Capitolo Uno

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«Gli ultimi treni partiranno fra quattro minuti».

Ero in attesa dell'arrivo imminente del treno che mi avrebbe riportata a casa.
Non c'erano altre persone in stazione e probabilmente ero l'unica a dover salire sull'ultimo delle due di notte.
Quando si fermò al binario salii prendendo posto accanto al finestrino.
Il treno si mise in moto e nello stesso istante annunciarono le prossime fermate.
Ero comoda nel mio sedile, così tirai fuori dalla borsa l'mp3 e le cuffiette in modo che il tempo mi passasse più veloce.
Tutto un tratto le luci del treno si spensero lasciandomi al buio, ma probabilmente non era neanche la prima volta che succedeva. Seriamente pensavano di farmi viaggiare senza luce?
Cielo, a volte cercavano di risparmiare proprio su tutto.
Per fortuna entrava un po' di luce dal finestrino.

Dopo una manciata di minuti il treno si arrestò, ma non eravamo ancora arrivati alla mia fermata dal momento che mancavano altre due stazioni.
Rivolsi la mia attenzione alla persona che era salita sul mio stesso vagone e che aveva occupato il posto davanti al mio.
A causa del buio non mi era stato possibile riconoscere se si trattasse di un uomo o di una donna, o quantomeno se avesse un volto familiare.
Quando il treno ripartì tolsi le cuffie e fingendomi interessata a ciò che c'era fuori dal finestrino cercai invece di capire chi fosse scorgendo il suo riflesso sul vetro e mi venne qualche sospetto.
Nell'era digitale di internet anche persone normali come me diventavano facili prede di scherzi orribili perpetrati da qualche troll, ma non lo ritenevo questo il caso.
Ero stanca e i miei pensieri non era più attendibili, perché dovevo continuare a biasimarlo?
Magari era solo una persona stanca come me tornata dal lavoro.
Tutto quello che volevo in quel momento era rilassarmi e ascoltare la mia musica, invece di pensare di essere seduta affianco a chissà quale mostro psicopatico.
Solo che non riuscivo a rilassarmi. Qualcosa continuava a farmi sentire eccessivamente a disagio... come una strana sensazione...
Riaprì gli occhi e mi guardai nelle circostanze notando che lo strano passeggero era seduto più vicino a me.
Visto che si trovava a poca distanza constatai che si trattava di un ragazzo. Mi scansai per allontanarmi sudando freddo mentre il cuore mi batteva all'impazzata sapendo che c'era qualcosa che non andava in quella situazione.

- Calmati... - tentai di rassicurarmi da sola.
Diressi lo sguardo verso il posto che prima era occupato dallo sconosciuto e strabuzzai gli occhi notando che in quel momento si trovava seduto proprio dietro di me.

«Campagna di Nolo».

La voce elettronica annunciò la mia fermata e afferrai l'occasione per sgusciare via e uscire dal treno a tutta birra.
Quando ero abbastanza lontana raccolsi coraggio di guadarmi indietro e notai che lo sconosciuto se ne stava seduto al suo posto senza degnarmi di uno sguardo o di un cenno.
Scossi la testa per la sorpresa pensando che la mia mente mi avesse giocato qualche brutto scherzo, ma mi sembrava fin troppo reale quello che era successo per essere stata soltanto la mia immaginazione.
Per quale motivo si era spostato vicino a me?
Di sicuro doveva trattarsi di qualche psicopatico.
Camminai velocemente per la strada, ma la stanchezza era troppa e finì per fare una breve sosta sedendomi sul marciapiede.

Udii dei passi.

Dopo quella bizzarra avventura sul treno tutto mi sembrava più lugubre e spaventoso.
Mi alzai rapidamente camminando in direzione dell'appartamento dove abitavo e finalmente, grazie al cielo, in quell'istante i passi scomparvero.
Salii fino al terzo piano cercando la chiave del mio appartamento dentro la borsa, ma non la trovai.
Udii di nuovo un rumore di passi sopraggiungere alle mie spalle e il cuore riprese a battere per il panico ripensando a quello sconosciuto sul treno.
Continuai a frugare nella borsa finché un clangore metallico mi infuse l'ultima speranza e nello stesso istante una mano si posò sulla mia spalla destra.

«VATTENE VIA!».

Gridai.

«Buon Dio, voi giovani siete così sensibili».

Scossi la testa.
Era soltanto la mia vecchia vicina della porta accanto.

«Le domando scusa signora Elizabeth».

Ridacchiai nervosamente.

«Non preoccuparti cara, non sarai mica sonnambula anche tu, no?».

«No, no... ero da mia madre. Sono andata all'ospedale a trovarla, ma l'infermiera mi ha cacciata via come era scritto nel regolamento».

«Ah, mi dispiace cara. Buonanotte Anna».

«Buonanotte. Per caso potrei venire a farle visita domani?».

Detto questo arrivai davanti alla mia porta e controllai che non fosse aperta.
Non avevo più intenzione di rivedere quello sconosciuto del treno.

Nick Vanill [Ita]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora