Quel Suono Nella Mente

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L'uomo ha da sempre reagito in maniera diversa a tutto ciò che i suoi cinque sensi percepiscono. In maniera diversa, poiché ognuno vede e sente il mondo e la propria vita in modo singolare e difficilmente interpretabile da qualcun' altro.
Gli occhi vedono il visibile, che spesso varia in base al credo di ognuno di noi ed alla nostra sensibilità.
L'udito invece ha un qualcosa che accomuna tutti.
I rumori che ci circondano sono sempre gli stessi e la nostra mente li registra tutti per capire di cosa si tratti, prima ancora di aver potuto vedere cosa stia succedendo. La parte più affascinante è come l'essere umano reagisca a questi suoni.
Un volume che rimanga a livelli abituali non ci preoccupa, infatti alcuni suoni possono farci piacere, come sentire la voce di un amico che non incontriamo da molto tempo.
Invece è diverso sentire la voce di qualcuno che non conosciamo, cerchiamo subito di capire chi abbiamo davanti e, dopo un' accurata analisi, lo classifichiamo come persona affidabile, piantagrane o in qualsivoglia altro modo.
In qualche modo, la sua voce ci rimarrà ben impressa e se dovessimo sentirla ancora ci salterebbe subito in mente la sua immagine.
Per la musica è diverso, ci stimola e ci spinge ad ascoltarla ad alto volume fino a farsi venire il mal di testa.
Ancora non riuscivo a capire come certe persone affermassero di sentire rumori, suoni o voci all'interno della propria testa. Era una cosa di cui non mi capacitavo anche perché queste persone venivano considerate pazze.
Un giorno conobbi però un uomo che mi fece ricredere, si chiamava Alberto. Aveva un fisico robusto, poco più alto di me, con un viso paffuto dove spiccavano grandi occhi tanto da apparire sproporzionati rispetto al resto del volto, il suo naso era leggermente schiacciato e delle folte sopracciglia riempivano la sua stretta fronte già parzialmente coperta dai capelli.
Entrambi avevamo una cosa in comune: la passione per la musica.
Lo incontrai per la prima volta nell'auditorium dove suonavo con l'orchestra. Io suonavo il violino e lui il violoncello.
Non era solito parlare o cercare di fare conversazione ed io non sopportavo vederlo sempre in disparte. Dopo aver finito con l'orchestra decisi quindi di avvicinarmi. Mi raccontò che si era appena trasferito e arrivava da un'orchestra famosa a livello internazionale ed io stupito non potei fare altro che domandargli il perché di questa scelta. Certo, la nostra orchestra era conosciuta in tutta la regione ma non era minimamente paragonabile a quella da cui arrivava.
Ridacchiò e mi confessò che il suo interesse non erano le orchestre, la fama o i soldi, bensì la musica. Più specificatamente era alla ricerca di nuovi suoni che nessuno aveva mai sentito prima.
Rimasi confuso da tali parole poiché non riuscivo a capire di cosa stesse parlando; ero musicista da ormai parecchi anni e mi ero sempre limitato a credere che la musica fosse eccezionale proprio perché grazie a solo sette note era possibile creare una moltitudine infinita di melodie, sinfonie e opere. Ero stupito di come con così poco fosse possibile creare così tanto.
A lui questo però non bastava, cercava di più, voleva creare delle nuove note tutte sue.
Infine si accorse che lo stavo guardando con fare perplesso e mi chiese se avessi voluto seguirlo la sera a casa sua dove mi avrebbe spiegato meglio ciò di cui stava parlando dandomi pure una dimostrazione pratica.
Titubai qualche istante prima di rispondergli poiché pensai che nessuno invita mai qualcuno appena conosciuto a casa propria, ma nonostante il mio buon senso mi dicesse di rifiutare non potei fare altro che accettare incuriosito.
Lui sorrise e mi disse di essere lieto che fossi incuriosito a riguardo.
Calò la sera e come stabilito mi presentai davanti casa sua: una grande palazzina da cinque piani, formata da diversi appartamenti e situata nel centro della città.
A quel punto suonai il citofono e la porta d'entrata si aprì immediatamente mentre una voce proveniente dall'interfono mi specificava di salire al secondo piano.
Seguii le indicazioni e giunsi su un pianerottolo in cui una sola porta era aperta e dietro ad essa c'era Alberto che mi stava aspettando. Entrai e dopo che lui ebbe chiuso la porta alle mie spalle mi accolse calorosamente e mi fece sedere su di una poltrona e si avvicinò reggendo tra le mani uno strumento che pareva essere l'incrocio tra una viola ed una chitarra le cui corde erano fatte di una lega metallica che non avevo mai visto prima. Mi mostrò uno spartito facendomi notare le note diverse rispetto a quelle comunemente usate, bensì erano originali come lo strumento che lui stesso affermò di aver costruito.
