𝑴𝒂𝒅𝒂𝒎𝒂 𝑽𝒆𝒍𝒗𝒆𝒕

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Mi voltai di scatto, scontrandomi con quegli occhi neri come i meandri di una grotta oscura. "Velvet!" Pronunciai il suo nome stringendo i denti. Abbassai subito gli occhi sulla presa di quella mano screpolata sul dorso, le cui dita si tenevano inchiodate alla mia carne, e quando provai a scostarmi mi diede una strizzata al braccio per farmi capire di non muovermi.

Mi strattonò avvicinandomi al suo alito puzzolente di cibo speziato. I miei piedi si mossero controvoglia da soli sotto il tintinnio di quei bracciali fastidiosi, da farmi serrare le labbra, irritandomi.

Incatenò i suoi occhi nei miei. "Mi devi ancora un bel gruzzolo di grana, Elisabeth. Quando hai intenzione di restituirmeli?" Chiese intimidatoria a un centimetro dal mio viso.

Provai a ritrarre la testa, di poco. "Credevo mi saresti stata d'aiuto"

"Oh, e lo sono stata! Ma hai approfittato un po' troppo, non credi?"

"Andiamo, Velvet. Cerca di venirmi incontro" cercai di ammorbidirla perfino usando una tonalità amichevole, sperando si convincesse a ragionarci su.

"Perché dovrei? Sei tu a essere in debito con me, ti ho già concesso troppo tempo"

"Perché dovrei? Sei tu a essere in debito con me, ti ho già concesso troppo tempo"

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Fu inutile. La fissai dritta negli occhi per nulla turbata: "Sai che non posso prelevarli dalla cassa di mio padre, ti pagherò tutto il rum e l'alloggio che mi hai reso disponibile nelle ultime settimane. Quindi non oggi" mi giustificai, sperando ancora di poterla dissuadere in qualche modo.

Si protese vicino al mio orecchio, aggiungendo: "Non m'intere..."

"Velvet!" La sovrastai con la voce da uscirmi quasi stridula.

Ciò la portò a indurire la vista e assottigliare le palpebre. "Non. Mi. Interessa. Il tempo è scaduto" liberandomi il braccio con una spinta che mi sbilanciò di poco, e poi, inasprita indietreggiò continuando a fissarmi con occhi freddi, di chi avesse azzannato la preda. "Buona fortuna, Liz."

Che cos'aveva intenzione di fare?

"Fanculo, Velvet" bofonchiai tra me, arretrando di qualche passo, ma ci stavamo sfidando con gli sguardi. Non me lo sarei aspettata da lei, almeno non così in fretta.

Lurida! Ti ribattezzerei e ti farei rivedere la vergine Maria con lo spirito santo in esclusiva.

Continuai a fissarla allo stesso modo, non lasciando denotare un solo strato di emozione che mi avrebbe permesso di darle vinta. Sapeva come muoversi, sapeva come reagire in certe situazioni, era una donna con delle vicissitudini alle spalle che, ad oggi, la rafforzarono a tal punto da temere poco e niente. Aveva vissuto in condizioni infime per un certo periodo, riuscendo a rialzarsi e a elevarsi per quelle quattro mura che riuscì a costruirsi, acquistando fama anche tra uomini di un certo status. Un' arrampicatrice sociale cosi abbarbicata al suo -piccolo impero- che non aveva permesso a un solo uomo di entrare a far parte della sua vita. Preferiva tenere tutto quello per sé, li usava per i suoi scopi e li rigettava come se fossero dei topi di fogna una volta che li aveva raggirati a dovere. I poveri malcapitati nemmeno si rendevano conto tanto che venivano infatuati dai suoi modi languidi. Nelle ultime settimane, non avevo fatto altro che sgattaiolare fuori dalla finestra della mia sfarzosa dimora a nord dell'isola, per sfuggire ai ricevimenti che, mio padre, l'ambasciatore James Smith, mi ordinava contro il mio volere a partecipare. Era il portavoce del commodoro Lewis Wilkinson, entrambi avevano uno stretto rapporto, oltre che lavorativo, anche di rispetto reciproco, così affiatato da promettermi in sposa al nipote. Mi ero rifiutata più volte, opponendomi alla sua decisione senza nemmeno essere stata interpellata, escludendomi e negandomi anche la libertà di parola. Ero sempre sua figlia, ma pareva avessi più valore per i suoi scopi lavorativi.

𝐼 𝑝𝑖𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑜 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 - 𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑙𝑎 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑎Where stories live. Discover now