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Liberio era una cittadina dagli edifici colorati, traboccante di vitalità e nuove tecnologie.
Con l'inizio della stagione primaverile, l'aria si riempiva di dolci profumi, era possibile trovare bancarelle ricche di ogni cibo possibile ed immaginabile vicino i marciapiedi, e i bambini andavano scontrandosi con i passanti mentre giocavano, le loro risate udibili anche dalle più nascoste viuzze.
Tutto il mondo vedeva in questa città un simbolo di prosperità e bellezza storica, ma agli occhi di poveri demoni provenienti dall'isola di Paradis, la cui civiltà sembrava essersi cristallizzata al periodo pre-industriale, essa risultava soltanto caotica, seppur innovativa.
Tra le vie illuminate da lampioni a gas in una sera di freddo pungente, Levi Ackerman camminava a testa bassa, abbigliato in un completo grigio da uomo, diretto verso una casetta al confine con il distretto d'internamento.

Aprì la porta dell'abitazione con le chiavi che il proprietario stesso gli aveva consegnato e si curò di richiuderla con quattro mandate, per poi togliersi la giacca e lanciarla con nonchalance su una poltrona.
Arrivato in camera da letto, trovò il padrone di casa poggiato al davanzale della finestra, lo sguardo rivolto al cielo ormai buio. Era talmente assorto da non essersi accorto che l'elastico, con il quale teneva fermi in una coda i capelli color cioccolato, si era allentato, lasciando delle ciocche libere di poggiarsi sulle sue spalle.
-Sono tornato-salutò Levi. -Oggi il centro città era un casino, ho fatto i salti mortali per accompagnare Hanji in panetteria.-
Il ragazzo sembrò ignorarlo, quindi schioccò la lingua per provocare una reazione da parte dell'altro.
-Oi, sei qui o il tuo cervello per ora è su un altro pianeta? Eren, sono tornato.-
Nessun cenno. Allora, Levi capì di dover rivolgergli una domanda più mirata.
-A cosa stai pensando?-
Eren finalmente si voltò, ma non gli rispose.
D'altronde, non vi era bisogno di spiccicar parola: quello sguardo, un tempo segno distintivo del ragazzo, non era più lo stesso di circa quattro anni prima.
Quegli occhi grigi tendenti al verde alla luce solare, che il Capitano aveva adorato per la vitalità che albergava costantemente in essi, adesso erano come una torcia priva del suo fuoco, consumata fino alla base del legno. Spenta.
-Eren, conosco quello sguardo. Non comportarti da idiota, parla.-
Il giovane sbuffò, ma qualcosa nel suo animo sembrò smuoversi; distolse pigramente lo sguardo dal vetro della finestra, per poi avvicinarsi a Levi con un'espressione indifferente dipinta in volto.
-Cosa farai se non parlo, Capitano? Mi farai arrestare? Oppure mi taglierai in piccole fettine, fino a non potermi più rigenerare?-
Il più basso, non abituato a reazioni simili da parte di Eren, si trovò per un attimo in difficoltà.
-Che cazzo...che cazzo stai dicendo, Eren?-
-Per caso stai iniziando ad invecchiare e a perdere l'udito? In tal caso, sono disposto a ripetere quello che ho detto.-
-Ho sentito benissimo. Ti ho chiesto a cosa stai pensando, e voglio una risposta. Ne ho abbastanza di vederti mettere radici qui dentro e fissare il vuoto come un ebete! Dimmi qualcosa.-
Inaspettatamente, Eren lo afferrò per un polso e lo sbatté violentemente contro il muro, le guance tinte di rosso per l'irritazione.
-Noto che ti sei scaldato-osservò Levi in tono amaro, misto a divertimento. -Mi rallegra sapere che hai ancora voglia di sbattermi al muro.-
-Zitto-ringhiò il mutaforma, premendolo ancora di più contro la parete gelida. -Non ho bisogno di nessuno, neanche di te. Non continuare a venire qui, non ho nulla da dirti.-
-Se non avessi voluto vedermi, non mi avresti dato le chiavi di casa.-
-Io ti odio con tutto me stesso, Capitano. Odio tutti voi, che non capite nulla del futuro che ci attende.-
A quel punto, Levi si lasciò sfuggire una risata gutturale, priva di umorismo. -No, tu non mi odi affatto. Puoi rifilare certe stronzate ai tuoi amici, ma non a me.-
-Capitano, tu...-
-Smettila di chiamarmi "Capitano". Non sei più mio sottoposto, siamo più o meno soldati dello stesso rango.-
Il muta forma emise un sospiro, come fosse stanco di sentire quella frase ripetuta troppe volte. -Certe cose non cambieranno mai, lo sai.-
-Bene, adesso potresti lasciarmi? Non sento più le mani-replicò Levi, indicando con un cenno i polsi bloccati dalle mani di Eren.
Il castano, seppur con fare noncurante, esaudì la richiesta dell'altro e fece un passo indietro, come in attesa.
-Cosa vuoi? Parla, altrimenti possiamo finirla qui e salutarci.-
-Voglio capire cos'hai in mente, e magari tentare di aiutarti.-
-Non puoi aiutarmi. Tu non potrai mai capire del tutto, non hai visto frammenti del futuro. Non hai la più pallida idea di cosa farò.-
-Smettila, Eren-sbottò Levi, battendo la punta del piede a ritmo cadenzato, -Qualunque azione compierai, non sarà poi chissà cosa. Si tratta di auto difesa, di certo non lascerai che i soldati marleyani ti uccidano.-
-No-lo fermò Eren, determinato, -Porterà morte, e tanta sofferenza. Sarà disumano.-
-Come faccio a sapere se si tratterà davvero di un'azione disumana, se non me ne parli?-
-Non posso dirti altro. Spiegarti il piano porterebbe conseguenze spiacevoli.- Intento com'era a parlare, Eren non si era reso conto di quanto il Capitano si fosse avvicinato al punto in cui si trovava.
Se non avesse imparato a controllare le proprie emozioni, avrebbe spalancato la bocca per lo stupore: Levi non era praticamente mai il primo ad instaurare un contatto, si sentiva troppo in imbarazzo per farlo.
Avvicinandosi così tanto ad Eren, aveva espresso chiaramente la volontà di non mollare la presa.
-Eren. Lo chiamò in un tono quasi disperato, in netto contrasto con il suo essere all'apparenza gelido.
A quel punto, Eren non riuscì più a trattenersi: tirò a sé il Capitano, concedendosi di gettare via la maschera che si era proposto di mettere per allontanare le persone a lui più vicine.
-Non posso permettere che tutti voi moriate-ammise, gli occhi lucidi.
-Eren-ripeté il corvino, la guancia premuta contro il petto dell'altro. -Qualsiasi cosa tu abbia visto, possiamo affrontarla tutti insieme. Siamo sopravvissuti a Shiganshina, riusciremmo di certo a trovare una soluzione per delle memorie future che ti tormentano.-
-Basta, per favore.- Strinse il Capitano più forte, il battito del cuore talmente accelerato da sembrare lo scalpitio di un cavallo.
Rimasero in quella posizione per un tempo indefinito, fino a quando Levi non si districò dall'abbraccio e guardò Eren dritto negli occhi.
-Baciami.-
-Tu... nonostante ti stia deludendo, continui a voler starmi vicino?-
-Sta' zitto. Baciami.-
E il muta forma, seppur esitando un attimo, lo accontentò.
Le sue labbra si posarono leggere su quelle carnose del Capitano, il quale si abbandonò totalmente a quel contatto abbassando le palpebre e poggiandogli le mani sulle spalle, senza indugio.
Eren allora si sentì autorizzato ad approfondire il bacio cingendogli la vita e affondando la punta delle dita sui suoi fianchi invitanti.
Non voleva ammetterlo, ma Levi toccava le corde più profonde del suo animo, da sempre.
Anche con un semplice movimento, riusciva ad attirare la sua attenzione e a renderlo inerme senza rendersene conto. Si era domandato spesso che tipo di potere egli possedesse per stregarlo in tal modo, ma non era mai riuscito a dare una risposta al suo quesito.
Levi era genuino in ogni sua manifestazione, forse era proprio questo il segreto del suo estremo fascino.

Farewell, my monster- EreriHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin