Ultimo Accordo

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«E così alla fine sei arrivato…»

Scrivo all’ombra di una quercia, seduto sopra una roccia che sembra sia stata scolpita apposta per me: l’ultimo trono di tante conquiste, lo scranno su cui troverò la morte dalla quale, da tempo immemore, sfuggo con spavalderia. 

«Avevi dubbi? Ti ho lasciato fuggire per troppo tempo, ho assecondato i tuoi piaceri, i tuoi intrighi, le tue vili gesta ma ora è giunto il momento di reclamare ciò che è mio di diritto». La sua voce è piacevole, non è né femminile né maschile. Non sollevo lo sguardo per ammirarlo, pur sapendo che vedrei comunque una rappresentazione della mia fantasia. A capo chino assaporo ogni singola parola e continuo a scrivere. 

«Dimmi, cosa te ne fai di uno come me? Quale sarebbe la tua conquista? Tra quelle dita adunche e trasparenti ti ritroveresti un’anima nera e impura, un virus che se lasciato libero di errare continuerebbe la sua folle crociata contro chi se lo merita»

«Di te mi è sempre piaciuta una cosa, devo ammetterlo e sono sicuro che vorrai sentirtelo dire, non è vero caro angelo?»

«Certamente. Come ben sai, i complimenti come gli insulti sono un nettare che difficilmente mi lascio scappare». Chiudo il quaderno, oramai l’attenzione su ciò che da qualche ora ho iniziato a scrivere è svanita per una nuova storia. 

«La tua presunzione nel credere di essere l’unico a poter dire cosa è sbagliato e cosa no. Chi sei tu, se non un insulso battito nell’eterno creato di Vita e Morte?»

«Ognuno sceglie come vivere e io ho scelto. In tanti danno la colpa all’educazione impartitagli dall’infanzia ma per me sono un’accozzaglia di cazzate…». Sorride, un suono che aprirebbe il cuore del più temerario tra i guerrieri. «Cosa ti fa ridere? Non apprezzi un linguaggio degli uomini?», azzardo.

«Tutt’altro. Di solito sento implorare, piangere… c’è che maledice il mio nome, come se lo conoscessero… c’è che mi viene incontro a braccia aperte e ti assicuro che è una cosa che m’infastidisce in una maniera inenarrabile. Quindi non preoccuparti, sentiti libero di utilizzare i vocaboli che più ti aggradano ma ti avverto e lo ribadisco: questa è l’ultima volta che vedrai il Sole sorgere, quindi concludi in fretta o sarò io a dettare legge». Perentorio come dovrebbe essere, sicuro come le rivoluzioni planetarie. In un certo qual modo penso di essermi innamorato della sua presenza dal primo momento in cui ho disubbidito al suo unico ordine, morire. 

«Non hai risposto alla mia domanda, te ne sei accorto?»

«Pensi che ciò che sono mi permetta di non accorgermi di qualcosa? In realtà stai sprecando gli ultimi istanti di vita per recriminare sulla mia scelta, per giocare con le parole e continuare a bearti della tua insulsa fame di giustizia. Tempo addietro mi dicesti che volevi punire il genere umano, coloro che in passato hanno offeso gratuitamente la tua persona, la tua e sola. Sei sempre stato un ragazzo solo quindi il tuo egoismo ha arricchito di molto il mio interesse nei tuoi riguardi. Dimmi, dopo le tue innumerevoli… vendette, come ti sei sentito?»

«Vuoto». Non ho ragionato un secondo per rispondergli. La parola giaceva a lungo sulla punta della mia lingua. 

«Sei sempre più buffo, se non avessi altri impegni prenderei posto vicino a te per osservare le sfumature del crepuscolo ma, se vogliamo dirlo a modo tuo, inizio a non sopportarti più»

«Lo prendo come un complimento, continui a lusingarmi. Perché non lo fai? Non fuggirò. Ti prometto che questa volta sarò tuo ma resta qui con me. Ti faccio posto, guardiamo assieme l’orizzonte come due innamorati…», vezzeggio spostando il corpo per fargli spazio. Di nuovo quella risata con una sfumatura in più. Finalmente mi decido e alzo lo sguardo. La supremazia della bellezza, una creatura eterea dalle fattezze umane. Il sesso che cambia al ritmo dei miei pensieri, i tratti che si assottigliano definendo il mio standard di bellezza. Il colore degli occhi, il turgore delle labbra, la lucentezza dei suoi capelli. Mi guarda, paziente e decido di assegnarli un sesso. Lei è impenetrabile alle emozioni della sua carne e forse non è abituata ad essere immaginata così. Di solito è un’icona maschile, possente, con un paio d’ali venose e una virilità che turberebbe il più incallito tra i ruba cuori femminili. Batto la mano sulla pietra e le chiedo di sedersi. Mi studia attentamente, come se si aspettasse che aprissi un varco da un momento all’altro per fuggire in un’altra destinazione troppo lontana per perdere tempo a cercarmi. Indossa una veste nera, il fruscio mentre prende posto è come vento di campo. Non ha nessun profumo perché racchiude in sé ogni fragranza del creato. 

Ultimo AccordoWhere stories live. Discover now