23. Ignoto

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Steve spezzettava la carta della sua mappa in piccoli pezzettini, per poi piegarli in due e  portarseli in bocca, masticandoli per sciogliere la tensione che aveva accumulato nelle ultime ore.
Era sempre stato un ragazzo assolutamente impulsivo, in qualsiasi situazione, non aveva mai esitato un attimo per fare qualcosa che riteneva necessaria, soprattutto se quel qualcosa aveva a che fare con la violenza in tutte le sue forme. Ma in quel caso, aveva deciso che prima di agire avrebbe preparato uno schema mentale, per non farsi cogliere impreparato da eventuali accadimenti.
Non era molto bravo nella logica e ne era anche a conoscenza, però aveva qualcosa che molti ragazzi lì nel gioco non avevano: la forza.
Forse la gente lo temeva proprio per quel motivo e non si azzardava neanche a nominarlo o ad affrontarlo. In effetti lui non era mai stato accusato in modo serio da qualcuno del gioco. Era come se tutti lo escludessero, come se fosse troppo scontato per essere veramente lui uno degli impostori.
La morte pseudo-suicida di Chris gli aveva fatto riaffiorare alla mente dei vecchi ricordi, ciò che lui avrebbe voluto chiudere in un cassetto e buttare via la chiave per poterli finalmente dimenticare una volta per tutte e ricominciare da capo.
Ma a quanto pare non era possibile andare avanti senza portarsi dentro di se il suo passato. Lo sentiva come se fosse un marchio impresso nella sua pelle, come se ovunque andasse lasciasse una scia maligna, come se glielo potessero leggere stampato in faccia.
Dalla morte di Rachel, Steve aveva messo da parte le buone maniere e i buoni propositi che si era imposto mentre stava con lei, per non farle fare brutta figura, per farla contenta, ed era ritornato alle vecchie abitudini. In fondo sapeva benissimo anche lui quanto fosse distante dal suo modo di vivere.
Aveva conosciuto Caesar durante il suo periodo in prigione. Lui era lì a causa di un richiamo scolastico e doveva svolgere 50 ore di volontariato nel carcere della città. Era un ragazzo dai modi di fare veramente discutibili, che spesso non condivideva neanche lui, però Caesar era molto forte e sapeva farsi rispettare, pur non avendo chissà quale grande astuzia.
Veniva da una famiglia abbastanza umile, di paese. I suoi genitori si occupavano del pezzo di terra del nonno, vendendo poi il ricavato, anche dei loro animali, ai vari mercati a cui partecipavano.
Aveva più volte sgridato Caesar a causa dei suoi comportamenti nei confronti della sua ex ragazza: Mars.
Lui e Mars, a quanto pare, stavano insieme da quando erano bambini. A detta di lui lei l'aveva sempre amato e gli era sempre stata attaccata dalla mattina alla sera. Ma Steve si era reso conto di quanto quello fosse l'esatto contrario della realtà.
Steve pensava spesso che Caesar avesse qualche problema al riguardo, soprattutto avendo notato come si comportasse con lei.
Certo, davanti agli altri si limitava ad ignorarla o a risponderle male, facendo sembrare il tutto innocuo e normale, come un semplice battibecco tra fidanzati.
Molta gente, vedendo i litigi dall'esterno, dava piena ragione a Caesar, screditando invece Mars, che passava le serate con gli amici piangendo o andando a casa prima accusando mal di testa o nausea.
In quello Caesar era bravo: rigirarsi ogni situazione, inventando scenari assurdi per farsi dare ragione.
Ma poi Steve si era reso conto, assistendo ad un vero loro litigio privato durante i giorni antecedenti alla sua morte, quanto Caesar fosse violento e brutale nei confronti di Mars.
Inizialmente erano "solo" offese; Caesar si limitava a prendere in giro le sue insicurezze, puntualizzando il fatto che lei esagerasse soltanto o che lo facesse di proposito, inventandosi scuse e motivazioni falsate solo per non passare del tempo con lui.
Era ossessivamente geloso.
Da come aveva capito Steve, Caesar non le dava il permesso di uscire con i suoi amici maschi, spesso, addirittura neanche con le sue amiche femmine, accusandola di non voler stare mai con lui, anche se ogni giorno stavano insieme.
Caesar ultimamente la minacciava anche in modo molto spinto, alzando la voce, sminuendola e dicendole che se l'avesse lasciato avrebbe detto a tutti false informazioni sul suo conto che le avrebbero rovinato l'esistenza.
Eppure Mars continuava a scusarsi al posto suo, continuava ad assecondarlo e darsi la colpa di ogni cosa.
Probabilmente se non avessero ammazzato Caesar, Mars non sarebbe mai riuscita ad andare avanti.
Eppure Mars anche dopo la morte di lui gli era rimasta legata in modo ossessivo.
