Prologo

193 7 2
                                    

È cominciato tutto così.

Mi fa sempre uno strano effetto cominciare le cose, che siano banali o un radicale cambiamento.

Iniziare significa cambiare da come si è vissuti fino a quel momento, fare qualcosa che non si è mai fatto. Il più delle volte è una disposizione che purtroppo non dipende dalle nostre scelte ma dalle nostre esigenze. Esigenze che ci spingono a chiedere una vita migliore, un lavoro migliore, dei rapporti migliori. O semplicemente qualcosa di diverso, perché è vero che ci sono persone che si rifugiano nella monotonia, ma ce ne sono anche delle altre che hanno bisogno di cambiare ogni tanto, anche solo cose che potrebbero sembrare stupide.

In realtà questo mio cambiamento non è stato così radicale, cioè, è vero che sono cambiate tante cose dall'ultima volta, ma in fondo non è la prima volta, è solo che come ho già detto qualcosa è diverso in questo caso. Non è solo il luogo, o la scelta che ho fatto, sento che questa volta è diverso, non so perché, ma c'è qualcosa che mi spinge a sperare che sia differente, qualcosa che non avevo mai percepito fino ad ora.

Se devo essere sincera questa cosa del cambiamento, dell'iniziare ogni volta qualcosa di nuovo in ogni città in cui vado, la provo sempre. Cioè, provo sempre come un sentimento che mi spinge a credere che sto cominciando qualcosa di nuovo, di diverso, e infatti è così, ogni volta è distinta rispetto alle precedenti. Questa occasione, però, mi fa credere che qualcosa potrebbe andare bene nella mia vita, una volta tanto. Magari potrei anche fermarmi, decidere di stabilirmi in un posto, in questo posto. È una di quelle cose che non mi è mai passata per la mente, che non ho mai avuto il coraggio di prendere in considerazione.

Forse a darmi queste strane idee è il libro che oggi mi ritrovo a leggere "Il Domani che Verrà". Capisco perfettamente che non c'entra niente con i miei pensieri, insomma, è una storia che proprio non ha niente a che fare con la mia vita, ma leggere di questi ragazzi che riescono a fare delle cose così incredibili, mi fa sperare di poter fare una cosa che per chiunque sarebbe banalissima, ma che per me non lo è.

Sono circa le cinque del pomeriggio, è da quasi un paio di ore che sono qui. Sono uscita da casa, sempre che così possa essere chiamato un piccolo buco di appartamento dove sto da una settimana, e mi sono diretta al parco per cominciare questo nuovo libro che mi sono accurata di comprare questa mattina. Ho letto quasi tutto il libro, non so come ho fatto, di solito non sono così veloce, a parte quando la trama mi colpisce in questa maniera. Nonostante il mio flusso interminabile di pensieri sono riuscita a staccare per un po' la spina, ma adesso che ho alzato lo sguardo dalle pagine tutto è tornato come prima, i problemi tornano ad affliggermi come sempre.

Ed è proprio perché ho smesso di leggere che ho notato un uomo avvicinarmisi con un passo leggero. Egli è alto, robusto ma slanciato, i muscoli delle braccia sporgono visibilmente grazie alla leggera canotta bianca che porta, e i jeans lasciano trasparire invece quelli delle gambe. A giudicare da come si tiene in forma e da qualche altro particolare capisco che è a dir poco benestante, anzi, lo è molto di più. Si siede sulla mia panchina, non molto distante da me, come se fossi stata proprio io con il mio sguardo ad averlo chiamato. All'inizio sta fermo, probabilmente riflette su cosa deve dirmi di preciso. I lunghi capelli neri e mossi sono fluidi, si nota perfettamente che sono bene curati quando vi si passa le dita prima di parlare. -Quanto tempo che non ci vedevamo, eh? Saranno almeno dieci anni. Mi sono sempre chiesto che fine avessi fatto, perché te ne fossi andata, così senza lasciare nemmeno una spiegazione. E ora, dopo tutto questo tempo ti vedo spuntare all'improvviso, come se niente fosse, come se non te ne fossi mai andata veramente.- Il suo tono si va alzando di tonalità ad ogni frase, si vede perfettamente che non è a proprio agio, ma comunque cerca di sembrare il più tranquillo possibile, non da l'impressione di uno che si lascia dominare facilmente dalle emozioni. -Ti rendi conto di quello che ho provato in questi anni, di quello che ho pensato? Non hai la ben che minima idea di quello che ho dovuto passare dopo la tua assenza. Okay, lo capisco quando è ora di smettere; posso almeno sapere se questa volta sarà definitivo, o se non è così per quanto ancora resterai?-

