~ Il re senza corona ( Parte 2 ) ~

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Il sentiero continuava ricoprendosi sempre di più di rovi ed erbacce, quasi a voler scoraggiare gli avventurieri più superficiali. Ma la figura che lo percorreva, in quella sera di luna piena, sapeva benissimo come poter arrivare alla sua destinazione o meglio il perché gli fosse concesso.

Infatti dopo pochi minuti di cammino la terra battuta su cui stava procedendo si trasformò in sassolini per poi diventare solido lastricato.

Un cancello si stagliava alla fine della strada, in ferro, possente, decorato e scolpito come nelle regge più prestigiose, ai lati due pilastri in pietra, con alla cima due lanterne, che in un tempo passato erano sempre state accese per accogliere i facoltosi visitatori.

Dall'altra parte di esso? Un'immensa piazza oscurata dalla nebbia notturna.

Il ragazzo incappucciato scavalcò il cancello aggrappandosi alle decorazioni di esso.

Saltò dalla cima e oltrepassò l'ostacolo, il cappuccio gli si tolse.

Un volto pallido incorniciato dai capelli mossi e castani, due occhi verdi grandi e distanti, scrutatori, intimidatori ma che lasciavano trapelare un velo di insicurezza nel fondo del suo animo.

Una mano sulla chiusura della borsa a tracolla, quasi a voler salvaguardare con cura qualcosa, l'altra sulla spada legata al fianco.

Avanzava prudentemente in quella piazza maestosa che gli si trovava davanti.

Una fontana attirava l'attenzione, al centro, anch'essa decorata e scolpita in un marmo che, nei suoi tempi d'oro, doveva essere stato uno tra i più pregiati.

Là dove una volta scorreva rigogliosa acqua fresca, ora dimoravano alghe e insetti.

Ai lati della piazza aiuole dominate da rovi, lampioni su cui si arrampicano rami dedera e panche in legno distrutte dal tempo.

Si potevano intravedere delle viuzze laterali che si avventuravano nuovamente nella foresta, forse una volta il giardino di questo luogo.

Il ragazzo continuò per la sua strada percorrendo tutta la piazza e aggirando la fontana fino ad arrivare a uno degli ingressi più maestosi su cui avesse mai posato lo sguardo.

Una scalinata di almeno cento gradini affiancata da ringhiere finemente scolpite con dettagli floreali, la scala si restringeva man mano che ci si avvicinava al maestoso portone, quasi a voler concentrare la magia del luogo tutta in quel punto.

Una porta a doppia anta in legno intarsiato con dettagli ferrei, separava il ragazzo dallo scoprire ancora più della magia di questo luogo di andati sfarzi e balli, questa consumata dimora, questo castello di ricordi e memorie passate.

Con l'avvicinarsi si poteva udire la misteriosa melodia provenire dalla sala principale, festosa, fiera, malinconica invece per alcuni.

A questo punto molti avventurieri si sarebbero fermati a riflettere sulla stranezza della cosa, probabilmente assaliti da un brivido di paura, ma il ragazzo non sembrava voler arrestare il suo cammino e il suo sguardo non sembrava voler mutare espressione: una malinconica consapevolezza risvegliata dal suono di quelle melodie.

Il giovane spinse con forza l'anta sinistra del portone, giusto quel che gli sarebbe bastato per potere accedere a quella che si sarebbe rivelata essere una delle stanze più belle ed elaborate che avesse mai visto, seppur con un retrogusto familiare.

La porta si richiuse con un tonfo alle sue spalle sollevando una nuvola di fumo.

Lì la magia, o la maledizione, del castello nel giorno di luna piena, stava avvenendo come suo solito.

Centinaia di anime bluastre dalle sembianze umane danzavano felicemente alle note del valzer che riempiva la sala.

Signore dagli abiti di seta e pizzo che roteavano elegantemente accompagnate dai loro cavalieri dallo sguardo fiero.

Il rumore dei tacchi delle scarpe si mischiava con la melodia dell'orchestra situata nella nicchia sottostante a un ricco mezzanino accessibile da due scale ai lati opposti nel fondo della sala.

Colonne decorate da complicate forme e fantasie, arazzi impolverati tappezzavano le pareti ora a tratti scrostate, ma che agli occhi delle anime danzanti avevano mantenuto lo splendore degli anni passati.

Il pavimento rifletteva le luci bluastre degli spiriti mescolandosi con il complesso assortimento di mattonelle e le luminescenze dei raggi della luna piena, artefici di questa magia, provenienti dalle alte finestre che davano sul giardino ora divenuto foresta.

Dal soffitto pendeva un enorme lampadario in ferro le cui candele ora sono completamente sciolte e impolverate, questo agli occhi di tutti, tutti tranne gli spiriti che quella notte abitavano la sala con la loro misteriosa presenza.

Il ragazzo per quanto meravigliosa fosse la scena a cui stesse assistendo camminava silenzioso, aggiungendo al rumore della sala quello dei suoi stivali ancora sporchi di terriccio dal suo lungo cammino.

Anche se stanco non osò fermarsi a riposare su una delle tante poltroncine impolverate che decoravano l'ambiente, il suo non era un comportamento disinteressato anzi tutt'altro, si sentiva quasi non degno della situazione. Aveva un animo umile ma i pensieri di superbia che la sua famiglia portava riguardo a quel luogo e il loro ruolo al suo interno, davano un enorme peso al ragazzo, costantemente pressato da quelle voci che riecheggiavano nella sua testa.

Salì i gradini fino ad arrivare al mezzanino, quindi davanti alla porta che avrebbe finalmente messo fine al suo viaggio, con lo scopo di rimediare ai danni che la sua famiglia aveva inferto nel passato.

- Continuo nel prossimo capitolo -

art_jox

(846 parole)

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