Dear Florida

138 14 4
                                    

Importante: fanfiction coperta da copyright, se plagiate son cavoli vostri, sappiatelo.

Kageyama non credeva sul serio che avrebbe mai potuto vincere quello stupidissimo viaggio per la Florida. Grattò il volantino del supermercato soltanto per zittire Hinata, che continuava a sventolargli davanti alla faccia una monetina da cento Yen e a dirgli di provarci, perchè tanto non aveva niente da perdere. E così, prima di mettere in moto la sua mitsubishi e uscire dal parcheggio, lo accontentò con un sospiro esasperato, ritrovandosi a leggere dapprima sospettoso, e poi sbalordito, la scritta 'You win' che era appena comparsa sotto la patina grigia screpolata.
«Merda» imprecò, schioccando la lingua con disappunto.
«Perchè te la prendi?» domandò Hinata, con una risata leggera. «Mica speravi davvero di avere una possibilità, no?»
Kageyama gli passò il foglio, senza neanche sprecarsi ad aprire bocca. L'urlo di Hinata che gli esplose nelle orecchie lo fece sobbalzare.
«OMMIODDIO!» gridò, mettendosi una mano fra i capelli. «Ti prego, ti prego, ti prego, portami con te.»
Kageyama gli mollò un pugno sulla spalla per farlo stare zitto e soprattutto fermo, visto che continuava a saltare irrequieto sul sedile e il suo stomaco cominciava a risentirne.
«Scordatelo. Perchè diamine dovrei andare in Florida?» sbottò Kageyama, aggrottando le sopracciglia. «Gioco per la nazionale. Ho gli allenamenti.»
«Anche io gioco per la nazionale, scemo» lo rimbrottò Hinata, gettandogli un'occhiata di fuoco. «Ma sono solo quattro giorni! E abbiamo la pausa per le feste natalizie...»
«Io non vado in pausa» rispose Kageyama stizzito, quasi ferito da quella insinuazione.
«Io nemmeno, ma è un viaggio gratis per l'America! Dall'altra parte del mondo! Vitto e alloggio inclusi!» disse Hinata, guardandolo con gli occhi sbarrati. «Non puoi mica farti sfuggire un'occasione del genere!»
Kageyama riflettè, portandosi una mano sulla guancia. La Florida era lontana dal Giappone. Molto lontana dal Giappone. Troppo lontana dal Giappone. Avrebbero dovuto prendere l'aereo, e soprattutto farsi tante ore di viaggio. Impossibilità di allenarsi. Jet leg al ritorno che avrebbe sicuramente influito sulle sue prestazioni.
«Le palestre sono chiuse per due settimane! Per riabituarti all'orario ti basterà un giorno!» esclamò Hinata, come se gli avesse letto nel pensiero, e probabilmente era così.
«Io-non-ci-vado» scandì Kageyama, e accese la macchina. Hinata, fulmineo, gli sfilò il volantino dalle mani.
«Che diavolo fai?!»
«Beh, se non ci vai tu, allora andrò io. Credo proprio che Atsumu-san mi accompagnerebbe mooolto volentieri» rispose Hinata, con un sorriso vittorioso e un luccichio malizioso negli occhi.
«Scordatelo» rispose Kageyama, con più veemenza di quanto ci tenesse a mostrare. «Tu con lui non vai da nessuna parte.»
«Sei geloso, Kageyama-kun?»
«Niente affatto!» sbottò, sentendo le proprie guance avvampare. «Il volantino è mio, decido io se andare o meno, e soprattutto chi portare con me. Quindi ridammelo, ora.»
Hinata ridacchiò, se possibile ancor più contento di prima. Kageyama dovette contenersi per evitare di tirargli un pugno dritto sul naso.
«Ti sei dimenticato chi ti ha prestato la carta per pagare, prima? Sai che nome c'è scritto su quello scontrino?»
Kageyama abbassò immediatamente lo sguardo sullo scontrino che gli spuntava dalla tasca della tuta.
Hinata Shouyou.
«Proprio così!» aggiunse l'altro, soddisfatto. «Questo significa che anche il volantino è mio, e che dunque posso decidere se andare o meno, e soprattutto chi portare con me.»
Maledizione. L'influenza dei suoi nuovi compagni di squadra l'aveva reso decisamente più perspicace.
«Quindi, ci vieni o devo chiederlo a...»
«Ci vengo, ci vengo!» si ritrovò a rispondere rabbiosamente. Se c'era una cosa fastidiosa tanto quanto non allenarsi per un giorno, quella era immaginare Atsumu e Hinata in vacanza da soli. Come se non passassero già abbastanza tempo insieme.
«MITICO!» esclamò Hinata contento, alzando le braccia in un gesto di vittoria.
«Merda» sussurrò Kageyama, uscendo finalmente da quel dannatissimo parcheggio.

***


La Florida non era solo lontana. Era anche dannatamente piovosa.
Non appena uscirono dall'areoporto, una forte tempesta li fracicò in meno di trenta secondi. Caricarono i loro trolley su un taxi, e si sedettero nei sedili anteriori battendo i denti. Hinata mostrò all'autista l'indirizzo dell'appartamento dove avrebbero soggiornato, poi lui annuì e mise in moto.
«Da dove venite?» domandò, in americano.
«Giappone!» rispose Hinata, spostandosi una ciocca gocciolante dalla faccia.
«Pessimo momento per fare i turisti, questa è la stagione delle piogge.»
Hinata sbarrò gli occhi, prima di rivolgersi a Kageyama. «Tu lo sapevi?»
«Che cosa?» domandò a sua volta, poichè non aveva afferrato assolutamente niente di quella conversazione.
«Che in Florida adesso c'é la stagione delle piogge.»
«Merda» sibilò, chiedendosi di nuovo chi diamine glielo avesse fatto fare.
Arrivarono alla loro destinazione dopo circa quaranta minuti, ma il taxi aveva l'aria calda accesa, e un po' riuscirono ad asciugarsi. L'appartamento si affacciava su una grande strada probabilmente centrale, anche se con il buio non si capiva troppo bene, e sembrava nuovo e pulito. Sarebbe stato un luogo perfetto per soggiornare durante una vacanza, se non ci fossero stati quei tuoni così forti da far sobbalzare loro l'anima, e quel vento così impetuoso da trascinarli quasi via. E meno male che erano giocatori professionisti e ben piazzati, altrimenti le folate li avrebbero fatti volare lontano. Afferrarono in fretta e furia le loro valigie, Hinata pagò il tassista (che si limitò a pronunciare un 'good luck!', con un tono quasi beffardo) e Kageyama si precipitò a suonare il campanello.
Una signora dal sorriso gentile aprì la porta, invitandoli a entrare.
L'appartamento era caldo e accogliente. Kageyama si sentì subito meglio. Era arredato in maniera semplice, ma funzionale, e non c'era un granello di polvere.
«Mi dispiace per il tempo» disse la signora, puntando il dito verso la finestra. «Ma sapete, questo non è il periodo migliore per venire in vacanza in Florida.»
«Ce... ce ne siamo accorti» balbettò Hinata, ancora gocciolante.
La signora, che si chiamava Mary, li condusse al piano di sopra, davanti a una porta di legno dal pomello dorato.
«Questa è la vostra stanza. Io dormo al secondo piano, ma venite pure a svegliarmi in caso ce ne fosse bisogno» sorrise gentile, cedendo a Hinata una grossa chiave dorata, in tinta con la maniglia. «Se avete fame, prendete pure tutto ciò che volete dalla cucina. Con questo tempo non vi conviene andare in giro, soprattutto se non siete del posto.»
Kageyama e Hinata chinarono la testa rispettosi, ringraziandola. Mary-san rivolse loro un ultimo cenno gioviale, prima di avviarsi lungo la scala a chiocciola che conduceva al piano di sopra, lasciandoli soli.
Hinata infilò la chiave nella serratura, e finalmente entrarono nella stanza.
«Merda» fu la prima cosa che disse Kageyama.
«Merda» lo seguì a ruota Hinata, non appena i suoi occhi si posarono sul letto.
Era matrimoniale. Era un fottutissimo letto matrimoniale.
«Beh» disse Hinata dopo qualche istante. «Guardiamo il lato positivo.»
Kageyama si voltò a fissarlo sconvolto, mentre una furia cieca mista a voglia di piangere si faceva strada sino alla sua gola. «C'è... c'è un lato positivo?»
«Non può andare peggio di così.»

Dear Florida Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora