Prologo

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"Ehi Bellweather! La cena!".
La guardia le spinse con noncuranza un vassoio di metallo attraverso la fessura che tre volte al giorno si apriva per i pasti. La pecora guardò il vassoio: una ciotola colma di una poltiglia marrone, una pagnotta dura come il marmo e un bicchiere d'acqua.
"Cos'è questo?", domandò.
"Minestrone col pane".
"Non merito questa robaccia. Pretendo cibo più fresco".
"E poi? Sauna? Idromassaggio? Aragosta con caviale? Questo è un carcere, non un albergo".
"Io sono il sindaco di Zootropolis! Non merito questo trattamento!".
"Ehi ragazzina" l'agente, un orso polare, battè violentemente il vetro antiproiettile della cella col palmo della mano "vedi di calmarti. Tu sei soltanto una squilibrata razzista. Sei fortunata a non esserti beccata la pena capitale".
"Quando uscirò ti farò pentire di essere nato!".
"Se se. Una volta che sarai riuscita a scavare sotto quattro metri di cemento armato chiamami".
Se ne andò, lasciando Dawn da sola. La prigioniera si specchiò sul vetro, contemplando le occhiaie, conseguenza di giorni e giorni senza sonno.
Porta pazienza Dawn. Tra esattamente sette minuti sarai libera, pensò.
Ghignò, ed attese.


Angolo Autore:

Ecco a voi il prologo, breve lo so, ma vedrete vedrete...
Spero vi piaccia questa storia.

Il terzo e ultimo casoWhere stories live. Discover now