CAPITOLO 2 - TRE MESI DOPO

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Erano passati ormai tre mesi dal suo arrivo nel paese, ma per sua sfortuna, non solo suo padre non venne a prenderla come promesso, ma non si fece affatto vivo. Le uniche prove della sua esistenza erano le varie buste di soldi che le faceva trovare ogni settimana per permetterle di comprare del cibo e tutto il necessario, accompagnate da qualche biglietto che, ogni volta, ribadiva sempre la stessa cosa: “aspettami, verrò a prenderti il prima possibile”.

Appostarsi durante la notte dietro le finestre che davano sul giardinetto si rivelò inutile, e Julie non riuscì a scoprire l’identità dell’uomo che le inviava le lettere. E sembrava che non ne fosse a conoscenza neppure l’uomo che gliele consegnava, quelle lettere. La ragazza perse così quasi ogni speranza, ma tuttavia continuò a vivere nella calma più totale.

Come promesso, Julie e Marielle mantennero i contatti e in breve tempo divennero inseparabili. Si incontravano ogni giorno e andavano a fare lunghe passeggiate sulle sponde del Golden River, il fiume che attraversava il paese dividendolo in due, o per i negozi. Marielle, che era di buona famiglia e non aveva problemi economici, non si faceva scrupoli a regalare vestiti e oggetti di ogni tipo a Julie, che, imbarazzata, continuava a ripetere che non era affatto necessario.

A causa di questa sua generosità, la ragazza evitò in un primo momento di rivelare all’amica le sue condizioni economiche e la verità su suo padre, ma finì per dirle tutto facendosi promettere di non ricevere più regali da lei. Tristemente, Mary – così la chiamava Julie – accettò, ma non perse mai occasione per invitarla nella sua grande casa e le regalò perfino un cellulare nuovo.

Julie, dal canto suo, cercava di sdebitarsi come meglio poteva invitando l’amica da lei, offrendole consigli utili sulle questioni più disparate e regalandole a sua volta qualcosa, ignorando l’ira che questo gesto provocava nella ragazza.
Se non altro, la giovane fuggitiva passò un’estate divertente e memorabile con la sua nuova migliore amica. Non perdevano mai l’occasione di fare ogni giorno qualcosa di nuovo e divertente, immortalando ogni momento in delle foto che Julie fece stampare e con le quali circondò i muri della sua camera. Una sola parete lasciò vuota, secondo consiglio di Mary, per tutte le foto con i suoi futuri amici che avrebbe incontrato una volta iniziata la scuola.

La madre della ragazza, una giovane donna gentile e amorevole, fu molto contenta quando venne a conoscenza dell’amicizia tra Julie e la figlia. La trattò sempre come parte della famiglia, e si preoccupò personalmente di iscriverla alla Mountville High School, stessa scuola di Mary, cercando con tutte le sue forze di convincere il preside, suo buon amico, di mettere Julie nella stessa classe della figlia.

Per quanto Julie credesse che suo padre si sarebbe fatto vivo prima, il 14 settembre arrivò e la ragazza si rassegnò al fatto che avrebbe dovuto frequentare la scuola. Per scacciare la malinconia, le due amiche decisero di “festeggiare” l’ultimo giorno d’estate guardando film horror e mangiando schifezze fino a notte tarda, approfittando dell’assenza della madre di Mary per fare tutto il casino che volevano.

Julie si svegliò di soprassalto non appena qualcosa di molto simile a un cuscino si scaraventò contro la sua faccia. Senza accorgersene, durante la notte era caduta dal letto, e aveva trascinato con se buona parte delle lenzuola celesti che la coprivano fino a metà coscia.

In sottofondo, assonnata com’era, riuscì a sentire solo un rumore ovattato di campanelli e parole incomprensibili da parte di chi l’aveva svegliata.

Mormorò qualcosa in qualche lingua sconosciuta che suonò come un “che ore sono”, ma si accorse del suo errore non appena un pugno dell’amica spense la sveglia sul comodino, rischiando di romperla.

<<Che ore sono??? Ma sei seria?!>> chiese con il suo solito tono stridulo <<Quel coso – disse indicando la sveglia – suona da più di mezz’ora e tu mi chiedi che ore sono?! Sbrigati, è il tuo primo giorno di scuola!>>

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