Prologo

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Le catene le dolevano ai polsi, mentre avanzava lenta verso il patibolo.

La testa alta, le spalle dritte, Isabelle Sanderaux si rifiutava di lasciarsi prendere dallo sconforto e dal terrore, nonostante la sua fine fosse vicina; osservò la folla che si era radunata per vedere la strega morire, facendo spaziare lo sguardo fin quando incontrò il palchetto su cui erano ospitati il vescovo Gregorio Rinaldi e il suo aiutante, un inglese impacciato e pauroso di nome Simon West.

Le labbra di Isabelle si strinsero in una smorfia contratta, pensando che era proprio per causa di quel sempliciotto inglese che ora lei marciava verso il rogo.

Lei, Isabelle Sanderaux.

Lei che era stata la strega più potente, veniva arsa come una fattucchiera da quattro soldi.

Lei che era stata la più amata, la più invidiata e la più bella della più grande corte d’Europa.

Socchiuse gli occhi, continuando la sua marcia e cercando di non pensare più ad un passato che non sarebbe tornato. Non avrebbe più indossato sete preziose e gioielli magnifici, non avrebbe più pettinato i propri capelli scuri in elaborate acconciature o profumato il corpo.

Il suo ultimo abito sarebbe stato la camiciola lisa e sudicia che aveva indossato negli ultimi giorni, la sua pelle pallida – un vanto quando era stata a corte – coperta di ecchimosi e incrostazioni di sangue, i lunghi capelli neri erano diventati un groviglio puzzolente.

L’unica cosa che rimaneva della sé stessa di un tempo erano gli occhi azzurri, talmente chiari da sembrare bianchi.

Il soldato che impugnava le sue catene la strattonò e Isabelle cadde a terra, ferendosi le mani e le ginocchia con la terra; tenendo il capo chino sentiva la folla infuriare sopra di lei: voleva piangere ma non poteva.

Il dolore e la rabbia le strinsero il cuore: voleva vederli tutti morti, partendo da Simon West fino ad arrivare all’ultimo essere zotico che era in piazza quel giorno per assistere alla sua morte.

Tutti morti.

E poteva farlo, si disse.

Bastava concentrare il potere e rilasciarlo quando sarebbe stata circondata dal fuoco.

Poteva farlo..., pensò, rialzandosi e puntando lo sguardo chiaro sul palchetto: li avrebbe portati con sé nella morte.

La guardia la fece rialzare bruscamente e la portò davanti alla catasta di legna: «Ben arrivata» la salutò gongolante il boia, prendendo la catena dalle mani della guardia e issandola malamente, fino a portarla al palo al quale venne legata.

Isabelle non fece una piega, lasciandosi incatenare e mantenendo lo sguardo su Gregorio e sul suo aiutante, vide Simon West scuotere il capo, come se un insetto gli stesse dando noia e poi piegarsi verso il vescovo Rinaldi e bisbigliargli qualcosa nell’orecchio.

Il boia strinse la catena intorno ai polsi di Isabelle e un suono inarticolato uscì dalle labbra della giovane donna; poi con un sorrisetto in volto l’uomo scese dalla cascina e afferrò una torcia passatagli da un soldato e la piegò contro la legna più vicina.

Isabelle abbassò lo sguardo, osservando le fiamme prendere vita e bruciare velocemente i fustelli di legna secca; raccolse il potere dentro di lei, pronta a scatenare l’inferno su quella piazza, e alzò lo sguardo verso il palco, rimanendo intontita quando vide il vescovo alzarsi e seguire Simon West verso un carretto non molto lontano.

Le fiamme le lambirono le punte delle dita dei piedi e l’odore di bruciato le arrivò insieme alle prime vampate di dolore: il fuoco la bruciava, la mangiava viva e lei urlava dal dolore, osservando Rinaldi e West andarsene.

Urlò per la sconfitta.

Urlò per il dolore, mentre il piccolo carretto scompariva per una via, lontano dalla sua ira.

«Mi vendicherò West!» tuonò, mentre la camiciola prendeva fuoco, le fiamme le lambivano il ventre piatto e le lunghe gambe pallide: «Non ci sarà pace per la tua progenie! Maledetto! E io tornerò e vi distruggerò tutti!»

La folla urlò quando la strega venne completamente avvolta dalle fiamme e mentre la maledizione si perdeva nell’aria, assieme al fumo del rogo; Simon West si voltò indietro, osservando la nuvola di fumo nero alzarsi verso il cielo: «Qualcosa non va, Simone?» gli chiese il vescovo, utilizzando la forma italiana del suo nome.

Simon si voltò, scuotendo nuovamente la testa: «No, va tutto bene, eminenza» mormorò, girandosi nuovamente e passandosi una mano sulla nuca. Isabelle Sanderaux era morta, ne era certo, eppure continuava a sentire l’alito della sua magia sul collo.

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