Capitolo 1

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È mattina. Lo noto dai pochi raggi di sole che penetrano dalla finestra e arrivano dritti davanti ai miei occhi facendomi, lentamente, aprire le palpebre.

Oggi, 9 dicembre, è il mio compleanno. Dovrei essere felice come tutte le persone al giorno che ricorda, felicemente, la loro nascita, ma a differenza loro io non sono per niente felice.

Sarei stra colma di gioia solo se potessi fare una festicciola, a base di pizza e Coca Cola con lo sfondo di un film romantico, con la mia migliore amica, ma questo non succederà e non potrà mai succedere. Infatti, come ovviamente tutti gli altri anni in questo giorno, ci sarà una megafesta per ricordarmi che sto crescendo troppo in fretta. Il fatto è che io non voglio una festa ne tanto meno centinaia di invitati che neanche conosco, e sono sicura che loro si accoderanno con la mia affermazione. Ma i miei genitori sono tanto testardi che non si accorgono neanche che sono, ancora per poco, un'adolescente e che soprattutto la festa, se si può definire tale, dovrebbe essere per me e non per quelle due persone sulla quarantina d'anni le quali mi hanno dato alla luce. Infatti, magicamente, quando si svolge una qualsiasi celebrazione in mio onore quest'ultimi la trasformano in un colloquio per il proprio lavoro, lasciandomi dimenticata in un angolo della stanza a far da babysitter a dei bambini urlanti che corrono da tutte le parti, non che non mi piacciano i bambini, anzi, li adoro, ma loro sono vere e proprie macchine da guerra.

Dopo varie lotte contro me stessa sul decidere se alzarmi o poltrire a letto, ho rinunciato e mi sono tolta il piumino d'oca il quale mi avvolgeva in un caldo invitante. Come se non bastasse, oggi è giovedì, segno che è un giorno di scuola.

Quando apro la porta di camera mia, ancora insonnolita e ricoperta dal mio pigiama molto poco fine, noto che ci sono già decori sparsi per la casa, molto infantili per dover compiere diciotto anni, ossia ultimo anno di liceo.

Scendo le numerose scale che dividono il piano terra dalla mia camera e, dopodiché, mi avvio verso la cucina dove sono situati i miei genitori, ovviamente seduti composti sulle rispettive sedie con una tazza di caffè fumante in mano, mi chiedo come riescono ad essere così perfettamente ordinati anche di prima mattina.

"Auguri, tesoro!" mia madre parla appena mi vede varcare la soglia della cucina.

"Auguri, angelo!"mio padre la segue a ruota.

Sembra una cassetta che si continua a ripetere tutti gli anni: sempre solite frasi, sempre solita colazione, sempre soliti sorrisi a 32 denti per mettermi di buon umore, sempre solita routine.

"Grazie mamma, grazie papà." decido di ringraziarli rivolgendogli un sorriso e sedendomi al tavolo fin troppo grande per tre persone.

"Siamo in pieno inverno e proprio oggi è spuntato, anche se freddo, un accogliente sole." mi dice mia madre.

È vero, è da una settimana che nevica e oggi ha smesso per mostrare la bellezza di quel cerchio giallo su una tela azzurra, sembra quasi un segno, quasi.

io le sorrido e rivolgo l'attenzione alla cuoca, sempre ricoperta dal suo grembiule bianco che non mette per niente in risalto le sue bellissime forme, che mi sta porgendo una tazza calda di tè fumante con contorno di biscotti. La ringrazio gentilmente e prendo in mano uno dei tre biscotti con gocce di cioccolato per portarmelo alla bocca, ma prima che tutto ciò accada sento mia mamma prendermelo di mano e dire: "piccola, oggi è il tuo compleanno, c'è la torta che ti aspetta."

Mi ricorda con un sorriso stampato in faccia; come dicevo, stessa colazione.

Kimberly, la cuoca, dopo essersi scusata per non averci prestato attenzione, mi porta via quei tre dolcetti, che aspettavano solo di essere mangiati, rimpiazzandoli con una piccola fetta di torta con glassa al cioccolato che, stranamente, non ho voglia di mangiare, ma dopo varie lamentele da parte dei miei genitori ho ceduto e mi costringevo mentalmente a finire quel miscuglio di cioccolato.

