Il dolore infranto. Una storia sadica

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C'è del sadismo in quello che sto per dirvi, in tutto questo, sì lo ammetto e non nego che provo un certo gusto e interesse nel raccontarvelo. Chiamatemi come vi pare, masochista, forse lo sono, narcisista, o addirittura "edonista" ( il cui significato adesso mi sfugge), o "folle predicatore", mente delirante, ma tutti i nomignoli che sceglierete, assegnateli con cura e attenzione. C'è del sadismo in questa storia, sì, ma c'è anche amore, affetto, ma vi dirò tutto alla fine di questa incredibile avventura, di cui anche io ero all'oscuro.

Il dolore era lancinante, acuto. Partiva dalle sue terminazioni nervose, per poi prendere il controllo della sua debole mente. Lo sentiva penetrare, come un colpo netto di frusta, nella sua pelle, ed entrare in circolo nel suo sangue. Lo sentiva, lo "ascoltava".

Poi il dolore cambiò. Da acuto e insopportabile divenne più leggero e tenue. Il mutamento in lei si verificò proprio quando il suo primo gemito divenne quasi un urlo straziato e impotente davanti agli occhi sorpresi del marito, squarciando così il silenzio della notte e facendo rabbrividire tutti i presenti in quella stanza, che assistevano al parto.

Le varie facce allibite e spaventate furono messe alla prova da un secondo gemito, questa volta più lungo e straziato.

Dopo di che nella stanza calò il silenzio. Gli orologi si interruppero e smisero di scandire il tempo. Le lancette si bloccarono, nell'ora precisa in cui si erano fermate. Persino il vento non soffiava più e tra le tende regnava una calma piatta. Nemmeno un leggero o impercettibile movimento increspava le tende, nulla.

Si udiva solamente il lamento agonizzante della povera donna, sdraiata sul letto, con la bianca veste da notte, somigliante a un panno raggrinzito e vecchio, immerso nel sangue, che formava una chiazza rossa che appariva quasi nera e opaca, di consistenza quasi solida, sotto la luce pallida della stanza. Si stendeva sul letto come una macchia di qualche strana sostanza nerastra, simile a petrolio, o catrame. Lentamente si muoveva, raggiungendo quasi la testiera del letto e sporcando lievemente la punta delle dita del marito, poggiate su di esso.

La stanza era buia. Solo una debole luce, molto opaca e soffusa, illuminava l'intero spazio circostante.

I lamenti, ora più deboli e quasi spenti, continuavano, ma bastò il tocco della mano dal marito per calmarla e rilassarla. Tuttavia, il dolore era sempre acuto e penetrante e non bastava l'amore, o la devozione, del marito per distenderla e distrarla. La calma durò qualche minuto, giusto il tempo per riprendere fiato e caricare i polmoni di ossigeno e poi l'irrequietezza del momento si scatenò nuovamente.

Cominciò a dimenarsi, scalciando in preda alle convulsioni come se dovesse cacciare oggetti invisibili davanti a lei, allarmando perfino i presenti e inducendoli ad uscire dalla stanza.

Coraggioso tra tanti, solo il marito decise di restare, affrontando la paura e il terrore che la moglie potesse non farcela in quella notte.

Il suo principale timore, in quell'ora infelice, era di non sentire più il battito del cuore dell'amata. E così, quando lei si accasciò sul guanciale, guardando in direzione della finestra e del vento assente con occhi sbarrati, stremata dalla fatica, il marito s'appoggiò al suo petto, nella speranza di sentire il meraviglioso suono che lo aveva accompagnato in tutti quegli anni di felice matrimonio.

Dopo diversi anni, la giovane famiglia ebbe l'esigenza di avere un figlio e fu una decisione che presero entrambi, per colmare un po' il vuoto che si era creato tra loro. E poi per assecondare il desiderio di lei a diventare madre. Negli anni aveva sviluppato un forte senso materno, anche in assenza di prole, che doveva però reprimere a causa dell'impossibilità di lui ad avere figli.

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⏰ Last updated: Apr 05, 2018 ⏰

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