Prologo: Mai ascoltare le voci nei propri sogni

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«Chi è? Chi sta parlando?»

«Questo non ha nessuna importanza. La cosa che conta è che dovete andare».

«Andare? E dove? Se pensi che obbedirò a qualcuno che non ha neanche il coraggio di farsi vedere ti sbagli. Ho di meglio da fare che andare dovunque tu voglia mandarmi. Dormire, ad esempio».

«Quello che voi pensate non ha alcun valore: un messaggero verrà a prendervi. Fate buon viaggio!»

«Col cavolo!», urlai svegliandomi nel mio letto nel cuore della notte, la fronte imperlata di sudore. «Tsk, era solo uno stupido incubo...dopo tutto questo tempo mi sorprende che io riesca ancora a immaginare qualcosa. Oh beh, era comunque solo frutto della mia fantasia, quindi non dovrò preoccuparmene», aggiunsi poi assumendo un tono più sereno. Mentre pensavo a voce alta mi alzai dal mio comodo giaciglio -una brandina di ferro arrangiata in un lurido e oscuro monolocale- e mi diressi verso il lavandino per prendere un po' d'acqua. Non potei fare a meno di notare le gocce di liquido che stillavano dal rubinetto malridotto e arrugginito; sospirai.

«Quell'idiota di Brad non lo ha ancora riparato: sono settimane che quest'affare perde. Ma cosa è saltato in mente al giudice quando ha deciso di mandarmi a vivere con mio padre? E ancora peggio a quel genio dell'assistente sociale che ha visto questo scempio e ha confermato che poteva andare bene...no, non va affatto bene, invece. Stupida società».

Ad ogni modo aprii il rubinetto mezzo rotto -benché non fosse per nulla in buone condizioni, almeno l'acqua scorreva- e mi riempii un bicchiere, scolando poi velocemente il contenuto. Nel tornare a letto mi capitò di lanciare una fugace occhiata verso lo specchio, e quello che vidi fu questo: una ragazza più morta che viva; due profonde occhiaie solcavano il viso pallido, contornato da un groviglio di riccioli spettinati color paglia: sarebbero sembrati benissimo il nido di una rondine, se fossero stati corti; ma invece non lo erano: da anni non vedevo un parrucchiere. Mi soffermai poi sul mio fisico, e a quel punto non sapevo dire se fosse peggio quello o la mia orribile faccia da zombie. Non ero né alta, né bassa, ma certamente ero troppo magra e i miei muscoli completamente flosci, complici la denutrizione e la mancanza di esercizio fisico; soffrivo anche di ipertiroidismo, giusto per completare il quadro. Non avevo forme: a sedici anni suonati si vedeva a malapena un accenno di rigonfiamento sul mio petto, tanto che non avevo neanche bisogno di portare un reggiseno, e i fianchi erano dritti come una parete da arrampicata. Scossi la testa e con indifferenza tornai verso la brandina, stendendomi di nuovo sopra le lenzuola; era estate, quindi non c'era bisogno di infilarsi sotto le coperte. Non che ci fossero delle vere coperte in effetti: erano delle vecchie tende trovate in un cassonetto che avevo recuperato e lavato. Nonostante quello pseudo-letto fosse scomodissimo, ero così stanca che non ci misi tantissimo a dimenticarmi dello squallore in mezzo al quale vivevo ed addormentarmi.

«...quanti sono, con oggi?»

«Non saprei...probabilmente tre o quattromila anni».

«Forse avresti dovuto pensarci bene, prima di combinare questo disastro. E dire che sei così arguto e intelligente».

«Lo sai che quello che ho fatto andava fatto, donna. Era per il bene dell'Universo».

La figura femminile sospira rassegnata.

«Ogni volta che fai qualcosa, la giustifichi così. Ma per una volta, invece di fare il bene dell'Universo, avresti potuto fare quello dei tuoi figli, lo sai?»

«E tu lo sai meglio di me che non sarebbe mai stato possibile, vero? È da quando sono nato che le norne hanno deciso per me questo destino».

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⏰ Last updated: Mar 18, 2018 ⏰

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Verðmæti nìu heima: Il valore dei nove mondi (versione estesa)Where stories live. Discover now