Ricordi

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Con gli occhi sbarrati, dopo che mio padre si
allontanò, caddi sulle ginocchia.
Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Così non ce la facevo:
Ero stanco, di tutto.
Strofinai le mani sulla faccia.
«Oh, andiamo,Diè  alzati. Stai avendo una
reazione eccessiva.» esclamò mia mamma.
«Eccessiva!?» Ero sbalordito, negli ultimi
mesi gli eventi avevano iniziato, non più a
succedermi, ma a sopraffarmi, e loro se ne
uscivano con frasi del genere.
«Già,Diego. Stai esagerando.» aggiunse
Valerio, e Giovanna annuì.
Non sapevo che fare.
Non avevo le forze di reagire.
Mi sedetti su una di quelle sedie blu mare, e
mi guardai attorno.
Ora che non ero ricoverato, questo ospedale
sembrava diverso, più vuoto.
Quando sei in quel letto, per qualsiasi motivo,
diventi parte di una nuova esistenza, una
nuova famiglia, perché sai che non sei solo, e
soprattutto sai di stare meglio di qualcun altro
lì dentro.
Quando sei fuori, è perché stai bene, e diventa
imbarazzante camminare per quei corridoi,
tra le persone malate, tra i dottori, i familiari
di quei pazienti che, alle volte, non respirano
più, tra tutta quella sofferenza che in realtà
non ti tocca, perché sai che tutto quello non ti
appartiene, e ti fa sentire un animale.
Guardai mio padre forse anche confuso.
Sorrisi, e rimasi così a guardare, in silenzio,
ciò che mi circondava.
Nessuno parlava in quella stanza, li osservai.
Di fianco a me, due sedie più in là c'era mio
padre, mi guardava confuso, non ci stava
capendo nulla, e nemmeno io. Ero in balia
delle mie emozioni. Iniziò a girarmi un pò
la testa, cosi decisi di uscire a prendere un
pò d'aria. Mi sedetti sui gradini delle scale
d'emergenza.
Stetti in silenzio, a guardare le stelle, poggiato
allo corrimano, per qualche minuto, poi mio
padre e Valerio si sedettero sulle scale più in
basso di me.
Appena passarono mi sistemai allungando
le gambe; sbadigliai un pò e poi cacciai il
telefono dalla tasca per vedere l'ora.
«Le ragazze se ne sono andate a casa.» disse
solo Vale appena si sedette.
Sbuffai, era una situazione nuova e strana.
«Oh, beh, ragazzi, che ne dite di spiegarmi la
situazione?» provò mio padre.
«Anzi, che ne dite di parlare di altro, ok
Diego?» aggiunse poi.
«Mh, va bene.» sorrisi lievemente, ma in modo
sincero.
«Ricordi Diè quando da piccolo venivo a casa
tua, e lei signore, ci spaventava facendoci
vedere film horror?» rise leggermente
facendomi sentire meglio.
«Cristo, fraté non chiamarmi signore, mi fai
sentire vecchio!» esclamò.
Ci riflettei un po' su e poi mi ricordai, sorrisi
istintivamente e risi un pò:
«Si, lo ricordo. Oddio ricordi quando abbiamo
visto Non Aprire Quella Porta?»
«Si, era comodo, voi stavate li calmi a vedere
un bel film e io dormivo. Ah bei tempi!»
«Bei tempi?! Calmi?! Bel film?! Ho ancora gli
incubi!» disse sbalordito. Risi sinceramente,
smettendo di pensare a quello che stava
succedendo dentro l'edificio.
Valerio lo conoscevo da quando ero nato,
avevamo affrontato tutto insieme.
Eravamo così uniti che per la nostra prima
cotta, ci innamorammo della stessa ragazza.
La cosa non ci divise, come succede spesso,
anzi, ci unì di più, perché tra di noi nacque
una sorta di pacifica competizione.
Fu lui a perdere la verginità per primo, con
una grassona, cessa di quarto superiore,
quando aveva solo quindici anni; mi disse
che durante l'amplesso, la tipa lo aveva
quasi schiacciato e che all'inizio aveva anche
sbagliato buco.
Mi terrorizzò,solo quando conobbi la mia futura fidanzata, riuscì, soli dopo che lei mi
pregò per mesi, a farci l'amore.
Mi tolsi la giacca e la posai sul corrimano
mentre probabilmente mio padre stava ancora
elaborando una risposta per Vale.
Fortunatamente dopo pochi minuti di silenzio,
papà ricominciò a parlare:
«Ragazzo di cosa ti occupi ora? Cioè, lavori?» si
rivolse di nuovo a lui.
«Nulla, scrivo canzoni.»
rispose tranquillo.
«Oh, wow, è fantastico.»
«Esatto, e anche Diego,vero?» mi
prese in giro il ragazzo.
«Si,Vale.» sputai in modo acido scherzando.
Mi scompigliò i capelli, come ad un bambino.

Teddy Bear ||gianego|| Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora