Dicono che portare le fedi prima delle nozze porti sfortuna. Ci sono tante superstizioni al riguardo, ma io e te abbiamo deciso di far fronte ad ognuna di esse. Non sarà una stupida credenza a rovinare l'attesa, né ad impedirci di avere un assaggio prima della nostra definitiva unione.
La luce di Selene ci ha custodito questa notte, gentile manto di benedizione sulle nostre spalle nude, è sparita facendo spazio al caldo sole del sabato, uno dei tanti, che tu provvederai a rendere speciale. In uno dei miei ingialliti romanzi inglesi ho letto parole scontate che, a ripensarci, vorrei rivolgerti adesso: "Era generosa, amabile e interessante; era tutto, eccetto che prudente". Ti immagino proprio come l'ingenua, saccente Dashwood, sempre pronto a mettere le mani nelle vite altrui e mai nella tua. Chi ha detto che ragione e sentimento non possono andare a braccetto sa poco o molto dell'amore. Lo penso mentre storci il naso con la fronte aggrottata sotto il mio sguardo, concentrato su quel che stai facendo, inutile azione che non merita tanta attenzione. Non farlo, lascia andare la presa, sai che non ne uscirà nulla di buono.
<Devi proprio?> sbuffo scocciato dalla tua caparbietà. È il terzo tentativo, abbi pietà di quella malcapitata stoffa che stringi.
<Devo, sì> mi rifili un'occhiata truce e sento tirare con forza il colletto della camicia, mi balza in mente l'idea che tu voglia strangolarmi e alzo gli occhi al cielo quando sento la presa allentarsi.
Mi decido a dare un taglio ai tuoi soffusi lamenti di esasperazione e in un veloce gesto afferro il tessuto che hai torturato per sfibranti minuti, sottraendolo alle tue dita e facendo comparire un'espressione di puro disappunto sul tuo viso.
<Mai più, non ti permetterò mai più di provare ad annodarmi una cravatta al collo> e ti sventolo davanti l'assurdo nodo che hai fatto. Mi premuro di disfarlo prima di ripiegarla ed infilarla nel cassetto con te che mi segui in ogni movimento. Sei indispettito, sento i tuoi occhi pugnalarmi alle spalle e quando mi giro ti trovo con le mani nelle tasche dei pantaloni neri a sigaretta. Ti tendi nel cotone bianco della camicia mentre io mi accingo a sfilare i primi due bottoni della mia, che diventano tre nel notare come un luccichio indistinto sia passato su quelle iridi verdi come la più giovane delle foglie. Mi mordo il labbro e sorrido soddisfatto raccogliendo la giacca del mio completo gessato da sopra il letto; me la infilo con la giusta lentezza e dirigo qualche passo verso di te passandomi una mano sui capelli che, per una volta, ho avuto il cuore e la pazienza di domare tirando indietro le mie ciocche disordinate.
<Ammettilo - assottiglio lo sguardo in modo scherzosamente ammiccante - ti piaccio di più senza>. Reggi il mio gioco alzando il mento con fare disinvolto, mi sorridi in modo strano, bizzarro quasi con quegli angoli della bocca tirati. Pressi le labbra fra di loro mentre ti avvicini per afferrarmi con sicurezza e annullare l'ultima tentazione. Siamo già in ritardo, non è vero?
Riallacci uno dei bottoni mormorando un "Non osare scoprire altra pelle" ed il mio ghigno non fa che ampliarsi, certo che lo stia dicendo più per te stesso che per me. Da questi vestiti scostati si intravedono arrossamenti infraintendibili, ma vorrei che sapessi che non mi importa se siano visibili o meno. Anche tu, proprio nel punto in cui ti sfioro, lungo le linee del collo, porti la traccia del mio passaggio.Lascia che vedano, siamo due innamorati, cosa credi che si aspettino da noi? Il pudore dell'adolescenza ci ha abbandonati molto tempo fa.
Ho pronunciato la mia ultima sentenza con animo leggero, quasi che quell'arguzia nello svelare i tuoi pensieri sia un dono acquisito nel tempo, nei lunghi anni che ho passato ad indagare nei tuoi sentimenti. Ammettilo. Un semplice invito che nasconde tanti segreti che solo io posso rivelare. Dopo tanti amari assaggi di vita riesco finalmente a precedere i tuoi pensieri.
E ancora cado fra le mille letture che mi hanno accompagnato nelle lunghe sere insonni, ripenso a te, a quel che eri e a quel che sei adesso. Sono sempre stato io a guardarti, ad osservarti, a farmi strada nel campo innevato in cui giacevi. Ed il mondo? Cosa può dire lui di te?
Un inno ad un amore platonico, la tua assenza ha costituito una solida base per un affetto fragile come un filo d'erba.
Ti ho avuto per me, non per gli altri ed ora mi sfuggono quelle distanti memorie della gioventù, quelle in cui il nostro universo era piccolo ed immenso e non esistevamo ancora l'uno per l'altro. Crescendo si diventa più soli, si affonda nell'intimità delle poche e solide conoscenze che abbiamo coltivato e ne raccogliamo i frutti di tanto in tanto, anche se a volte si rivelano acerbi. Realizzo, con una morsa inconsistente a cingermi il petto, che nel tuo profondo sonno hai perso non solo ciò che egoisticamente ritengo essenziale, me, ma molto di più.
Stringo le spalle, poi mi raddrizzo, ti guardo e ti scopro bianco, ruvido come un foglio di carta, come la prima pagina di un libro. Vuoto ed enigmatico, scabroso e portatore di quel singolare silenzio che riempie la testa all'inizio di un nuovo racconto.
Con chi ti conosce, che persona sei? Ti chiederei se fossi un estraneo. Sei divertente, gioviale, scherzoso, o nelle vene ti scorre il siero della cupezza e del malumore che ti adombra il viso e cancella le risate promesse dal tuo sorriso e dai tuoi occhi verdi?*(1).
Per me certi quesiti sono inutili ed essenziali al contempo, poiché io non potrò darvi alcuna risposta. Ho esplorato il tuo corpo e la tua anima a modo mio ed in fondo è così che le persone fanno, no? Ognuno ha il proprio tocco, il proprio profumo, il proprio sguardo nell'osservare chi ha intorno. Mi sento banale, noioso, un fastidioso stereotipo d'umanità. Io sono io, tu sei tu, il mondo è il mondo. Eppure esistiamo tutti allo stesso tempo, assurdo.
Un gran frastuono di risate fa eco in corridoio e si infila nella stanza dalla porta socchiusa. Incurvo l'angolo della bocca curandomi di non lasciar sfuggire il sospiro che preme nei miei polmoni per essere liberato. Odio, dopo tutti i tormenti diventati abitudine del giorno, sentirmi così normalmente leggero.
<Ci aspettano> dico.
<Aspettano te> ribatti con un sorriso. Sai quanto mi lusinghi essere al centro dell'attenzione ed io, d'altra parte, so quanto ti stuzzichi l'idea di trattenermi qui, in camera nostra, ignorare i nostri amici indaffarati con gli ultimi preparativi e tuffarci fra le coperte, incuranti dei nostri sussurri d'amore che giungerebbero sicuramente alle loro orecchie. Ma permettimi un po' di narcisismo, potrai rubarmi più tardi, quando saremo tutti più distratti e meno lucidi di mente.
Su, andiamo. Te lo vorrei dire, ma per qualche strano motivo le parole mi si annodano in gola e tu mi segui comunque, non è necessario parlare. Stringo la tua mano quando metto piede in sala, dove numerosi occhi emanano impazienza e subito noto quanto impegno tu ci abbia messo nell'allestirmi questa sorpresa. In parte me l'aspettavo, esattamente come ai dormitori della U.A., ma in un particolare mi hai lasciato senza fiato. Giusto un paio di ore fa ero addormentato nell'aroma di focose carezze e pungente rimasuglio di lavanda, il nostro particolare odore. Ormai non sento più la fragranza del miele, di quel tuo dolciastro bagnoschiuma, hai preso ad usare il mio e credo saresti capace di protestare nel caso non lo trovassi sotto alla doccia.

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Lost on you -Bakudeku (seguito di Even if)
FanfictionSeguito di "Even if", ff dedicata alla Bakudeku (necessaria la lettura del libro precedente) Katsuki e Izuku si riscoprono persi nel dedalo di un amore contorto e instabile. Vicini e lontani, con un passato sempre pronto a perseguitarli, cercheranno...