39. Lucciole

483 26 2
                                    

Quando tornammo, la lintrea era terminata e tutti si erano riversati sul banchetto. Il liquore scorreva come l'Onn dall'altra parte della foresta e le risate e le urla si mescolavano alla musica più sfrenata.

Per Xels.

Egon stava ballando. Girava di braccio in braccio tra silfidi ed elfi e lui li stringeva tutti.
Egon. Che ballava con gli Elementali dell'aria.
Le feste potevano fare veri miracoli.

Eranthe e Khairo erano scomparsi, Gal e Renan stavano ancora mangiando, di Vernalis avevo perso ogni traccia. Siwel, invece, aveva preso da parte il figlio appena tornato, credendo che forse non avrei notato quel gesto; poi entrambi si allontanarono dai festeggiamenti, perché l'indomani sarebbe stata una lunghissima giornata e Siwel avrebbe fatto meglio a dormire profondamente.
Hyel e mia zia mi lanciarono un sorriso, il primo incoraggiante, la seconda sconcertata; avevano chiaramente frainteso la mia chiaccherata con Modrin.
Poco importava, in quel momento non avevo tempo per loro.

Perlustrai la piazza, passando in rassegna, irrequieta, i volti di ognuno.  Almeno finché, tra una giravolta e l'altra, Egon si parò davanti a me e fece per coinvolgermi nella danza. Aveva le gote arrossate.
Oh... Qualcuno non reggeva bene il liquore elfico.
«Quanto hai bevuto?»
Lui sorrise genuinamente. «Tutte quelle silfidi e gli elfi non hanno fatto altro che riempirmi la coppa» mi diede una pacca sulla spalla, «Voi sì che sapete come festeggiare!»
Prima che sfuggisse tra le braccia di un altro elfo ubriaco che voleva riportarlo a ballare, lo presi per un lembo della  casacca e lo tirai più vicino. «Lui dov'è?»
Egon singhiozzò. «È andato via.»
Il panico mi assalì, e lo strattonai  leggermente. «Che stai dicendo? Dove?»
«Là» indicò gli alberi al limitare del villaggio, «Ha detto che la ferita gli dava fastidio. Ha seguito il ruscello fino al fiume, lì fuori.»
Ottimo.
«Egon,» lo lasciai, «Dovresti andarci piano con il liquore.»

La salamandra mi liquidò con una risata. Sarei rimasta a godermi lo spettacolo del rigido capitano della guardia di Atlas che si divertiva con gli elfi, ma avevo questioni più importanti a cui badare.

Seguii il corso del ruscello ed eventualmente finii ai margini di Vestol, continuai a camminare finché non giunsi ai salici che nascondevano il sentiero per il villaggio, li oltrepassai e trovai il lago nel quale sfociava il fiume.
Lo spettacolo era magnifico. Il lago al chiaro di luna sembrava fatto d'argento liquido e tutt'intorno centinaia di lucciole danzavano su una musica che era tutta loro, lentamente, mentre in lontananza i canti elfici erano praticamente inudibili. Qualcuno si era occupato di  nascondere bene Vestol non solo agli occhi, ma anche alle orecchie.

Sulla sponda del lago, se ne stava in piedi una figura maschile che avrei saputo ritrarre alla perfezione. Atlas mi dava le spalle, si era tolto la casacca e il guanto e si era leggermente sollevato la camicia.

«Passi felpati, ma odore inconfondibile», disse.
Non ebbe bisogno di voltarsi per capire che fossi io, perciò continuò a perlustrarsi il taglio sull'addome.
«Come va la ferita?»
«Bene.»
Quando lo raggiunsi si abbassò di scatto la camicia.
«Fa' vedere.»
Atlas scosse la testa, «Sto bene» e si piegò a raccogliere la casacca che aveva gettato sull'erba, quindi fece per indossarla frettolosamente.
Alzai un sopracciglio. «Lo sai? Si dice che l'acqua delle ondine abbia poteri curativi» mi accostai a lui e il suo calore naturale mi avvolse in un invito accomodante.
Atlas tentennò.
Inclinai il viso da un lato, «Che aspetti?»

Con un profondo sbuffo, Atlas si alzò la camicia e mi rivelò il fianco tumefatto. La ferita non era messa male, era ancora violacea, ma sembrava essersi pulita e risanata.
Allungai due dita e lo sfiorai, facendolo sussultare, poi tracciai i contorni del taglio, pensierosa. Un'altra cicatrice che si sarebbe aggiunta sul corpo da guerriero perfetto.

Memorandum - Elementali Vol.1Where stories live. Discover now