Run, Little Rabbit, Run

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Run, Little Rabbit, Run

Run boy run! This world is not made for you
Run boy run! They’re trying to catch you
Run boy run! Running is a victory
Run boy run! Beauty lays behind the hills

Corsi nel bosco e il mostro mi seguì.

Correvo con tutte le sue forze, anche se le gambe mi facevano male, anche se avrei voluto fermarmi e riposare, anche se non sapevo dove stessi andando.

Correre, scappare, salvarsi.

Era questa l’unica cosa cui pensavo, mentre sfrecciavo fra gli alberi, ferendomi il viso e le braccia scoperte con i rami. La pelle era sporca di terra e sudore, i lunghi capelli biondi erano disordinatamente raccolti in una coda di cavallo. Erano così lunghi che, pur essendo legati, mi scendevano fin sotto le spalle.

Sapevo di dover trovare un posto sicuro, prima che facesse buio. Il sole stava tramontando ed il cielo si era tinto di rosso, il colore del sangue.

Troppo ne avevo visto versare da quando tutto era iniziato, da quando la mia vita era stata sconvolta, forse per sempre.

Gli alberi erano così alti da sembrare che toccassero il cielo con il loro folto fogliame, degno di una fiorente primavera mai iniziata veramente. Le cortecce erano sporche di pece e qualche volta dal fin troppo familiare liquido scarlatto. Gli animali si nascondevano nelle loro tane, temendo il mondo esterno e morendo di fame. L’aria intorno a me era pesante e rendeva difficile la respirazione, come se mi trovassi in una stanza senza finestre e piena di polvere.

Tutto il mondo si era rinchiuso in se stesso per la paura. La stessa paura che in quel momento aveva pervaso il mio essere e che mi stringeva lo stomaco.

Eppure correvo. Ero sempre stata brava in quell’attività, perfino a scuola, ma non avrei mai immaginato di dover correre per salvarmi la vita.

Il rumore delle foglie sotto i piedi e il battito frenetico del suo cuore mi rimbombavano nelle orecchie come tamburi, i passi e i grugniti della creatura sembravano provenire da ogni angolo della foresta, da dietro ogni albero, tra ogni arbusto, come fossi circondata.

Calde lacrime cominciarono a rigarmi le guance, arrossate per lo sforzo. Ma non potevo fermarmi o rallentare, altrimenti sarebbe stata la fine.

Addentrarsi in un bosco per cercare riparo non era stata la mia migliore idea, ma, quando mi ero trovata davanti quell’ombra mostruosa che  allungava i suoi artigli insanguinati verso di me, scappare tra gli alberi mi era sembrata la cosa più sensata da fare. O almeno, era stata la prima cosa che il mio istinto mi aveva urlato di fare.

Correvo, cercando di non inciampare nelle radici che fuoriuscivano dal terreno o in qualche tronco caduto. Passavo attraverso gli alberi talmente veloce che faticavo a distinguerli gli uni dagli altri. Ne raggiunsi uno particolarmente grande, che poi capii essere una quercia alta e possente, e mi ci nascosi dietro.

Mi appoggiai contro la ruvida corteccia dell’albero, non curante del dolore o della pece che si attaccava ai vestiti, e ripresi fiato.

Sentivo i polmoni contrarsi alla ricerca disperata di aria fresca e il sudore colarmi lungo il collo e la schiena. La gola era secca e le labbra screpolate, mi sembrava passata un’eternità dall’ultima volta che aveva bevuto un sorso d’acqua o messo qualcosa nello stomaco.

Le buone maniere mi avevano impedito di sgattaiolare in casa altrui e rubare quel poco rimasto, benché ormai fossero tutte abbandonate. Quindi, mi ritrovai sfinita e affamata a fuggire da una delle laide creature che popolavano la terra.

Chiusi gli occhi e sentii le gambe tremare: avevo raggiunto il limite. Ero conscia che ora non sarei più riuscita a riprendere la corsa e che sarei morta.

Sentivo il mostro avvicinarsi, mentre il sole calava, quasi volesse nascondersi dall’orrendo spettacolo che stava per consumarsi.

Avevo già visto qualcuno venire ucciso da una di quelle cose, avevo visto il ventre squarciato, le viscere estratte e sbranate con avidità. Avevo visto gli occhi di quell’uomo che, mentre veniva mangiato vivo, mi chiedevano silenziosamente aiuto. Quegli occhi colmi di paura e lacrime avevano perso la scintilla vitale davanti ai miei occhi, mentre il mostro finiva il suo pasto. Quell’immagine non mi avrebbe mai abbandonata e il senso di colpa non avrebbe mai smesso di divorarmi, pur essendo consapevole che non avrei potuto fare nulla.

Conficcai le unghie nella corteccia della quercia per impedirmi di cadere; dovevo resistere, l’avevo promesso. Non mi sarei lasciata andare così, eppure mi sentivo prosciugata di ogni energia.

Piansi per questo; piansi perché non avrei potuto mantenere la promessa; piansi perché non volevo morire.

Improvvisamente sentii l’aria farsi più fredda e il cuore fermarsi. Un ramoscello si spezzò e il suo sordo giunse alle mie orecchie amplificato.

Il mostro era arrivato. Potevo sentire il suo alito caldo e pesante diffondersi nell’aria, come se fosse al mio fianco.

Mi sforzai di non voltare il viso per vedere dove si trovasse esattamente e puntai gli occhi davanti a me. Fu allora che la vidi.

Una casa, bianca e integra faceva capolino tra gli alberi, quasi fosse un miraggio. Come un faro di salvezza si ergeva dinanzi a me, un porto sicuro in cui avrei potuto ripararmi. E se era ancora in piedi, avrebbe potuto resistere anche alla creatura che mi dava la caccia.

Il mostro si avvicinava sempre di più, lentamente. Sapeva che ero lì e pregustava il momento che precedeva il suo pasto.

La villa non sembrava molto lontana, forse un centinaio di metri. Un’insignificante distanza quando il premio in palio era la vita.

Se avessi fatto affidamento alle mie ultime forze, c’erano buone probabilità che la raggiungessi.

La creatura emise un verso simile ad un ringhiò e sentii, dalle foglie schiacciate a terra, che si stava preparando all’attacco, come un felino, pronto a balzare sulla preda.

Strinsi le mani sudate sull’elsa del mio machete, presi un bel respiro. E nello stesso istante in cui la mostruosità scattò verso il mio nascondiglio, io feci lo stesso, alzando l’arma e ferendola sul muso, vicino all’occhio.

Non persi tempo per vedere quanto gravemente l’avessi colpita. Ripresi la mia corsa verso la salvezza.

La casa era sempre più vicina e gli alberi si facevano sempre più radi e sparsi. Erba morbida e apparentemente appena tosata si sostituì alla terra irregolare del bosco.

La creatura riprese l’inseguimento, questa volta più affamata e furiosa a causa della ferita. Sentivo gli artigli affondare nel terreno con ferocia e sete di sangue.

La villa era lì, davanti a me, bianca, candida, sicura.

Con un lieve sorriso di sollievo, salii la lieve salita del giardino, certa di essere salva.

Improvvisamente, il mio piedi si posò su qualcosa di troppo molle, che sfuggì da sotto di me, emettendo un fischio e facendomi perdere l’equilibrio.

Sbattei la testa, mentre le forze abbandonavano il mio corpo giunto ormai allo stremo.

Sarei morta. Questa volta nulla avrebbe potuto salvarmi.

La creatura era sopra di me, il suo alito fetido scaldava la mia schiena già in fiamme. La sua saliva mi colò tra i capelli, mentre le sue narici si dilatarono, assaporando l’odore invitante della carne della preda che finalmente era caduta tra le sue grinfie.

La mia arma giaceva davanti a me, brillando appena alla luce del sole morente.

La vista mi si annebbiò e la mia salvezza si dissolse davanti ai miei occhi.

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⏰ Ostatnio Aktualizowane: Jan 26, 2015 ⏰

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