quanto eri bello

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il fruscio del vento pareva una delle opere di bethoveen, così affascinante ma tanto misterioso, gli si intrufolava dentro la mente e rimaneva impresso nella sua anima, come ogni secondo di quella fredda serata d'inverno.

lee minho teneva gli occhi chiusi, il suo desiderio di scomparire dal mondo per qualche minuto sembrava essersi realizzato, e di tanto e intanto accarezzava il morbido pelo della sua gattina, doongie.

erano rare le serate in cui essa si beava delle coccole del padroncino, di solito non aveva mai tempo e tornava a casa stanco morto, per quanto non trasparesse la sua carriera da cantante lo stancava davvero tanto e spesso avrebbe preferito stare nel proprio letto a riposare.

c'erano giornate in cui non era capace nemmeno di ascoltare il suono della propria voce, trovandola così monotona e raccapricciante, ma faceva finta di nulla per gli altri, per le stay, perché non voleva deludere se stesso; non voleva deludere nessuno, erano così tante le persone che lo seguivano che sarebbe stato troppo difficile da sopportare un fallimento.

lee minho non era nient'altro se non un ragazzo spesso spaventato dal giudizio altrui, anzi, non era nient'altro se non una persona, ma quando avrebbe capito che riposarsi e pensare prima a sé sia la cosa fondamentale allora sarebbe stato troppo tardi, ma finché poteva reggere allora indossava la solita maschera e scherzava il più possibile.

han jisung era spaventato dai sogni che faceva, era d'abitudine ormai svegliarsi in piena notte con la fronte imperlata di sudore e le lacrime agli occhi, eppure non era capace di abituarsi. e la cosa che lo spaventava di più, dopo essersi svegliato ed aver constatato che fosse solo un incubo, era il silenzio.

il silenzio dei suoi compagni di stanza dormienti da un po', forse alcuni erano pure svegli ma era troppo buio per focalizzarli, e quello della sua mente stanca e spaventata, il silenzio dei pensieri taciturni era pure più stridulo di qualsiasi cosa.

quella sera pareva non volere addormentarsi, era solo in stanza e a lui non piaceva stare da solo, preferiva la compagnia, soprattutto di notte; spesso lo chiamavano ' bambino ', o gli davano dell'infantile per questo, e odiava profondamente ciò, non era un fottuto bambino!

odiava quando lo paragonavano ad un marmocchio, poteva giurare che per quanto potesse sembrarlo, probabilmente, era tutto tranne che quello, era grande e voleva essere trattato come giusto era.

ma jisung di eccezioni ne aveva, e una di queste era proprio minho: da lui si sarebbe fatto chiamare volentieri ' bambino ', era così incoerente ma gli piaceva tanto il maggiore, ne era pazzo.

gli piaceva quando, la mattina, lo svegliava, sussurrandogli cose dolci - come i ' jisungie, dai, svegliati ' che non mancavano mai - e gli lasciava dei bacetti sulle guance; come quando giocava con i propri gattini e obbligava changbin a fare lo stesso, o come quando gli sorrideva. e quando minho gli sorrideva avrebbe tanto voluto sprofondare in un abisso.

forse non era una vera e propria cotta, ma non gli importava, fin quanto minho sarebbe riuscito a farlo stare bene allora poteva essere considerata la persona più rilevante della sua vita, quella per cui avrebbe rubato la luna.

minho, d'altro canto, non poteva non ammettere quanto tenesse al suo jisung, era l'unica cosa che poteva sopportare nei giorni in cui il suo umore pareva tuonare, proprio come il cielo col maltempo.

era l'orion in un mare di altre stelle, era la stellina più brillante di tutti, così brillante da farei invidia a qualsiasi altra cosa. e nemmeno sapeva come o quando riusciva a diventare così romantico, minho, lui che dalle persone avrebbe preferito allontanarsi, avendole sempre definite spregievoli.

RETROUVAILLE, minsungWhere stories live. Discover now