Angeli e Minatori

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 Fairytale - Alexander Ryabak

Stava correndo.

Era a piedi nudi in mezzo ad una tempesta ma continuava a correre, come se la pioggia o i tuoni non la turbassero e, in effetti, era così.

Non puoi avere paura dei tuoni se tu sei il temporale.

E lei era quello: una tempesta inarrestabile, in grado di donare una nuova vita a tutto ciò che la circondava.

Il vestito volteggiava attorno al suo corpo, come se anche quel tessuto avesse vita propria, sporcandosi nel fango.

Temevo per lei: sapevo che sua madre l'avrebbe uccisa se fosse tornata con l'abito conciato in quel modo, l'aveva pagato una fortuna.

Ma a lei non importava dell'abito, dei soldi, nè tantomeno di sua madre.

Rideva e nonostante intorno a noi ci fosse una tempesta e il cielo fosse nero come l'abisso, la sua risata era in grado di illuminare tutto quanto.

Difficile credere che un tempo l'abbia odiata.

La odiavo, la odiavo, la odiavo e ora l'amavo, l'amavo, l'amavo.

Si girò, con gli occhi che le brillavano. Giuro, sembravano due gemme, due smeraldi trovati da un povero minatore.

Sono io quel minatore, e lei mi ha reso ricco.

Con i suoi occhi, il suo sorriso, le sue labbra - le sue labbra - i suoi capelli, quei ricci disordinatissimi e rossissimi e la sua pelle pallidissima, colorata solo dall'imbarazzo o dal sole in estate. Tutto quello era la vera ricchezza, ogni suo respiro rappresentava un milione, ogni suo battito di ciglia un patrimonio.

E mi apparteneva. Lei me lo diceva sempre, nonostante le ribadissi che io non ero altro che un povero minatore che non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare di avere tutta quella ricchezza, lei mi diceva che era mia, che c'era scritto il mio nome su quegli smeraldi, su quei rubini, ovvero le sue labbra, e il diamante che era il suo cuore.

Mi disse che era bastato uno sguardo.

Il nostro occhio ha 6 muscoli extraoculari che, se accoppiati tra loro, permettono il movimento. Sembra un lavoro complicato, ma il nostro corpo è così avanzato rispetto a noi che impiega solo una frazione di secondi per farlo.

In una frazione di secondi, ero passato dall'essere un povero minatore all'essere un re.

Una frazione di secondi e lei aveva inciso il mio nome sul suo cuore.

Una frazione di secondi e io avevo inciso il suo ovunque. Sul mio cuore, sulle mie labbra, in un tesoro dimenticato, su una nuvola, addirittura la Luna portava il suo nome.

Tutto avrebbe dovuto.

Anche il cielo, quel giorno, sussurrava il suo nome. Ogni soffio di vento, goccia di pioggia o tuono parlava di lei.

Perchè lei era tutto, dal fuoco indomabile che brucia i boschi, il mare che non ne può più di essere limitato e straripa e infine il temporale, che di limiti non ne ha mai avuti.

Stava correndo ma non correva davvero. 

Lasciava sè stessa sulla terra, nel vento e in quel cielo color abisso.

DIstruggeva le regole, i limiti.

Il vestito ora era stracciato, il pizzo veniva trascinato dal vento: anche lui voleva avere un pezzo di lei con sè.

Arrivammo fino alla scogliera.

Lei rideva, io era senza fiato.

Mi amava. Me lo disse, una, due, forse mille volte.

L'amavo. Glielo dissi, una, due, forse mille volte.

Lei l'angelo di fuoco.

Io il povero minatore.

ScintilleWhere stories live. Discover now