Il Granoturco

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Mi sto trasferendo in città, non posso più tollerare l'orripilante visione della campagna. Gli sterminati campi, le rive del fiume, il granturco in estate e la nebbia d'inverno. Quest'ultimi sono veramente il mio più grande terrore, nascondono cose orrorifiche! Oceani d'ignoto e di silenzio, persistenti e soffocanti, non posso più tollerare la campagna.

Passeggiavo sulla riva del fiume, accompagnato dal mio fedele meticcio che, legato al guinzaglio, tentava di trainarmi in avanti come un cavallo tira un calesse ma ovviamente con scarsissimi risultati.  Così, pacifico e beato camminavo gustandomi la deliziosa giornata di mezza estate, da un lato il fiume lento e costante, dall'altro la marea verde di granturco che frusciava al minimo alito di vento. Allora adoravo quel rumore ma a pensarci ora, un fremito mi percorre il corpo, le mani tremano ed il cuore inizia a battermi all'impazzata.  Il sole volgeva al tramonto e, avendo ancora parecchio tempo prima che facesse buio, decisi di allungare la passeggiata deviando dalla strada lungo la riva, per passare in una strada secondaria, infilata tra due campi di gran turco. Le verdi pareti mi schermavano e mi lasciavano immerso in una leggera ombra, questa mi dava una piacevole tregua dallo spietato calore del sole e fece sì che il sudore smettesse d'imperlarmi la fronte. Svolte, bivi e incroci passavano uno dopo l'altro ed io sicuro percorrevo una strada che sapevo a memoria. D'un tratto incespicai in una stringa della mia scarpa e chinatomi per legarla, lasciai inavvertitamente il guinzaglio, lo sa il diavolo per quale motivo, il mio cane prese a correre deviando dalla via che io conoscevo a memoria. Lanciatomi all'inseguimento non mi preoccupai di contare le svolte, né di tener traccia delle deviazioni né dei tagli compiuti nei campi di granturco per raggiungere i latrati che ogni tanto lanciava in maniera insolita. Nel frattempo il sole iniziava il suo deliquio nei profondi meandri dell'orizzonte e lentamente affondava tingendo il cielo di insoliti colori, creando ombre che andavano a proiettarsi sul terreno coprendo d'un velo la pianura.

Dopo numerose svolte raggiunsi finalmente il cane che, come se nulla fosse, stava seduto vicino ad un albero con la lingua di fuori, mi fissava con sguardo intellegibile e attendeva che mi avvicinassi a lui, scodinzolando molto lentamente. Raggiuntolo afferrai il guinzaglio con stizza e rimproverandolo feci per avviarmi verso casa ma il cane non volle sapere di muoversi. Strattonai il legaccio ma sembrava che il meticcio fosse imperniato al terreno, lo sguardo dell'animale era perso nel vuoto ed intanto le ombre discendevano sempre più fitte inghiottendo il mondo attorno a me, il granturco si stagliava nero come a comporre delle pareti insondabili, leggeri aliti di vento passavano attraverso i campi e portavano sulle loro ali i canti degli uccelli strigiformi che abitavano la campagna. Realizzai di essermi perso in quel labirinto vegetale. Mi colse un leggero panico che domai subito con dei respiri profondi, va bene mi ero perso ma nella peggiore delle ipotesi avrei trascorso una notte all'aperto, oh quanto mi sbagliavo. Giratomi di nuovo verso il cane mi resi conto che era sparito, lasciando guinzaglio e collare a terra, tramortito dalla sorpresa lo cercai invano in quella notte senza luna. Dopo qualche minuto perso a cercarlo decisi che sarebbe stato in grado di ritrovare da solo la via di casa. Ora solo e sorpreso ripercorrevo in senso inverso la strada da cui ero venuto, i canti degli uccelli notturni si facevano sempre più intensi, le zanzare mi divoravano e i pipistrelli volteggiavano passandomi a pochi centimetri dalla testa, costringendomi a chinare il capo ogni volta. Arrivato al primo incrocio pensai per qualche minuto alla strada da prendere e quando mi giunse all'orecchio uno strano grugnito dalla strada di destra, decisi d'imboccare quella di sinistra, nonostante il caldo venni percorso da dei brividi. L'aria greve e soffocante, il fitto buio e le melodie della notte fecero viaggiare la mia mente in abissi di paura e terrore, smarrito e solo percorrevo strade non sicure e forse pericolose. Nel buio avevo apparizioni di globi luminosi, ombre furtive, fruscii di passi inseguitori e bisbiglii dal granturco. Proprio quest'ultimo era divenuto una presenza ostile ed inquietante, sentivo sospiri e risa sommesse provenire dalle infami coltivazioni ed ogni tanto sentivo uno schiocco come se il fusto di una di queste piante si spezzasse sotto il peso di qualcosa. Ne ebbi abbastanza ed iniziai a correre come un ossesso, sarei uscito da qualche parte, pensai, e per qualche tempo corsi come un folle che fugge da qualcosa che la sua mente ha prodotto per torturarlo. Correvo e non sentivo nulla, l'afa mi soffocava, il sudore mi bruciava gli occhi e la strada dissestata tentava di farmi inciampare. Sfinito iniziai a rallentare fino a fermarmi, una volta fermo sentii dei passettini che s'arrestarono subito dopo di me, venivano dalla parete di granturco alla mia destra e pensando fosse il maledetto cane iniziai a chiamarlo sommessamente. Tutto tacque. Non mi azzardai neppure ad addentrarmi, anzi ripresi a camminare fermandomi ogni tanto per sentire se i passi seguitavano ma tutto era regolare, pensai di averli solo immaginati, oppure qualche animaletto allarmato dal trambusto si era messo in fuga. Tranquillizzato da quella mia razionalizzazione presi una svolta a destra e percorso qualche centinaio di metri mi trovai senza via d'uscita. Il granturco mi aveva quasi completamente assediato.

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