Prologo

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Disclaimer: I personaggi di questa fanfiction non sono nostri: appartengono soltanto a loro stessi. Tutto quello che è scritto è pura finzione per cui non intendiamo dare rappresentazione veritiera del carattere e dell'orientamento sessuale di queste persone, né offenderle in alcun modo.

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CUBALIBRE

Prologo 

Filippo sbuffò via il fumo dalla bocca lasciandosi scappare una risata, mentre osservava i suoi migliori amici giocarsi il posto di guida ad una sorta di partita di calcio a due (non appena Alessandro aveva finito di mangiare il panino che aveva preso all'autogrill ne aveva preso la carta e l'aveva accartocciata). Lorenzo gli lanciò un'occhiataccia all'ennesima risata e lui non poté far altro che scrollare le spalle e spegnere la sigaretta: il cantautore se n'era tirato fuori quasi per principio - in fondo era lui quello che aveva guidato fino a quell'area di servizio.
"Lori sei scarso!" urlò, ridendo ancora una volta.
Erano stati in Versilia per il weekend: Filippo si era divertito da morire, si era sentito davvero bene - aveva quasi dimenticato i problemi che lo tormentavano da quasi un anno.
A quel punto, il fotografo si voltò verso l'amico, le labbra spalancate in un'espressione oltraggiata e le mani adesso sui fianchi.
"Scarso? Io!" ribatté, mentre Ale, approfittando della sua momentanea disattenzione, segnava un goal tra i due cestini della spazzatura che delimitavano la porta. Corse ed esultò - così poco sportivamente - per tutto il parcheggio dell'autogrill, tra le macchine parcheggiate.
"Ho vintoooo!" urlò, le braccia aperte in una brutta imitazione di un aeroplanino - forse Ale aveva visto troppe partite in tv.
"Stronzo!" sbottò quindi Lori, rivolto verso il biondo: incrociò le braccia al petto, offeso. "È tutta colpa tua, Filo, mi hai volutamente distratto!"
"Io?" fece quello, un'espressione innocente sul viso. "Stavo soltanto commentando!"
Ale appoggiò un braccio sulla spalla del fotografo e sorrise soddisfatto. "Dai, che si sapeva già che avresti perso tu!"
"Coglione" lo apostrofò Lorenzo. "Che c'hai il fiatone per aver fatto mezzo metro di corsa" aggiunse, poi strappò le chiavi di mano al cantautore, che gliele stava sventolando davanti al naso con un sorrisetto.
"Loris non sa perdere, Loris non sa perdere" canticchiò Ale pizzicandogli la guancia.
"Tieni giù quelle manacce!" gli schiaffò via la mano quello (che la presa gli aveva già arrossato la pelle) e poi puntò il dito indice verso Filippo. "E te non ridere, o vi mollo entrambi qui, in mezzo al nulla" li minacciò, anche se vedere Filippo ridere, ultimamente, era diventato raro. Era per questo che lui ed Alessandro avevano organizzato un weekend di puro divertimento in Toscana (alcool, discoteca e cazzeggio a tutto spiano), per poterlo distrarre almeno per qualche ora. E, ad essere onesti, i due amici parevano esserci riusciti - alla risata del cantautore, si rivolsero un sorriso complice.
"Non ne avresti mai il coraggio." rispose Filippo, allungandosi per scompigliargli i capelli. "Comunque, ti levo il peso di scegliere la musica, dai."
I due amici tornarono a guardarsi e scossero la testa, esclamando in coro che: no un'altra volta le tue canzoni no!, anche se, alla fine, la loro era tutta una finta.
"Loris, se corriamo, forse, non riesce a raggiungerci e possiamo lasciarlo davvero qui!" propose Ale prendendo il fotografo per un polso e iniziando, quindi, a correre verso l'auto parcheggiata.
"Veloce, veloce!"
Il cantautore restò immobile per un secondo, prima di cominciare a rincorrerli. "Ma siete due stronzi!" urlò. "Tanto lo so che vi piace sentirle!"
Quelli si chiusero in macchina velocemente ed inserirono la chiusura centralizzata, guardando, un attimo dopo, Filippo insultarli dal di fuori. Risero, le mani sulla pancia e il fiatone e solo dopo qualche minuto (di tre risate, segnacci e boccacce) si decisero ad aprirgli la portiera e a farlo salire.
Quello si sedette dietro, le braccia incrociate ed uno sguardo ostile. "Mi ricordate chi v'ha fatto finire bene il weekend? Giusto per sottolineare quanto siete ingrati."
Lorenzo mise in moto ed alzò il dito indice, annuendo. "Vero, vero. Quelle biondine erano proprio uno schianto" commentò riferendosi alle ragazze che lui e Ale si erano portati a letto, o meglio, in spiaggia. Insomma, il concetto era quello: sesso e nessun legame, no?
"Beh, di' la verità, Filo: ce le hai cedute perché volevi la brunetta tutta per te" aggiunse il biondo.
"Vero. Assolutamente vero" annuì il fotografo. "Bel culo, però, eh?" fece, togliendo per un attimo le mani dal volante per disegnare in aria le curve di un sedere.
Filippo strinse le labbra e piegò il capo da un lato, come se volesse ricordarlo. Alzò le spalle e sospirò, poco dopo. "Nella media, non credi?" domandò, prendendo il cellulare dalla tasca e scorrendo la libreria musicale. "Non era così spettacolare."
"Sei incontentabile, Filo" lo prese in giro Ale scuotendo un po' la testa, divertito, mentre accendeva lo stereo per fargli collegare il telefono.
