Molte cose possono cambiare in dieci anni. Lo sa bene Sole Corsini, ormai prossima alla laurea e alle prese con una nuova vita in California, divisa tra le aule di Stanford e la pista da ballo glitterata del Dragminia.
Tuttavia quando una minaccia...
Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
Dopo aver ringraziato Max e Felicity, mi trascino fino a casa, agognando con tutto me stesso il letto.
Mi butto sul materasso senza lenzuola, che non ho ancora ritirato dalla lavanderia e, stremato, chiudo gli occhi, sperando di far calare il sipario su questa giornata assurda quanto prima. Tuttavia il destino ha per me in serbo piani diversi.
Piani dagli occhi orientali e cosce accoglienti.
Apro la porta e in un attimo mi ritrovo Mei tra le braccia.
"Oliver, questa è davvero l'ultima volta..." ansima lei mentre mi spinge contro la parete del salotto.
Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
È un anno che ripetiamo sempre la stessa scena: bussa al mio appartamento esordendo con la solita frase, mi spinge sul divano, sale a cavalcioni su di me e facciamo sesso fino a quando non è soddisfatta, ma mai a letto.
No, il letto no: è un luogo troppo intimo, come mi ha spiegato. Mei sostiene che se dovessimo farlo lì le sembrerebbe di tradire di più suo marito. Non so che cosa cambi visto che tecnicamente compiamo lo stesso atto, forse il soggiorno le dà quel senso di provvisorietà che la rassicura che non stia diventando nulla di serio per me.
Mei si fa un sacco di paranoie a riguardo: è ossessionata che io non mi trovi una ragazza a causa sua, ma la verità è che lei non c'entra nulla.
Certo, è comodo sapere che c'è, che se ho bisogno di fare quattro chiacchiere e magari trovare un po' di calore umano nella sua bocca lei è disponibile, ma io non ho alcuna intenzione ora di ingabbiarmi in una relazione seria.
Coppie come Felicity e Max si contano sulla punta delle dita e poi io cosa avrei da offrire? La prima domanda che ti pone una donna, quando superi una certa età, è sapere che lavoro fai e che auto possiedi, cose di cui adesso sono sprovvisto. In realtà non ho mai avuto una macchina: ho la patente, presa a sedici anni perché Suor Therese insistette tanto, ma il solo pensiero di ritrovarmi a guidare per Lombard Street mi terrorizza.
E il lavoro... beh! Devo ancora scoprire che ne sarà di me domani sera.
Con Mei è facile: lei non mi ha mai giudicato per le mie scelte, forse perché è troppo impegnata a giudicare sé stessa. Quindi, in questo momento della mia vita, la piccola bomba del sesso asiatica è tutto ciò di cui ho bisogno, e poi appartiene a quella stirpe mitologica di donne chiamate Milf che da sempre hanno esercitato su di me una curiosità che non so spiegare.
Uno psicanalista a buon mercato potrebbe far risalire questa mia passione al fatto che io ho perso mia madre quando ero molto piccolo, tuttavia non credo che la motivazione si riduca solo a un conflitto edipico irrisolto. Mei è, infatti, la milf per eccellenza: ha trentacinque anni, tre figli già grandi che vanno alle medie e un corpo minuto e sensuale che sa sempre come soddisfarmi. Inoltre la sua compagnia è piacevole, parliamo di qualsiasi argomento e ha un modo gentile di fingere di interessarsi a ciò che scrivo.
La cosa buffa è che io so che è davvero innamorata di suo marito, un militare stanziato in Medio Oriente che torna a casa dalle missioni un paio di volte l'anno, ma è altrettanto vero che la solitudine è una bestia spietata che si insinua dentro di te fino a farti bramare anche il minimo contatto con un altro essere umano.
A nostra discolpa posso dire che nessuno dei due ha cercato questa relazione: è capitata e basta. Ci ritrovavamo spesso nel seminterrato ad aspettare di ritirare i panni dall'asciugatrice e tra un consiglio sull'ammorbidente e un trucco per piegare il bucato, tra noi è scattata un'attrazione fortissima.
Perciò chi sono io per negare a questa donna un po' di felicità a buon mercato?
Le mani di Mei si muovono esperte fino ai miei jeans e in una manciata di secondi mi ritrovo in sua balìa, ma l'idillio viene interrotto dalla voce acuta della mia padrona di casa, la signora Chen, che per la cronaca è pure la madre di Mei.
"Che fai lì imbambolato? Richiuditi la patta e vai ad aprire! Io mi nascondo in bagno!" mi ordina lei in preda al panico.
Cerco di infilarmi la camicia nei pantaloni e di ridarmi una sistemata prima di affrontare la Chen, la temibile locatrice di mezza Chinatown, a cui nulla sfugge. Confido, però, nel riuscire a salvarmi anche questa volta coi miei sproloqui: in fin dei conti mi guadagno da vivere con le parole.
"Morgan" mi dice senza salutarmi, "ho bisogno che mi apri un contratto della luce per l'appartamento 3 C. Questi sono i dati."
"Buonasera, Signora Chen, mi dispiace ma non posso aiutarla. Io... non lavoro più per la California Electric." Inutile girarci intorno: tanto so che sarebbe venuta a saperlo prima o poi.
"E come pensi di pagarmi l'affitto questo mese?" sibila socchiudendo gli occhi come un predatore pronto a saltarmi alla giugulare.
"Non si preoccupi, ho trovato un altro impiego. Inizio domani sera e poi ho sempre il North Beach Chronicles. Sono un giornalista, ricorda?" rispondo rivendicando con orgoglio la mia attività di scribacchino free lance.
La donna scuote il capo indignata.
"Senti, Morgan, lo sappiamo entrambi che quel giornaletto è buono solo a produrre carta straccia. Dimmi piuttosto come pensi di saldare il canone il primo del mese."
Cerco di mantenermi sicuro anche se quella T-Rex in miniatura mi incute più paura di quanto vorrei e, senza tanti giri di parole, le comunico che sono diventato ufficialmente il nuovo barista del Dragminia.
La donna rimane in silenzio per qualche secondo, fissandomi con quel suo tipico disprezzo a cui ormai sono abituato, e poi mi spinge di lato, entrando in casa mia senza tanti complimenti.
"Esci fuori, Mei! Non sei neanche stata in grado di trovarti un vero uomo come amante!"
Mei sbuca dal bagno a capo chino e segue la madre sul pianerottolo ma, prima di andare via, mi fa segno che mi chiamerà mentre la Chen la strattona con forza verso le scale.
Questi sono i momenti in cui mi dico che essere un orfano, in fin dei conti, non è poi così male.