Era come se ignorasse i suoi difetti, anzi, era come se non li vedesse proprio, come se per lei non esistessero. Il che sarebbe stato anche positivo se solo lui non fosse stato quello che era nei suoi confronti.
Ovviamente Steve non era minimamente sollevato da quell'avvenimento, aveva perso un amico, ma nel profondo pensava che forse Mars aveva avuto un lieto fine, soprattutto conoscendo un bravo ragazzo come Josh. Ovviamente prima di morire anche lei per mano di Chris.
Si era pentito di averla obbligata a fare un gesto simile, così lontano da ciò che era la sua morale di vita.
In un certo senso l'aveva fatto per il suo bene, per farla sentire meglio, per farle avere più fiducia in se stessa e per farle superare quella brutta situazione. Ma aveva ottenuto l'esatto contrario, l'aveva lasciata autodistruggersi e non se n'era neanche reso conto.
In quel momento provava soltanto rabbia. Una rabbia impulsiva e brutale.
Si ritrovava in quella situazione per colpa di Miles, quell'arrogante cervellone pieno di se.
Se solo non gli avesse rovinato la vita per poi incastrarlo in un crimine che non aveva mai compiuto, tutto sarebbe andato per il verso giusto, lui non sarebbe mai andato in quel posto tanto simile a un manicomio, non avrebbe conosciuto Chris e non l'avrebbe convinta ad autodistruggersi.
Non aveva mai provato tanta rabbia nei confronti di qualcuno, non aveva intenzione di lasciare Miles vivo, doveva avere la sua vendetta.
Ma prima di ammazzarlo aveva intenzione di rendere la sua vita un inferno, cominciando però a piccoli passi.
Steve sapeva quanto Miles non avesse sentimenti o emozioni nei confronti di niente e nessuno, usava le persone per i suoi scopi, le manipolava e poi le lasciava stare come se nulla fosse.
Seppur probabilmente stesse facendo così anche nei confronti di Echo, Steve aveva capito in che modo la usasse e a quale scopo quella ragazza gli servisse.
Proprio per questo motivo, Steve, era deciso ad amazzare Echo non appena avesse capito come agire senza poter essere scoperto, ma riuscendo poi, a far eliminare Miles.
Ci aveva pensato su tutta la notte, senza chiudere occhio, soprattutto a causa della tensione che lo mangiava vivo. Non poteva sbagliare, non poteva farsi ingannare da lui un'altra volta.
Dopo ore di girarsi dentro il suo sacco a pelo, sul freddo pavimento di navigation, Steve era arrivato ad una conclusione: aveva bisogno di allearsi con un altro impostore.
Qualcuno che aveva interesse nell'ammazzare Echo, tanto quanto ne aveva lui stesso. Ma chi?
Aveva passato talmente tanto tempo da solo nella sua vita, che non aveva mai preso l'abitudine o preso in considerazione il guardarsi intorno, osservando la gente che gli stava accanto o i loro comportamenti.
Anche lì nel gioco, il luogo per eccellenza in cui si sarebbe dovuto guardare le spalle e avrebbe dovuto analizzare il carattere degli altri partecipanti e osservare i loro modi di fare, lui era rimasto sulle sue, svogliato, in compagnìa di Caesar per fare da spalla a  quel bulletto senza speranza.
Cercò un attimo di pensare come avrebbe descritto ad una persona esterna gli altri partecipanti, ma non trovò nient'altro che offese e lamentele nei loro confronti.
Eve: la trovava assai strana, sempre attaccata morbosamente a Chris, come se non avesse altri amici. Probabilmente era soltanto una sciocca sociopatica, andata in quel gioco per pigrizia di vivere.
Non aveva alcuna abilità se non essere estremamente irritate e sospettosa.
Sid: Probabilmente anche lui molto simile ad Eve, magari non aveva aspettative dalla sua vita ed era anche abbastanza sfigato, quindi si era rifugiato in quel luogo con la speranza di riuscire a combinare qualcosa. Che intelletto, beh aveva fatto male.
Sarah: la ragazza di Vince, legata come se fossero una cosa sola alle sue altre due amichette snob ormai defunte. Facevano ogni cosa in simbiosi, andavano ovunque insieme e avevano quasi lo stesso modo di fare o di parlare. Probabilmente non aveva una personalità propria ed era facile da manipolare, ma chi lo sa.
Vince: Dipendeva esclusivamente dalla sua ragazza Sarah, cercava in tutti i modi di accontentarla per non farla andare via e sottostava ai suoi voleri. Steve lo trovava assolutamente patetico, come poteva Vince lasciarsi comandare in quel modo da una ragazza?
Martha: Beh, lei almeno sembrava un minimo ambiziosa rispetto a tutti gli altri. Era legata a Miles? Probabilmente si, l'aveva visto qualche volta andare in giro con lei nei corridoi degli alloggi prima dell'inizio del gioco. Ma lui faceva così con qualunque ragazza, quindi Steve non gli diede troppa importanza.
Steve si meravigliava solo del fatto che Miles non riuscisse a dare importanza a nessun legame con qualcuno. Ma così tanto da sentire il bisogno di rovinare gli affetti altrui?
Steve sputò un pezzettino di carta ormai ridotto in poltiglia e decise di alzarsi dalla sedia per preparare le sue cose per fare un piccolo giro di ricognizione in giro per la navicella spaziale.
Magari, facendosi un giro e camminando un po', si sarebbe un po' schiarito le idee e avrebbe pensato un po' di più al da farsi e sarebbe riuscito a trarne una conclusione.
Uscì dalla porta guardandosi prima un attimo a destra e poi a sinistra, successivamente decise di incamminarsi verso la caffetteria per poter prendere qualcosa dalle scorte di cibo.
Era da un po' che non andava a prendere qualcosa e i suoi averi stavano cominciando a scarseggiare in maniera preoccupante. Magari si sarebbe fermato anche lì a mangiare qualcosa, chi lo sa. Tutto dipendeva da chi avrebbe incontrato durante il suo cammino per arrivare alla sua meta.
Camminava con tranquillità, non aveva nessuna fretta; sapeva per certo che gli altri due impostori non avrebbero fatto nulla prima di lui. Non sapevano più chi ammazzare tra loro, erano tutti amici, la cerchia si era ormai stretta.
Erano scelte difficili, che nessuno se non lui in quella circostanza sarebbe stato in grado di affrontare, in fondo non aveva legami con nessuno.
Ammazzare una persona; un peso che ti trascinerai dietro per tutta la vita.
Eppure Miles l'aveva fatto con così tanta leggerezza quella volta nel dormitorio dell'università. E Steve non riusciva a darsi pace: dovevano sapere la verità, doveva avere la sua vendetta.
Pensava al modo in cui avrebbe potuto uccidere Echo come se fosse qualcosa di divertente, un passatempo per cui si allenava da sempre.
L'avrebbe fatto davanti agli occhi di Miles? L'avrebbe fatta soffrire? Forse in quel modo avrebbe fatto un po' risvegliare Miles. No, sapeva di sbagliarsi, lui era irrecuperabile.
Forse sarebbe stato meglio ammazzarla di colpo, senza dargli il tempo di pensare, lui probabilmente si sarebbe sentito fregato, pensando ossessivamente a come avesse fatto a non prevedere quel gesto.
O magari l'avrebbe potuta ammazzare lontano dalla sua portata, facendolo sentire impotente per la prima volta nella sua vita.
Già Steve immaginava l'espressione che avrebbe tenuto Miles quando si sarebbe reso conto che tutti i suoi piani per dimostrare quanto fosse bravo anche in quel gioco sarebbero svaniti nel nulla, improvvisamente e senza che lui potesse fare qualcosa per impedirlo.
C'era più freddo del solito in quei corridoi, Steve aumentò il passo, e proprio appena arrivò alla caffetteria dopo una decina di minuti di passo veloce capì chi sarebbe stato l'aiuto perfetto per quel colpo.
Ma come avrebbe fatto per potersi ricongiungere a quella persona? Quanto avrebbe impiegato prima di trovarla? Non poteva perdere tutto quel tempo, cercò quindi di sforzarsi e pensare.
Cosa poteva fare? Una chiamata d'emergenza? E cosa avrebbe detto? L'avrebbero buttato fuori.
Pensò quindi di creare un diversivo con la speranza di riuscire a portare a termine il suo piano.
Non era il piano migliore che potesse svolgere, ma era tutto quello che poteva fare e non aveva altra scelta.
Aveva il suo diversivo, aveva la sua vittima e aveva l'aiutante, era tutto perfetto.
Afferrò quindi un sandwich confezionato al volo e andò a nascondersi in un posto abbastanza appartato, facendo finta di svolgere una task.
Frugò nel suo zaino, alla ricerca dei comandi del sabotaggio, e dopo aver tirato fuori da esso un bel po' di cibo, acqua e cianfrusaglie riuscì a trovarlo.
Lo spolverò con una mano per togliere delle briciole di pane che erano cadute dalla carta vuota del suo pranzo del giorno precedente e studiò bene i comandi.
Aveva già sabotato l'ossigeno una volta, non sarebbe stato saggio sabotarlo un'altra volta, non aveva bisogno di quello, aveva bisogno di qualcosa di più efficace.
Una goccia di sudore gli rigò il viso mentre era concentrato nella sua decisione.
Stava proprio per fare la sua decisione quando sentì dei passi e delle voci venire verso di lui.

Among us (IN REVISIONE) Where stories live. Discover now