1. Il cappello parlante

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Terrore ed emozione occupavano in egual misura il cuore di Harper in quel momento. A quindici anni si era ritrovata a dover ricominciare tutto daccapo, a chilometri da casa e in una nuova scuola. Hogwarts era esattamente come l'aveva immaginata: riconobbe subito le torrette e i tetti conici, il cortile, il grande portone d'ingresso, la scalinata di marmo ed ora quella cupa stanza in cui l'avevano rinchiusa insieme a tutti i ragazzini del primo anno. Avrebbe dovuto sottoporsi alla cerimonia dello smistamento, ed essere assegnata ad una casa. Era agitata, tutti avrebbero certamente notato che era molto più grande degli altri. Tutti gli occhi sarebbero stati puntati su di lei. Nella vecchia scuola la selezione avveniva in modo molto semplice: si doveva stare solamente fermi al centro del grosso simbolo del pavimento della sala delle cerimonie finché una delle case ti reclamava, ma qui era tutto diverso. Cercò di non pensarci.

Ad un tratto la strega dall'aria severa che poco prima li aveva stipati lì dentro riapparve da dietro una porta.

«Bene. La cerimonia dello smistamento avverrà tra pochi istanti. Verrete chiamati per nome e assegnati ad una delle case. Sono quattro: Grifondoro, Corvonero, Tassorosso e Serpeverde. Scelta la casa vi accomoderete al vostro tavolo di appartenenza. Tutto chiaro?»

Ci fu un generale mormorio di assenso.

«Seguitemi.» disse con aria tesa.

L'ingresso nella Sala Grande lasciò Harper senza fiato: quattro lunghi tavoli in cui erano seduti gli studenti riempivano la maggior parte dello spazio, e perpendicolarmente ad essi il tavolo dei professori; il soffitto sembrava una coperta di velluto scuro trapuntata di stelle e, sospese a mezz'aria, centinaia di candele accese rendevano l'atmosfera decisamente fiabesca. Era tutto come le aveva raccontato sua zia. Si fermarono proprio davanti al tavolo dei professori, davanti al quale si trovava uno sgabello di legno a quattro gambe con sopra un cappello logoro e pieno di toppe.

La professoressa McGranitt srotolò la pergamena che aveva in mano e cominciò a chiamare gli studenti uno per uno.

«Harper Geek» la chiamò finalmente quando fu il suo turno. Il cuore della giovane sembrò fermarsi, esitò un istante, prima di incamminarsi verso il cappello parlante. Stava torturando nervosamente una ciocca dei capelli color cioccolato, senza riuscire a smettere. Non appena emerse dalla folla un brusio si levò dai tavoli degli studenti e si fece sempre più forte. Harper si sedette sullo sgabello, ma la professoressa non le calò il cappello sulla testa come aveva fatto con gli altri, in attesa che il vociare cessasse.

«Silenzio!» tuonò la professoressa. Ma quel tono perentorio non ebbe il solito effetto.

L'uomo seduto al centro della tavolata dei professori si alzò in piedi, facendo leva sul tavolo con le mani. La barba era argentata e gli arrivava fino al petto e gli occhi chiari brillavano da dietro gli occhiali a mezzaluna.

«Buonasera giovani studenti. Credo sia bene spiegarvi la situazione, per evitare che la signorina Geek qui sia costretta a restare su quello sgabello per sempre.» sorrise, poi continuò «Non accade spesso, quindi capisco il vostro stupore, ma sappiate che la signorina si è trasferita da un'altra scuola. Inizierà il quinto anno a breve, tuttavia, come ben sapete, prima dovrà essere assegnata ad una casa. Per questo è qui oggi. Ora, senza ulteriori indugi direi di procedere...» disse facendo un cenno alla professoressa.

Durante quel breve discorso del preside il silenzio era sceso nella grande sala e tutti gli occhi non facevano che oscillare dal professor Silente a lei. Harper avrebbe voluto sprofondare nel pavimento. Tutti la guardavano e la indicavano. Ma lei notò soprattutto un ragazzo che non faceva che sporgersi da quello che poi scoprì essere il tavolo dei Grifondoro. Si era messo in ginocchio sulla panca di legno per sovrastare le altre teste e la fissava. Sembrava non prestare la minima attenzione alle parole del Preside, ma solo a lei.

Harper incrociò quei penetranti occhi grigi e sentì il suo volto avvampare inspiegabilmente.

Quando la spiegazione di Silente finì, il buio del cappello finalmente coprì i suoi occhi, nascondendola a quell'imbarazzo. Lo strappo sul cappello si aprì di nuovo a mo' di bocca.

«Bene... sembra che tu non veda l'ora di prendere posto e sottrarti a tutta questa attenzione. Sarà fatto. Sei leale e coraggiosa e devo dire che nascondi in te un lato ribelle. Tuttavia, so esattamente dove collocarti.»

Poi urlò «Corvonero!» dal tavolo dei corvi si levò uno scrosciante applauso e anche qualche urlo di approvazione. Harper si affrettò a sedersi senza tante storie e trovò posto vicino ad una ragazza dai cappelli color oro che le fece cenno.

«Ciao» cominciò allegra lei «Io sono Violet Smith. Diventeremo grandi amiche, ne sono sicura.» la ragazza era molto bella, i suoi occhi erano verdi e il nasino all'insù rendeva molto delicati i suoi tratti.

In quel momento un ragazzo alto e moro si sporse verso Harper e disse con fare ammiccante «Io sono Ernie, tu sei americana, vero?»

«Dacci un taglio Ern.» lo zittì Violet. Poi la ragazza si rivolse alla sua nuova amica e continuò a parlare come fosse un fiume in piena «Visto, ti ho già salvata dalle grinfie di Ern. Mi ringrazierai un giorno. E ho detto a tutti di non riempirti di domande, sarai già abbastanza a disagio per conto tuo»

Harper provava già simpatia per quella giovane, probabilmente sarebbero diventate davvero amiche. Provò a presentarsi «Piacere, io sono Harp...»

«Harper sì, lo so.» la interruppe lei «Sembri simpatica. E sei anche molto bella, i ragazzi stanno sbavando da quando sei entrata. Carne fresca!»

«Carne fresca?» chiese lei confusa.

«Oh, sì. Nuova preda per i maschi alfa di Hogwarts» rise lei.

«Oh. Veramente io...» tentò Harper, ma fu interrotta di nuovo.

«Sembra che tu abbia attirato anche la sua attenzione» disse Violet indicando il ragazzo Grifondoro dagli occhi grigi. «È il più carino della scuola. Basta un suo sorriso e le ragazze cadono ai suoi piedi. Devo avvertirti, però: è una canaglia, uno sciupafemmine che non si preoccupa gran che di farsi sentire, o di fare il fidanzatino. E si caccia sempre nei guai, lui e quei suoi amici...» disse lei con falsa aria di rimprovero, mal celando la sua approvazione.

Harper guardò per un istante verso di lui e lo trovò seduto a gambe larghe dal lato sbagliato della panca, con i gomiti appoggiati sul tavolo. I capelli neri erano portati lunghi fin quasi alle spalle e il volto sfoggiò il suo sorriso più accattivante non appena lo sguardo di lei vi cadde sopra. Harper distolse immediatamente lo sguardo, ma senza accorgersene chiese a Violet «Quel è il suo nome?»

«Sirius, Sirius Black» poi la ragazza avvicinò il volto a quello della nuova arrivata e punzecchiandola con il gomito disse «Ti piace ehh... nessuna resiste, ahimè!» e si porto le mani sul cuore simulando l'espressione delle fanciulle innamorate.

«No. Che dici! Io ho un ragazzo.» rispose in tono perentorio lei.

«È in America, ragazza, non conta.»

«No è proprio qui.»

«Come? Di già?»

«Sì, ci siamo conosciuti all'inizio dell'estate.»

«E chi è?» chiese divorata dalla curiosità Violet.

«Adam Goodlaw, Tassorosso.»

«Per la barba di Merlino! Complimenti ragazza, tu sì che hai gusto.»

In quel momento Harper scorse Adam tra gli studenti della sua casa, i loro sguardi si incrociarono e l'ansia provata dalla ragazza volò via in un battibaleno. Lui la salutò alzando la mano e le fece un occhiolino. Era davvero bello: alto e con le spalle ampie, gli occhi verdi e i capelli castani tagliati corti. Lo guadò e si sentì al sicuro e ricambiò il suo saluto con un apio sorriso.

Qualcuno aveva osservato la scena con aria di disappunto sul volto. Il giovane Sirius si voltò verso il suo piatto ancora vuoto e cominciò a servirsi in silenzio.

Missing moment  °°[Sirius Black]°°Where stories live. Discover now