Finito tutto è ancora presto e così dedico il mio tempo ad una doccia calda, entro in bagno e mi spoglio velocemente per poi fiondarmi subito sotto il getto d'acqua che scivola in tutto il mio corpo facendo miracoli sui miei muscoli tesi.

Mi insapono i capelli con l'odore del cocco che invade le mie narici facendogli fare salti di gioia, mi chiedo come un semplice shampoo riesca ad essere così profumato.

Facendomi svariate domande anche sul bagnoschiuma, in poco tempo mi ritrovo giá con i piedi sul tappeto e un asciugamano legato intorno al corpo, mi inizio a pettinare i capelli annodati i quali non ne vogliono sapere di snodarsi e, dopodiché, mi asciugo i capelli lasciando che l'aria calda che esce dal phon mi distragga qualche minuto.

Finito in bagno mi dirigo in camera mia per vestirmi anche se non ho idea su cosa indossare. Apro l'anta del mio armadio ritrovandomi davanti soltanto un mucchio di capi comprati da mia madre, ma che io non indosserei mai.

Dopo svariate ricerce opto per un paio di jeans blu scuri con abbinato un maglione bordeaux, tutto molto semplice, e sicuro non mi faccio problemi.

Dopo essermi sistemata i capelli biondi che ricadono dolcemente sulle mie spalle, prendo la cartella e raggiungo la porta di casa ed esco, subito dopo aver salutato i miei genitori e percorro la stessa strada che ormai prendo da cinque, lunghi, anni.

***

Una volta davanti al cancello della mia scuola, noto subito il viso dolce e perduto di Natalie, la mia migliore amica. Decido dunque di andargli incontro e di abbracciarla.

"Jess, finalmente! Ti aspettavo." Dice Nat e io sorrido per questa sua affermazione, infatti, in questa scuola, ci sono sempre dei gruppetti formati da molte persone, ma io e Nat, evidentemente, dobbiamo ancora trovare quello giusto per noi, ora ci limitiamo a stare noi due sole, cosa che non mi dispiace affatto.

"Comunque auguri." mi rivolge un sorrisone e mi porge una scatolina. Lei è sempre brava a fare i regali e questo lo dimostra in pieno. Quando ho aperto la scatolina in pelle ho trovato una collana davvero graziosa con scritto il mio nome, è un regalo stupendo e chi altro poteva farmelo se non lei?

"Natalie! oh, mio dio, ma è supenda." La elogio, e lei sembra contenta che mi sia piaciuto il regalo.

"Grazie mille, sei sepre così gentile." dopodiché la stringo in caloroso abbraccio e lei fa lo stesso con me.

Siamo talmente prese dal parlare che non ci accorgiamo neanche che la campanella, che segna la prima ora, ha suonato. Una volta risvegliate dal nostro momento di trans ci dirigiamo all'interno dell'istituto dove ci separiamo in due strade differenti.

Una volta arrivata in classe mi scuso per il breve ritardo e mi vado a sedere nel mio solito banco in prima fila, sotto le occhiatacce omicide che mi manda il professore. Durante la lezione prendo, come sempre, appunti per ricordarmi meglio e ascolto attentamente le parole di quel signore sulla cinquantina d'anni con gilet e pizzetto.

***

Finalmente la scuola è finita, per oggi, e sono felice di rivedere Nat all'uscita.

Inizio, così, a dirigermi a passo svelto verso la porta che segna il confine tra la libertá e il carcere, come lo paragonano tutti, ma secondo me la scuola ti da opportunitá nuove e sempre migliori, e sinceramente, a me piace la scuola, anche se stressante.

Sono troppo occupata a pensare che non mi accorgo di essermi scontrata con una figura a me ancora anonima.

"Dio, scusami, non ti avevo in nota."

Dico raccogliendo i libri da terra, dove prima sono caduti.

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Per chi avesse già letto ciò che avevo scritto qua, non siamo più in due, ma solo io, Veronica, perché tipo i capitoli li scrivevo solo io e quindi mi è sembrato più corretto avvisare che ci sono solo io è non più la Francesca. :)
Un kiss, eheh.xx

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