Non mi rivelò i materiali che aveva usato per crearlo, ma, osservandolo, compresi che si trattava di vecchio legno e quella lega metallica che più la fissavo e più mi disturbava. Quando finì di spiegarmi come funzionasse la lettura di quelle strane note e di come si suonava quello strumento, passò alla pratica prendendo un archetto.
Sebbene le corde vibrassero, nessun suono usciva dalla cassa armonica. Rimasi stupito e affascinato. Alberto mi disse che sarebbe servito un po' di tempo prima di poter sentire la melodia. Così pazzientai e udii qualcosa. Non sono effettivamente sicuro di averlo sentito, era più come se lo avessi percepito, quasi fosse già presente nella mia testa senza saperlo. Era un suono gradevole e risuonava nella mia testa, come se rimbalzasse da una parte all'altra nel mio cranio.
A quel punto smise di suonare, contento di essere riuscito a farmi sentire questo suono mai udito da nessuno prima d'ora.
Da quel momento cominciò un interrogatorio da parte mia che durò un' ora intera.
Tra una sua risata e l' altra nel vedermi sconvolto per ciò a cui avevo assistito mi rivelò che non aveva ancora ben capito come funzionava. Era convinto che producesse delle onde sonore ad una frequenza che non veniva elaborata dal timpano ma che lo attraversava raggiungendo direttamente il cervello provocando quella strana sensazione.
Ormai era tardi e il giorno dopo sarei dovuto andare alle prove con l'orchestra quindi mi alzai e, ringraziandolo, mi avviai verso l'uscita mentre lui disse che avrebbe continuato a studiare quello strumento.
Fu una notte diversa dalle solite. La melodia che avevo sentito qualche ora prima era ancora nella mia tesa. Non era più ben nitida e chiara come prima e la cosa mi infastidiva perché era come sentire un qualsiasi strumento stonato che continua a produrre fastidiose note. Nonostante tutto riuscii comunque a stendermi sul letto e dormire. Il giorno seguente la melodia scomparve totalmente, tanto che anche provando a pensarci non riuscivo a ricordarla minimamente.
Giunto all'auditorium vidi che eravamo tutti presenti tranne che Alberto. Pensai che fosse in ritardo, che avesse dormito troppo siccome aveva deciso di continuare a suonare anche dopo che me ne ero andato.
Lui non arrivò.
E come non arrivò quel giorno non arrivò nemmeno quello seguente e quello seguente ancora.
Decisi che sarei andato a trovarlo per vedere che fosse tutto a posto. Forse si era ammalato o forse era solo stanco di suonare e voleva prendersi una piccola pausa. Strano però che non avesse avvisato nessuno. Arrivato davanti a casa sua suonai il campanello ma non ottenni alcuna risposta. Però in quel momento un inquilino stava uscendo e mi chiese se dovessi entrare. Senza esitare ne approfittai ed entrai.
Salii al secondo piano e bussai alla sua porta. Prima delicatamente e poi più energicamente.
Ancora nessuna risposta.
Provai quindi ad afferrare la maniglia e la porta si aprì. Mi accorsi che era un po' rigida, costringendomi dunque a esercitare un po' di forza per spalancarla e, nel momento in cui avvenne, capii qual'era il motivo.
Il corpo di Alberto era disteso per terra; presumibilmente era stato colto da un malore andando poi a sbattere contro la porta e nessuno se n'era accorto. Vidi che dalle sue orecchie era colato del sangue e osservando la stanza trovai altre gocce sul pavimento.
Stranamente il mio pensiero cadde solo sullo strumento che mi aveva mostrato. Raggiunsi quindi la poltrona sulla quale mi ero seduto precedentemente sperando di trovarlo lì ma notai invece che era presente un foglio con delle scritte sopra:
"Ormai è troppo tardi. L'ho scoperto, l'ho sentito ed ora fa parte di me. Ma come possono la mia anima e la mia fragile mente sopportare questa perpetua melodia che fa parte di tutti noi? Sono riuscito a rompere la barriera che racchiudeva quella sinfonia ma il prezzo da pagare era purtroppo oltre a qualsiasi limite immaginabile. Dev'essere questo ciò che provano quelli che noi chiamiamo pazzi. Ma no, loro non lo sono. Stanno solo combattendo una guerra internamente, tra anima e coscienza. E proprio loro sono mille volte più forti di noi che crediamo solo di comprendere ciò che ci sta attorno. So anche che a leggere questa nota scritta che ho lasciato sia proprio tu e spero tu abbia capito ciò di cui sto parlando. Detto questo ho deciso di distruggere tale strumento poiché nessuno di noi riuscirebbe a contenere ciò che verrebbe sprigionato da quei rumori solamente percepibili e non ascoltabili. Un ultimo saluto a te che hai avuto però l'onore di aver sentito il suono della tua anima e che, anche se non te ne ricorderai il suo motivo musicale, avevi apprezzato entusiasta.
Firmato Alberto."

Quel Suono Nella MenteOnde histórias criam vida. Descubra agora