Capitolo 14: ~Ti starò sempre vicino~

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La squadra aveva raggiunto le semifinali. Era un risultato straordinario, frutto di un risveglio collettivo che aveva trasformato la nostra determinazione dopo la partita contro Infinite e la Fiducia Incrollabile. Non potevo che essere orgoglioso di ciò che avevamo ottenuto. Tuttavia, un annuncio inatteso cambiò completamente il nostro scenario. L'UltraMegaEdera, originariamente nostro avversario, era stata sostituita dalla Royal Academy, la favorita indiscussa del girone. Il nome incuteva rispetto, ma non era questo a turbarmi maggiormente. Tra le loro fila c'era Luce. La sua presenza sul campo mi preoccupava più di qualsiasi altra cosa. Era più di una semplice avversaria; per me, rappresentava qualcosa di profondamente personale. Dovevo affrontare la realtà: stavo cominciando a provare qualcosa di nuovo; di diverso nei suoi confronti. Ammetterlo anche solo a me stesso era stato complicato, ma ora l'idea di sfidarla sul campo rendeva tutto ancora più difficile.

Mentre riflettevo, immerso nei miei pensieri, una voce familiare interruppe il flusso delle mie preoccupazioni. «Capitano, tutto bene?» chiese Sam, osservandomi con un'espressione attenta.

Mi riscosse dal mio silenzio. «Sì, tutto a posto. Di cosa stavamo parlando?»

Gabi intervenne senza esitazione. «Stavamo discutendo dell'unico modo per superare la difesa della Royal: l'Assalto Tuonante.»

«Cos'è l'Assalto Tuonante?» domandò Arion, mostrando il solito entusiasmo e curiosità.

Gabi rispose con professionalità. «È una tecnica che abbiamo ideato insieme al mister Travis. Prevede che cinque giocatori si passino la palla, caricandola progressivamente di energia. Il sesto giocatore ha un ruolo cruciale: deve avere una potenza di tiro tale da rompere la linea difensiva con un colpo decisivo.»

«Perfetto» concluse Mark con il tono deciso di un vero leader. «Alleniamoci immediatamente su questa tecnica. Arion, Riccardo e Ballzack, sarete voi a provare il tiro. Forza, tutti in campo!»

Cercai di focalizzarmi sul lavoro. Sapevo che affrontare la Royal sarebbe stata una sfida impegnativa, non solo a livello tecnico ma anche emotivo. L'immagine di Luce continuava a riaffiorare nella mia mente, insieme a tutte le emozioni contrastanti che provavo nei suoi confronti. Ma per il bene della squadra, dovevo mettere da parte ogni pensiero personale e concentrarmi sull'obiettivo. Non c'era spazio per distrazioni: solo per il calcio e per la vittoria.

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L'orario ufficiale degli allenamenti era terminato, ma non per me. Gli allenamenti supplementari erano diventati il mio rifugio, il mio modo di affinare ogni dettaglio. Raggiunsi la panchina con movimenti lenti, il corpo stanco ma ancora pronto a dare il massimo. Mi asciugai il sudore dalla fronte, lasciandomi cadere accanto alla borraccia. Una mano si posò delicatamente sulla mia testa, scompigliandomi i capelli.

«Pronta, Evans?» domandò Caleb, il tono fermo, ma intriso di un'inaspettata dolcezza.

«Sempre pronta» risposi con un sorriso divertito, prima di inclinare la testa in modo malizioso. «Ma prima dimmi una cosa: è vero che ti sei messo con l'allenatore Sharp?»

Caleb sospirò teatralmente, girandosi verso di me con un'espressione che mescolava esasperazione e divertimento. «Non ti sfugge mai nulla, eh? Sì, mi sono fidanzato con Jude.»

Il sorriso che si aprì sul mio viso era sincero, quasi luminoso. «Sono felice per te, davvero. Te lo meriti.»

Annuì appena, accennando un sorriso che sembrava contenere tutto il mondo, poi fece cenno di seguirlo al centro del campo. Non ci fu bisogno di parole: una palla scagliata con precisione e potenza fu il nostro unico dialogo. La respinsi con decisione, e il suo cenno di approvazione mi diede una carica indescrivibile.