Le sue parole mi arrivano al cuore, è come se questa volta fosse tutto vero, come se ci fosse realmente la possibilità di rimanere. Per qualche secondo mi immergo nella speranza di poter avere una vita normale, ma questa sensazione passa quasi subito. Io non sono una ragazza normale, e non lo sarò mai. -Senti, comprendo che deve essere stato molto difficile per te, ma ci sono delle ragioni che mi hanno spinto a fare quello che ho fatto. So che probabilmente tu non potrai mai comprenderle a pieno, ma non fa niente, di certo non me la prenderò per questo motivo. Comunque per quanto riguarda il tempo che starò qui, non lo so nemmeno io, quindi non ha senso parlare di questo.-

L'uomo rimane spiazzato, non sono sicura se per le mie parole, o perché adesso non sa come continuare il discorso. -Beh, hai ragione.- La sua espressione prende una piega che mai avrei potuto immaginare. Tristezza. Sembra tutto così vero. -Posso almeno sapere perché hai deciso di tornare?-

Semplice. Cercavo una nuova città dove sistemarmi per un po', perché il fatto che possa stabilirmi è a dir poco inconcepibile per me, e la strada mi ha portata qui. Ho seguito il mio istinto, faccio sempre così, non torno mai in uno stesso posto, è quasi una regola inderogabile per me. -Non so, credevo che fosse la scelta più giusta, tutto qui.-

-D'accordo, so che non ti va di confidarti, ma con me puoi farlo e lo sai.- Il suo sorriso appare spontaneo, ma in realtà non è così, è solo stanco della farsa.

Vorrei dire così tante cose. Vorrei confidarmi per davvero, vorrei trovare qualcuno con cui farlo, con cui io possa essere sincera. Qualcuno che mi aiuti e che mi liberi da questo casino. Ma so che nessuno può farlo, perché io sono sola, e lo sarò sempre, questo è il mio destino, la mia condanna.

Dopo un paio di minuti di silenzio imbarazzanti, l'uomo decide di sciogliere il ghiaccio in un altro modo. -Allora,- dice guardando l'oggetto che stringo tra le mie mani, -cosa stai leggendo?-

In quel momento ogni cosa diventa chiara. Non c'era mai stata speranza per me, e mai ci sarebbe stata, io non potevo cambiare, ormai era troppo tardi.

Non gli rispondo, semplicemente gli porgo il libro. Egli lo rigira tra le mani, da uno sguardo al titolo e poi passa alla trama. Mentre è occupato con l'unica cosa che in quel momento può salvarmi dalla disperazione che mi sta affliggendo, poso lo sguardo su alcuni bambini che giocano non lontano da me. Essi calciano la palla, la rincorrono, e quando uno dei due cade sulla soffice erba del parco, e l'altro lo soccorre, arriva anche una donna, che lo ispeziona con estrema cautela prima di tornare alla sua postazione ad osservare la scena. I piccoli, dopo qualche secondo, si rialzano e continuano a giocare come poco prima. Una scena così banale, ma così normale mi fa sempre rattristare.

È la voce dell'uomo che riesce a riportarmi alla realtà. -Non fa parte del genere di libri che solitamente leggo, ma è sicuramente molto interessante.- Dice porgendomelo nuovamente.

-Già- rispondo semplicemente.

All'improvviso l'uomo non sembra più molto interessato a me, riesce solo a trasmettermi la forte voglia di andarsene che ha. -Adesso è meglio che me ne vada, mi stanno aspettando a lavoro.- Comincia ad alzarsi. -È stato bello incontrarti, spero di rivederti in futuro.- Così dicendo si allontana, e io rimango nuovamente sola.

Rimango nel parco per altri venti minuti, poi decido che è ora di tornare a casa.

Ripercorro la strada a ritroso, fino ad arrivare ad un vecchio palazzo, salgo qualche piano e infilo la chiave nella serratura. Una volta che la porta è aperta, varco la soglia dell'appartamento che ho affittato. Poggio il mazzo di chiavi all'ingresso, e poi il libro in una mensola poco distante. Mi dirigo verso il bagno e, dopo aver fatto una doccia veloce, ne esco completamente diversa. Adesso non sono più la ragazza normale che fino a poco prima potevo sembrare, adesso sono la vera me. Quella con il viso scavato e bianco, quella che ogni mattina ha le borse sotto gli occhi, quella che ogni giorno si sente più debole e che ogni volta che si pesa risulta essere sempre più magra. C'è solo una cosa che accomuna la vera me, con quella che mostro al mondo. L'amore per la lettura.

È proprio mentre vado a recuperare il mio libro che tutto sembra come prima, però non è così. Qualche banconota da cento sterline cade ai miei piedi mentre prendo il libro in mano. È questo quello che sono, quello che mi rende anormale, ma che allo stesso tempo mi caratterizza.

Leggendo un libro al parco.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora