Gianluca Malvagino e Remigio Fannis sono due poeti sconosciuti, tipici esempi di grandezza latente, ma talmente latente che non la si intravvede nemmeno a osservarli col telescopio Hubble. Alcolisti, erotomani, sono sostanzialmente due sprovveduti; due sprovveduti coraggiosi però, che a un certo punto della loro esistenza di adulti, fuggono da questa, per motivi diversi, per cercare qualcosa di indefinito, uno spiraglio di luce che indichi l'uscita dal tunnel che è la vita del maschio medio italiano. E così, provenienti da direzioni diverse (Gianluca, 30 anni, romano de roma; Remigio, 45 anni, cagliaritano de cagliari), si incontrano in una sperduta (e ipotetica) località tedesca sul confine con la Polonia. Qui conosceranno due donne, Doloreta e Angelika, con le quali fonderanno una storia, lirica e leggera, una sorta di ménage à 4, che sarà il passaggio attraverso il quale riusciranno a cogliere qualche brandello di felicità (moderata) e una forte carica di ebbrezza adolescenziale. Non soffrono, i due personaggi, della sindrome di Peter Pan: essi sono Peter Pan, in carne, ossa e paradossi. «Io non ricerco l'amore, io ricerco la felicità», afferma Remigio in uno dei suoi pedanti soliloqui, ed è su questa utopia che la storia poggia i cardini, si apre e lascia entrare tutta una serie di fatti, di circostanze talmente plausibili da sembrare surreali. E in fondo, cosa c'è di più surreale della felicità quando la si guarda con gli occhi di chi l'ha vissuta, seppure per pochi istanti, e ancora ne sente il sapore salato sulle labbra.
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