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«Vedo che stai migliorando» disse con un tono che lasciava trapelare una leggera sfida. «Oggi voglio insegnarti una tecnica speciale.»

Sentii l'entusiasmo crescere dentro di me, impossibile da contenere. «Quale tecnica? La Scivolata Micidiale? Il Calcio Stordente? La Grande Illusione? Il Campo di Forza? Quale? Dimmi!»

Caleb rise, scuotendo la testa. «Frena, piccoletta. Niente di così eclatante. Voglio che impari alla perfezione la Trappola del Fuorigioco.»

Il mio entusiasmo si spense come una candela al vento. «La Trappola del Fuorigioco?» ripetei, incerta. «Non credo di esserne capace. Serve una visione di gioco impeccabile e precisione assoluta. Non penso di essere all'altezza.»

Caleb si fermò, i suoi occhi si fissarono nei miei con una calma disarmante. «Ti sottovaluti. Sai perché ti ho messo a centrocampo? Perché credo in te. Voglio che sviluppi la visione di gioco e la leadership di un regista. E fidati, ne hai tutte le capacità.»

Volevo ribattere, ma lui non mi diede il tempo. «Basta parlare. Dimostrami cosa sai fare.»

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Il corpo mi si era letteralmente arreso. Quando Caleb finalmente decretò la fine dell'allenamento, mi lasciai cadere sull'erba come se il campo fosse diventato il mio unico appiglio. Il sudore mi colava dalla fronte e lungo il corpo, impregnando la divisa che aderiva come una seconda pelle. Caleb si avvicinò, porgendomi una mano per aiutarmi a rialzarmi.

«Straordinaria» disse con un tono che non ammetteva repliche. «Hai visto? Ce l'hai fatta. Domani in campo sarai inarrestabile.»

Quelle parole, pronunciate con tanta convinzione, ebbero su di me un effetto dirompente. Abbassai lo sguardo, cercando di trattenere le lacrime che premevano per uscire. «Perché lo fai?» chiesi a voce bassa. «Non merito la tua stima. Ho tradito la tua fiducia unendomi al Quinto Settore. Dovresti odiarmi, non aiutarmi.»

Quando Caleb si tolse la giacca e me la mise sulle spalle, la sensazione di calore mi colpì come un'ondata improvvisa. Era un calore che non proveniva solo dal tessuto, ma dall'intento dietro il gesto. Mi sentivo protetta, accettata, anche se non pensavo di meritarlo.

«Luce, ascoltami bene» iniziò Caleb, la voce più dolce ma ferma. Mi prese per le spalle, costringendomi a guardarlo negli occhi. «Non esistono persone perfette, e di certo non esistono giocatori perfetti. Ma sai cosa ti rende speciale? Tu non ti arrendi mai, anche quando pensi di aver fallito.»

Caleb, stringendo leggermente le mani sulle mie spalle. «Non puoi tradire la fiducia di qualcuno che ti conosce davvero. So chi sei, Luce. So cosa hai passato e perché hai preso certe decisioni. E so anche che, nel profondo, non hai mai smesso di lottare per ciò che è giusto.»

Quelle parole scossero qualcosa dentro di me. Volevo credergli, ma sentivo che il peso dei miei errori era troppo grande da ignorare. «E se fallisco di nuovo?» chiesi, la voce incrinata. «Se non sarò mai all'altezza delle aspettative di nessuno?»

Caleb mi fissò con un'intensità che non avevo mai visto prima. «Non importa quante volte cadi, ma quante volte ti rialzi, Luce. È questo che ti rende forte. Ed è per questo che credo in te.»

Quelle parole fecero breccia nel muro che avevo costruito intorno al mio cuore. Le lacrime iniziarono a scendere silenziose, ma questa volta non cercai di fermarle. Caleb mi attirò a sé, stringendomi in un abbraccio che parlava più di mille parole. Era un abbraccio che mi diceva che, nonostante tutto, non ero sola. Dopo qualche istante, si staccò e mi sorrise, tornando al suo solito tono scherzoso. «Adesso basta melodrammi, eh? Domani hai una partita importante. E io voglio vederti usare quella Trappola del Fuorigioco come se fosse stata inventata solo per te.»

Conosco solo la vendetta -Inazuma Eleven go-Where stories live. Discover now