella bionda davanti a me si sposta dal viso di mio fratello e si ferma sul mio.

Istintivamente mi levo il cappello e mi aggiusto i capelli, dimenticandomi completamente che io, a differenza di Mark, non sono una fighetta e che non ho nessuna intenzione di provarci con questa ragazza.

Mi sento troppo nudo sotto il suo sguardo, così tiro fuori la maglia nera che ho incastrato nella tasca posteriore dei jeans e me la infilo. I suoi occhi incandescenti ancora su di me.

E poi commetto lo stesso errore di un'ora prima: incrocio i suoi occhi immensi e quasi mi cade la mascella a terra.

Sì, è dannatamente bella.

E sì, ho tutte le intenzioni del mondo di provarci con lei.

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⏰ Last updated: Jun 23, 2017 ⏰

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