"Allora, Irama," ridacchiò alzando il volume "con quale tuo pezzo ci delizi questo pomeriggio?"
"Questo qui." fece lui, dopo averlo scelto con cura. "Sapete, forse vi ho fatto ascoltare soltanto il provino di questa." rifletté, mentre la base di Che ne sai riempiva l'abitacolo. "L'ho scritta pochissimo tempo fa." li informò, lasciandosi cadere contro il sedile, quasi sprofondandoci dentro.
I due amici lasciarono scorrere la canzone, con Lorenzo che ne batteva il ritmo con le dita sul volante, a tempo con la testa: Filippo era un fottuto artista, non uno dei soliti cantanti che si facevano scrivere le canzoni, no. Lui era un Artista, con la A maiuscola. Gli ultimi mesi, però, erano stati così -
"L'hai fatta ascoltare a Sara?" chiese Alessandro, probabilmente prima di collegare il cervello alla bocca. Lorenzo lo fulminò con lo sguardo, insultandolo dentro alla testa: la manager della casa discografica di Irama era uno di quei - cazzo di - tasti da non toccare. Mai. Non ultimamente, almeno.
Il viso di Filippo si trasformò in una smorfia di disappunto, mentre apriva la lista chiamate e contava a quante chiamate quelli della casa discografica non avevano risposto. Era così deluso, forse arrabbiato, decisamente amareggiato: l'ultima volta che era uscito con qualcosa di nuovo era stato metà Giugno (Mi drogherò gli aveva fatto guadagnare soltanto una presenza al Summer Festival), per il resto era stato un continuo nulla, tempestato di niente - se non di parole che continuavano a girargli nella mente come uno di quei giochi con cui la gente crede di poter ipotizzare, ma che in realtà fanno soltanto venire mal di testa.
Si ritrovava fermo, immobile: lui che fermo e calmo non lo era stato nemmeno nella culla quando dormiva - iperattivo, fottutamente iperattivo.
Forse non serviva la domanda fatto a caso dall'amico a Filippo per capire che in quel weekend non si era distratto per nulla, che non bastava quello a spegnergli il cervello (niente lo faceva): quella situazione era sempre lì, perenne, che lo faceva sentire intrappolato, imbavagliato.
"Hanno tutti i fottutissimi brani." rispose, forse un po' troppo duro. "Non che gliene freghi un cazzo."
"Scusa, bro" sospirò Ale allungando la mano all'indietro per accarezzargli il ginocchio a mo' di scuse. Sia lui che Lorenzo sapevano bene quale inferno fosse stato per Filippo l'ultimo anno: dopo Sanremo Giovani, il paradiso, ma poi giù, in caduta libera, giù, giù, giù fino a sfracellarsi a terra, a farsi male davvero. E loro con lui, soprattutto Lorenzo che gli era rimasto accanto in maniera quasi più morbosa rispetto ad Ale che, oltre ad essere preso dai suoi studi, era anche leggermente più freddo di carattere - ciò non significava, però, che fossero meno amici, anzi. No, no. Fratelli, ecco cos'erano: fratelli.
Filippo e Lorenzo, però, condividevano anche il lavoro e forse questo li univa ancora più.
"Io penso che -" iniziò, quindi, Lorenzo, ma un attimo dopo si fermò e si umettò le labbra. Avrebbe dovuto dirlo oppure no? Forse... doveva, sì.
"Filo, magari dovresti prendere in considerazione un'altra strada" fece. Ecco, lo aveva detto.
Quello si strofinò il viso con le mani. "In che senso?" domandò, dopo essersi schiarito la gola.
"Non puoi -" l'amico sospirò e scosse la testa, rimase in silenzio mentre sorpassava un tir. "La Warner pare quasi che ti stia prendendo per il culo e non ha alcun progetto futuro per te, è ovvio, no?"
Quello strinse la mandibola. "A parte scrivere per altri, no. Non mi sembra abbiano prospettive."
"Appunto" gli rispose Lorenzo accompagnando la parola ad un movimento della mano - la posò sul cambio un attimo dopo. "Allora, forse, non fanno al caso tuo, no?"
Intendeva rescindere il contratto, il cantautore lo aveva capito. "Forse. Vorrei soltanto riuscire a parlare con loro una cazzo di volta, al momento."
Quello sospirò e si zittì sotto l'occhiataccia che gli aveva appena dato Alessandro: quest'ultimo sapeva quanto Lorenzo si sentisse frustrato per Filippo e ne avevano parlato più volte tra di loro. Lorenzo gli aveva buttato lì la proposta di suggerire insieme al cantautore di staccarsi dalla casa discografica, di allontanarsene, che lo stava solo trattenendo, lo stava limitando. E lui non meritava di essere limitato.
"Possiamo deviare a Milano, prima di tornare a Monza, se vuoi" propose allora, nel silenzio generale. Il fotografo, poi, non si pronunciò, che davvero no, non era d'accordo.
"Sì." disse subito il cantautore, annuendo. "Sì, proviamo."
Lorenzo alzò lo sguardo e posò gli occhi nello specchietto retrovisore, per guardare Filippo - serrò le labbra per rabbia: non era giusto ciò che stava capitando al suo migliore amico e, soprattutto, era stanco di vederlo annullarsi così per dei deficienti che pensavano solo al denaro. Sospirò. Poi premette di più il piede sull'acceleratore, nella speranza che anche quell'ennesimo tentativo andasse più veloce, fino a finire in fretta.

Cubalibre || EiramDove le storie prendono vita. Scoprilo ora