Il Colpo

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«Dunque? Come lo facciamo questo lavoro?»

L'halfling era impaziente e faceva fatica a stare zitto, ma i suoi compagni si erano abituati da tempo alla sua voce stridula. Mentre la sua frase aleggiava nell'aria, si sedette al tavolo cercando di sistemare il boccale di birra più piccolo che l'oste era riuscito a trovare; era più basso del nano seduto di fianco a lui e faceva fatica a mettersi comodo.

A rispondergli fu proprio il nano: «Un po' di pazienza Lem, prima sentiamo che ha da dire Elsbeth, è lei che ha parlato con il cliente» detto questo, bevve un lungo sorso dal boccale più grande che l'oste era riuscito a trovare, della birra gli colò lungo la barba bruna ma non ci fece caso. In tutta risposta, Lem si sistemò la treccia bionda.

La mezzelfa stava giocherellando con un bicchiere di vino speziato, pregustando la faccia che avrebbe fatto il nano quando avrebbe sentito quello che aveva da dire. Il quale era uno dei pochi immune alla sua bellezza mezzosangue.

«Derubare il viceré non sarà facile. Le guardie sono venti in tutto, solitamente di turno ce n'è la metà. Dobbiamo prendere una lettera che si trova nella scrivania della sua biblioteca personale, ma c'è una condizione che se non rispettata manda all'aria tutto.»

«Sarebbe?» Sibilò impaziente Lem.

«Niente spargimenti di sangue.»

Il nano sbuffò sonoramente e disse: «E io come faccio a fare il mio lavoro?»

Elsbeth cercò di farlo ragionare: «Lo so Rogar, ma la ricompensa è davvero troppo buona.»

Lem spalancò gli occhi affilati e chiese: «Quanto?»

Lei si prese qualche secondo, si guardò intorno con circospezione, si sporse sul tavolo e come tocco finale si inumidì le labbra. A quel punto Lem non stava più nella pelle, fu allora che disse: «Quaranta ori» rispose lei con la sua voce dolce come il miele.

Il piccoletto dalle orecchie a punta ricacciò nel boccale la birra che stava bevendo e continuò a tossire per un po' cercando di riprendersi.

Rogar alzò un ispido sopracciglio cercando di non mostrarsi troppo impressionato: «È davvero una bella somma, che ne dici Talos?»

L'uomo era seduto di fianco alla mezzelfa e stava fumando una pipa, lo sguardo vagava nella locanda sui pochi avventori presenti quella sera e all'ampia sala vuota, debolmente illuminata da candele e lanterne. Nell'aria aleggiava odore di birra e arrosto, dall'altra parte del salone un bardo strimpellava una vecchia canzone che parlava di una guerra altrettanto vecchia.

«Lem cerca di non strozzarti da solo» disse rivolto al piccoletto, che doveva ancora riprendersi del tutto. «Credo sia un'occasione da non perdere, non ricordo neanche l'ultima volta che ci è stato offerto così tanto. Prima di venire qui sono passato a dare un'occhiata alla dimora del viceré, si affaccia sulla piazza principale, è a due piani, ci sono un paio di punti da cui entrare e le guardie sono annoiate a morte. Qui non succede niente da parecchio, non è come nelle città di frontiera» mentre parlava si lisciava la barba castana sbiadita dal sole. «Lem e io entreremo, mentre Rogar e Elsbeth rimarranno fuori per creare un diversivo se ci sono problemi» a Rogar non piaceva rimanere tagliato fuori dall'azione, ma si mise il cuore in pace.

Elsbeth prese la parola: «La biblioteca si trova al pianterreno, ma da quello che ci hanno detto, il cassetto dentro il quale si trova la lettera va aperto soltanto con la chiave apposta. Se si prova a forzarlo, una fiala contenente inchiostro si rompe, riversandosi sulla lettera e rendendola illeggibile.»

«E dove si trova questa chiave?» chiese Lem.

«Addosso al viceré, sospetto che la tenga al collo anche mentre dorme.»

Il ColpoWhere stories live. Discover now