Quanto mi dai oggi?

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O fiore, guarda come cammini lenta lenta per le strade, con i capelli sciolti che ti solleticano le spalle scoperte, di un nero accesso illuminato dai lampioni. Hai un sorriso pigro sul volto, sornione di tanta esperienza. Barcolli per le strade con leggiadria, gli orecchini di perla comprati al mercato dell'usato che ondeggiano al passo. Ti ricordi dove li trovasti? Proprio lì, vicino alla baracca del paese, quella piena di oggetti antichi dove i ragazzini vanno a fumare, proprio fuori, accanto all'una finestra che c'è. Ma come non ti ricordi? Quella dietro al venditore di frutta, dove lavora il cinese dal naso grosso che ti regala sempre qualche mandarino quando ti vede passare per strada. Anche oggi sei scoperta, mentre aspetti con pazienza che qualcuno ti guardi come nessuno ti ha mai guardata. La tua pelle nivea esposta, baciata dalla luce della Luna.
Non hai freddo? Vuoi la mia giacca?
L'altra sera mi hai fatto vedere una foto di tua figlia mentre ti facevo compagnia, hai pianto dicendo che ti mancava ma ti ho promesso che avrei fatto di tutto pur di farla stare con te. E io mantengo le promesse, ricorda! Tua figlia, dalle tue stesse guance magre, col tuo stesso naso a punta, mi guardava attraverso lo schermo. Da quanto non la vedi? Da quanto la vedi come me?

O fiore, perchè piangi? Ridi, ridiamo assieme di tutte queste sventure, ridiamoci sopra e non le sentiremo più come prima. Non piangere fiore, vedrai ancora tua figlia, sentirai ancora il calore del suo corpo tra le tue braccia, non piangere. Vieni in macchina con me, sali e lascia che ti riempa il cuore di apatia.
Che ti porti da qualche parte. Dove vuoi andare? A New York? Perchè a New York fiore? Per la libertà? Non ti senti libera con me, stretta nel tuo sedile con una coperta sulle cosce nude?
Ormai sono due anni che ci conosciamo. Che ti vedo da lontano e riconosco di te ogni turbamento. Tutti quei nei sul petto che bacio insistentemente, perchè assomiglianti alle costellazioni dei miei sogni futuri, mentre stringo il tuo seno dolcemente tra le dita e mi perdo tra i tuoi gemiti che sanno del mio nome, di me. Due anni di noi, di me, di te e di tutto quello che avremmo sempre voluto dirci. Ti ho vista preparare la tua corazza contro il mondo, contro di me, perchè alla fine uguale a tutti, ma te l'ho scostata dolcemente perchè oltre che amanti siamo anche amici. Potremmo mai andare a fare colazione assieme una volta? So che sei stanca, ma non ce la faccio più a vederti solo la sera, quando di te vedo solo gli occhi tristi e le gonne luccicanti.

O fiore, dimmi che mi ami. Brava, dimmelo ancora. Dimmelo mentre premo il tuo gracile corpo contro il sedile. Ancora, ancora. Non fermarti mai. Dimmelo mentre mi prendi l'uccello tra le mani. Mentre mi guardi negli occhi sperando che io capisca, quando la mia è solo follia. Mia madre una volta mi disse, quando ero ancora fanciullo, che da grande avrei fatto tante cose, avrei viaggiato per il mondo e sarei diventato il nuovo Dio di questa terra. E ora che morta, io sono il tuo Dio, eterno vendicatore delle tue scelte, mentre attendo con la mia macchina d'epoca che tu salga e ti metta comoda tra le mie gambe secche. Sei la mia nuova dipendenza.

O fiore, quanto sei bella, così bella che oscuri pure il Sole con la tua luce seppur fioca. Sii il mio Sole adesso. Così obbediente mentre ti stringo rudemente i fianchi, mossi con violenza e noia, i tuoi gemiti che mi inondano le orecchie quando mi sussurri tutte le cose che vorresti farmi. Fammele tutte, suvvia, fammele tutte! Singhiozzi contenta per la mia bravura, sono il migliore vero?
Fammi sentire il migliore, fiore.
Il migliore.
Mi guardi con quei tuoi occhi arrossati, di un verde spento e abbandonato alle sue sventure, ridacchiando appoggiata sul muro di qualche palazzo. Mi guardi mentre danzi per le strade buie, ancheggiando e muovendo disordinatamente le braccia, con lo sguardo fisso solo per provocarmi. Tanto lo sai che sono qui per guardarti vero? Lo fai apposta a salire sulla macchina di qualcun altro, a gemere il loro nome ad alta voce mentre ti osservo scontento. Mi vuoi provocare? Ingelosire? Per quello premi la tua schiena nuda contro il finestrino mentre ti fai prendere da qualche sconosciuto. Da quanto siamo sconosciuti noi due? La tua innocenza costantemente soffiata via, violata da tutte quelle mani sporche e avvizzite che amano di te solo il tuo corpo e tu di loro, i soldi. Ma con me è diverso. È diverso perché a me basta vederti sorridere per sentirmi appagato, non ho bisogno di sottometterti al mio peso, al mio potere, sei tu la mia Dea, usami quando ne hai voglia.

Ieri abbiamo bevuto una birra insieme, o saranno state due? Tre? Non ricordo, ma rimembro solo la tua risatina allo sfiorare i miei peli sul basso ventre. Mi sono tatuato il tuo soprannome lì, dopo essermi spelacchiato con delle pinzette che ho comprato in farmacia. Quando lo hai visto ti sei messa a piangere, rannicchiate su te stessa, con lo sguardo perso sulle tue caviglie magre. Perché piangi fiore? Non volevi che fossi tuo? E sei tu a non voler essere più mia? Guardati fiore, guardami. Toccami. Non piangere che il tempo passa e tu non ci sarai più qui con me, almeno fino alla prossima sera. Siediti sul mio bacino. Abbassami i calzoni, brava. Prendimi l'uccello. Su e giù, su e giù, fai su e giù e asciugati quegli occhi velati di vergogna. Guarda come tremo a causa tua. Come stringo la maniglia della macchina con forza perché intorpidito da tutta questa beatitudine. E tutto grazie a te. Non ne sei fiera? La macchina si muove lenta, col rumore delle nostre pelli a contatto che sbattono tra loro fino a creare la propria armonia. Sei la mia Musa. Sento il rumore delle sirene della polizia ma non riesco a fermarmi, vedere la tua bocca aperta dal piacere mi fa perdere la testa. Ribalto le posizioni e ignoro il tuo sguardo allarmato, stai zitta dico, zitta. Non fare rumore e nessuno ci dirà nulla. Con un profondo sospiro mi tolgo dal tuo corpo, per poi prendere qualche salvietta e pulirmi. Ne vuoi una? Neghi col capo, ma ne prendi comunque qualcuna. Ti è piaciuto vero? Da morire, sussurri. Hai ancora delle lacrime sulle guance mentre ti sporgi per aprire la portiera, con i soldi incastrati nelle mutandine di pizzo.
Dove vai fiore? Vieni qui con me. No, no, sta arrivando la polizia, sta arrivando, non possono trovarmi qua. Prima che possa fermarti e tenerti accanto a me, un poliziotto bussa al finestrino. Ti prego non aprire. Non aprire, lascialo fuori. Perché fiore? Non ti farà del male. Tu non capisci Laurent, non capirai mai. Cosa fiore?
Non rispondi, ma ti sdrai accanto a me cautamente e chiudi gli occhi, piangendo silenziosamente. Li chiudo anche io di rimando, col rumore del finestrino che viene rotto e forzato come nostra ninna nanna.
«Esci fuori, puttana»

O fioreOnde as histórias ganham vida. Descobre agora